CHIAMAVA DIO SUO PADRE
FACENDOSI UGUALE A DIO












GIOVANNI 5,18





 

CHIAMAVA DIO SUO PADRE, FACENDOSI UGUALE A DIO

 

 

Questa sembra essere la più chiara affermazione della divinità di Cristo contenuta nel Nuovo Testamento. Unitari, ariani e sociniani hanno però interpretato questo passo come un’opinione errata formulata dai giudei e non come una testimonianza attendibile dell’evangelista Giovanni. Per chi legge senza pregiudizi il Vangelo di Giovanni tale critica sembra poco convincente, soprattutto tenendo conto della precisione dell’evangelista e delle immediate correzioni apportate da Gesù e dai suoi discepoli ad opinioni errate e fuorvianti (vedasi ad esempio Giovanni 8, 48-49 e Giovanni 21:23).

 

Qualunque cosa si possa pensare delle deduzioni degli unitari è evidente che quello che interessa ogni credente onesto e sincero non è tanto la provenienza quanto piuttosto la correttezza dell’affermazione “chiamava Dio suo padre, facendosi uguale a Dio”.

 

Cristo fu condannato a morte perché affermava di essere il Figlio Unigenito e Primogenito di Dio. Sta infatti scritto: Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio» (Giovanni 19,7). I giudei però non avevano mai condannato chi si rivolgeva a Dio chiamandolo "Padre" (Salmo 68,6 e Salmo 89,27), né negavano che Adamo fosse "figlio di Dio" (Luca 3,38), né, tanto meno, rifiutavano il titolo di "figli di Dio" agli uomini e agli angeli (Genesi 6,2; Giobbe 1,6; Giobbe 2,1; Giobbe 38,7; Salmo 29,1). Nell'Antico Testamento, la parola "dio" oltre che al Padre, era poi applicata senza problemi anche agli angeli (Salmo 8,6 e Salmo 138,1), ai giudici (Salmo 82,6; Giovanni 10,34), ai profeti (Esodo 4,16; Esodo 7,1; 1 Samuele 28,13), al Re Messia (Isaia 7,14; Isaia 9,5; Salmo 45,7) ed alla casa di Davide (Zaccaria 12,8).

Finché la Bibbia parlò di "figli di Dio" in senso adottivo e figurato oppure di esseri potenti chiamati "dio" nessun ebreo ortodosso si scandalizzò veramente. Quando però Gesù applicò a se stesso la profezia del Figlio d'Uomo, seduto alla destra della Potenza (Daniele 7,9-14; Marco 14,60-64; Luca 22, 66-71), tutto il sinedrio pensò di essere di frontre ad una gravissima bestemmia. Evidentemente la figura del Figlio dell'Uomo descritta dal profeta Daniele, letta in chiave reale e non solo simbolica ed allegorica, presupponeva l'esistenza di un Figlio di Dio Unico nel genere, generato e non creato e della stessa sostanza del Padre. Ogni tentativo di Gesù di presentarsi come Figlio di Dio finì così per essere accolto come una chiara affermazione della propria divinità e della reale uguaglianza con il Padre (Giovanni 5,18; Giovanni 10,33-36 e Giovanni 19,7).

L'uguaglianza tra il Figlio ed il Padre non si basava su opinioni distorte o su false accuse dei giudei. Lo stesso Gesù diede ai farisei ben undici motivi per pensare che si proclamasse davvero uguale a Dio, condividendo con il Padre alcune prerogative che dovevano essere solo del Padre. Basti pensare che: a) violava il sabato e si proclamava "Signore del sabato" (Luca 6,5 e Giovanni 5,18); b) rimetteva i peccati (Luca 5,21); c) chiamava Dio suo Padre e diceva di essere Figlio di Dio (Giovanni 5,18, Giovanni 10,33-36 e Giovanni 19,7), d) proclamava di essere come il Padre nell'operare (Giovanni 5,19), e) nel conoscere (Giovanni 5,20), f) nel resuscitare i morti (Giovanni 5,21), g) nel giudicare gli uomini (Giovanni 5,22), h) nel ricevere onore (Giovanni 5,23),i) nel rigenerare (Giovanni 5,24-25), l) nell'avere in se stesso la vita (Giovanni 5,26), m) nel possedere tutte le cose del Padre (Giovanni 16,23 e 17,10).

 

Di fatto, quello che veramente scandalizzò i giudei fu l’uso del termine “Padre mio”, ripetuto moltissime volte da Gesù. A Maria di Magdala, infatti, Gesù non disse vado da “nostro Padre” e dal “nostro Dio” ma «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Giovanni 20,17), distinguendo chiaramente la sua figliolanza naturale dalla nostra figliolanza adottiva (Galati 4,5). I capi del popolo intesero pertanto correttamente l’appellativo “Padre mio” e videro in esso la reale pretesa di Cristo di essere uguale a Dio. L'uso di “Padre mio” venne, infatti, considerato una vera e propria bestemmia in:


  • Giovanni 5,17 (il Padre mio opera sempre ed anche io opero), immediatamente seguito da Giovanni 5,18 (Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio).
  • Giovanni 10,32 (Gesù rispose loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?»), immediatamente seguito da Giovanni 10,33 (Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio»)

 

Anche per quanto riguarda "il sabato" i capi del popolo intesero correttamente le parole del Cristo, poiché Gesù non si limitò a risanare alcuni malati in giorno di sabato, in nome della carità ed in barba alle usanze giudaiche più bigotte ma:

 

  • ribadì di "essere sempre all'opera" (Giovanni 5,17)
  • si proclamò "signore del sabato" (Matteo 12,8)
  • affermò con forza che "il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato" (Marco 2.27)

 

Se Cristo avesse pertanto affermato di essere "un dio" o "un figlio di Dio" non sarebbe stato condannato a morte per bestemmia. Nessuna condanna gli sarebbe venuta neppure per la violazione del sabato, vista l'impossibilità dei giudei di imporre le proprie leggi ai romani. Gesù fu quindi ucciso perché affermò di essere il "Figlio Unigenito di Dio", della stessa natura del Padre, generato e non creato e quindi "Dio" come il Padre.

 

 

    Non per inferiorità ma in segno di sottomissione  Gesù Cristo disse:

 

  • ogni potere mi è stato dato in cielo ed in terra” (Matteo 28,18) e
  • il Figlio non può far nulla da se stesso se non ciò che vede fare dal Padre" (Giovanni 5,19)

 

     Basti pensare che:

 

  1. solo quando era sulla terra limitato da un corpo mortale il Figlio disse che  non poteva far nulla da se stesso se non ciò che vedeva fare dal Padre  (Giovanni 5,19) e che "il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che fa" (Giovanni 5,20);

 

  1. lo stesso Cristo insegnò che "tutto quello che il Padre possedeva era suo" (Giovanni 16,23 e 17,10), volendo  sicuramente dire che suo era anche il potere;

 

  1. se poi "le cose che fa il Padre, il Figlio le fa ugualmente" (Giovanni 5,19), vuol dire che il Figlio è onnipotente come il Padre [1];

 

  1. se infine è vero che "il Padre non giudica nessuno ma ha dato ogni giudizio al Figlio, affinchè tutti onorino il Figlio come onorano il Padre" (Giovanni 5,22-23),  il Figlio non solo è degno di onore come il Padre ma fa anche delle cose che non vede fare dal Padre.

 

     Il Figlio non è pertanto né un rappresentante impotente né un semplice riflesso del Padre.

 

     Perché allora quando era uomo Gesù Cristo disse che non poteva fare nulla da solo?

 

     Giovanni stesso ci spiega, qualche versetto dopo, che Gesù non poteva far nulla da solo perché "non cercava la sua volontà ma la volontà di colui che lo aveva mandato" (Giovanni 5,30). Gesù infatti disse che "quando innalzerete il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono e che non faccio nulla da me stesso ma come mi ha insegnato il Padre, queste cose dico" (Giovanni 8,28).

 

 



[1] Il termine greco usato è όμοιως cioè “ugualmente”, “nello stesso modo”, “analogamente”, “similmente”.