GESU' CRISTO
ED IL MONOTEISMO EBRAICO












ASCOLTA ISRAELE
IL SIGNORE E' DIO
IL SIGNORE E' UNO

(Deuteronomio 6,4)





 

CRISTO E IL MONOTEISMO EBRAICO

 

 

 

 

IL PROBLEMA

 

      Nei confronti di Gesù Cristo e del culto sono state finora possibili tre posizioni:

·        il monoteismo ebraico, con fede in un solo Dio padre e rifiuto di Gesù Cristo come figlio di Dio;

·        la monolatria (Ario, Socino, Newton, Unitari, Testimoni di Geova) cioè l'adorazione di un Dio grande (il Padre) ed il culto relativo di un dio piccolo (il Figlio); per alcuni Gesù Cristo avrebbe natura divina mentre per altri sarebbe solo una creatura angelica;

·        il trinitarismo cioè la fede in un solo Dio che ha cognome Jahvé e che si è manifestato nelle persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 

 

LA MONOLATRIA ED IL MONOTEISMO

 

     Il Nuovo Testamento parla della presenza del Verbo come collaboratore (artefice, strumento, mezzo) alla creazione di Dio (Giovanni 1,3; Ebrei 1,2; Colossesi 1,16; Apocalisse 3,14). Alla creazione del mondo la presenza di un elohim o dio minore insieme a Jahvé sembra invece totalmente inaccettabile per il monoteismo ebraico. Infatti sta scritto:

 

·        "Io sono Jahvé, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,2-3);

·        "or  vedete che solo io sono Dio e che non c'è altro dio accanto a me" (Deuteronomio 32,39);

·        "prima di me non fu formato alcun dio e dopo di me non ne sarà formato alcuno" (Isaia 43,10);

·        "sono io Jahvé che ho fatto tutto, che da solo ho spiegato i cieli ed ho disteso la terra, senza che ci fosse alcuno con me" (Isaia 44,24);

·        “Io sono Jahvé e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio” (Isaia 45,5).

Nell'Antico Testamento la presenza di angeli è esclusa quando Dio creò i cieli, mentre gli angeli furono sicuramente presenti alla creazione della terra (Giobbe 38,7). Il Nuovo Testamento parla invece della presenza del Verbo come collaboratore (artefice, strumento, mezzo) alla creazione di Dio (Giovanni 1,3; Ebrei 1,2; Colossesi 1,16; Apocalisse 3,14): se il Verbo non è Dio si cade inevitabilmente nella monolatria.

     

 

LA TRINITÀ ED IL MONOTEISMO

 

L'unità di Dio

 

שמע ישראכ יחךח אלחים יחךח אחד cioè

"Ascolta Israele, Jahvé è Dio, Jahvé è uno"

 (Deuteronomio 6,4)

 

 

è probabilmente una unità composta che gli ebrei hanno reso con "uno" אהד (echad), mentre la parola ebraica ideale per indicare unità assoluta sembra essere "unico" יחיד (yachid). Con ciò non vogliamo certo negare che il termine "uno", cioè echad , possa essere stato usato per indicare l'unità assoluta (vedansi, ad esempio: Genesi 11,1; Genesi 19,9; Genesi 22,2; Esodo 29,15; Esodo 29,23, Deuteronomio 17,6; 1 Samuele 9,3; 2 Samuele 12,3…..) o l'unità di Dio. Vogliamo solo dire che la forma "unico", cioè yachid, avrebbe sicuramente indicato unità assoluta, sbarrando definitivamente il passo alle teorie trinitarie, mentre il generico uso di echad ha lasciata aperta la possibilità di unità composta (come ben capì qualche zelante traduttore o copista ebraico medioevale). Inoltre echad lascia non solo aperta la possibilità di unità composta (i grappoli d'uva sono composti di vari acini, le persone di miliardi di cellule, ...) ma anche di unità composta pluripersonale (un solo popolo è fatto di migliaia di persone, una famiglia comprende più componenti, marito e moglie sono due ma formano una sola carne, ...).[1]

  

Per la parola  “uno”, cioè אהד, usata per indicare unità composta, si veda ad esempio:

 

  • Genesi 2,24 (marito e moglie saranno una sola carne);
  • Genesi 11,2 (essi sono un solo popolo);
  • Genesi 34,16 (diventeremo un solo popolo);
  • Deuteronomio 6,4 (ascolta Israele, Jahvé l'Iddio nostro è uno);
  • Numeri 13,23 (un solo grappolo d'uva);
  • Geremia 32,39 (darò loro un solo cuore).

 

Per la parola “unico”, cioè יחיד, sempre usata per indicare unità assoluta, si veda ad esempio:

 

  • Giudici 11,34 (era l'unica sua figlia);
  • Proverbi 4,3 (quand'ero ancora fanciullo presso mio padre, tenero ed unico presso mia madre);
  • Salmo 25,16 (sono solo ed infelice);
  • Salmo 68,6 (a quelli che sono soli Dio dà una famiglia);
  • Geremia 6,26 (fai lutto come per un figlio unico);
  • Amos 8,10 (il paese piomberà nel lutto come quando muore un figlio unico);
  • Zaccaria 12,10 (guarderanno a colui che hanno trafitto come a un figlio unico).

 

     Nell'Antico Testamento, alla creazione, esisteva già la Sapienza di Dio (Proverbi 8) e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Genesi 1,3): non si trattava di dei minori, di angeli, di arcangeli, di messaggeri o di rappresentanti ma di parti integranti di Jahvé (e nessun ebreo ci ha mai trovato niente di strano) [2].  Del resto per un monoteista non è illogico che Dio si sia manifestato come Padre, Figlio e Spirito Santo, come non è illogico che l'acqua si manifesti in cielo sotto forma di nubi ed in alta montagna sotto forma di ghiaccio.

 

 



[1] La possibilità di sostituire "echad" con "yachid" nello "shema" non è un'invenzione di qualche cristiano con conoscenze grammaticali estrose ed approssimative, ma pare risalga addirittura al filosofo ebreo Mosé Maimonide (1135-1204), interessato così a sbarrare definitivamente il passo all'ipotesi trinitaria. Nel secondo principio della fede giudaica, Maimonide scrive: "Il Secondo Principio è l'unità di Ha Shem, Benedetto sia il suo Nome. In altre parole bisogna credere che questo Essere, che è causa di tutto, è unico. Questo non significa uno come uno di un paio e neppure uno come di un gruppo che comprende molti individui né uno come un oggetto che è fatto di molti elementi e neppure come un singolo semplice oggetto infinitamente divisibile. Piuttosto, Egli, Ha Shem, Benedetto sia il suo Nome è un'unità diversa da ogni altra possibile unità. Questo secondo principio è riferito a[lla Torah] quando dice: Ascolta Israele! Ha Shem è il nostro Dio, Ha Shem è uno (Deuteronomio 6,4)". Di fatto, "yachid" è presente solo in alcune traduzioni ebraiche dei "Tredici articoli della fede giudaica", all'interno di un "Commentario della Mishnah", peraltro originalmente scritto da Maimonide in lingua araba. Il termine “yachid” è poi tuttora presente in alcune traduzioni della preghiera yigdal che sembra tratta direttamente dal II articolo della fede giudaica di Maimonide. Non sembrano poi rilevanti le critiche di coloro che citano Genesi 22 (versetti 2, 12 e 16) per relativizzare il significato di yachid: Abramo chiamò Isacco yachid (cioè figlio unico) perchè Isacco fu l'unico figlio nato secondo la promessa (Galati 4,28; Genesi 17,19). Per amor del vero e per rispetto verso Mosè Maimonide, va anche detto che, sul fronte della cristianità, i termini "unus" e "unicus" furono parecchio strumentalizzati dall'eresia modalista, che nei primi secoli dell'Era Volgare sostenne l'unità radicale della sostanza divina. Secondo i suoi più illustri esponenti (Noeto, Sabellio e Prassea) il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo altro non sarebbero che differenti modi di apparire dell'unico Dio. Tertulliano li accusò di aver fatto patire e morire in croce il Padre e per questo furono chiamati "patripassiani". Tertulliano affermò anche che "In vari modi il demonio combatté la verità. Egli cercò talora di distruggerla, fingendo di difenderla. Si fece difensore dell'unico Dio, Onnipotente e Creatore del mondo, per far nascere l'eresia anche dalla parola unico" (Tertulliano, Contro Prassea, I, 1).

 

[2] Nell'Antico Testamento, alla creazione, esisteva già la Sapienza di Dio (Proverbi 8) e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Genesi 1,3): non si trattava di dei minori, di angeli, di arcangeli, di messaggeri o di rappresentanti ma di parti integranti di Jahvé (e nessun ebreo ci ha mai trovato niente di strano). Nel libro dei Salmi sta poi scritto: “Dalla parola (dabar = λογος) di Jahvé furono fatti i cieli, dal soffio (ruah = πνευμα) della sua bocca ogni loro schiera” (Salmo 33,6). Nel Targum Palestinese è quindi spesso menzionata la Parola di Dio che vive, parla ed agisce (dabar o memra) ma dal contesto delle varie frasi pare che l'espressione fosse solo un espediente per sostituire o parafrasare il santo nome di Jahvé. Per la tradizione giudaica la parola di Dio e lo spirito di Dio altro non erano che emanazioni di Jahvé stesso, senza che la cosa avesse particolare valenza filosofica e speculativa. Filone Giudeo (20 a.C. - 50 d.C.) risentì invece sia della tradizione giudaica sia della speculazione ellenistica secondo cui il Logos era il demiurgo dell'universo, il principio che anima e regola il mondo, la forza irresistibile che conduce la creazione e le creature ad un fine comune. Filone formulò anche l'ipotesi che la Parola di Dio potesse essere l'angelo di Jahvé (Genesi 16,7; Esodo 23,20; Giudici 13,18-22; Giudici 6,22-23; Zaccaria 1,11; Malachia 3,1; Matteo 1,20; Atti 7,38). Senza voler negare a tutti i costi che la Parola di Dio possa anche aver assunto forma angelica, occorre onestamente riconoscere che, di sicuro, sappiamo solo che l'angelo di Jahvé fu un messaggero potente di Dio che portava su di sé il nome di Jahvé (Esodo 23,20). Secondo alcune tradizioni ebraiche infatti l’angelo di Jahvé sarebbe stato Jahoel, un vero e proprio angelo, superiore all’arcangelo Michele (Daniele 10,13), distinto da Dio, dotato di poteri divini e portante su di sé il nome di Jahvé-El. A tal proposito vedasi, ad esempio, il libro apocrifo Apocalisse di Abramo, soprattutto al capitolo decimo. I padri della chiesa erano invece convinti, già nei primi secoli, che nessuno avesse visto Dio Padre ma che l’Angelo di Jahvé manifestatosi ai patriarchi ed ai profeti altro non fosse che il Figlio di Dio, cioè la Parola di Dio (vedasi, ad esempio, Giustino, Dialogo con Trifone; LX; Ireneo, Contro le Eresie, IV, 20, 7; Tertulliano, Contro Prassea, XV-XVI; Teofilo, Ad Autolico, II, 22; Novaziano, La Trinità, XVIII-XX; Ilario, La Trinità, IV, 23-25). L'identificazione dell'arcangelo Michele con la Parola di Dio è estranea alla tradizione cristiana ed alla cultura giudaica ma trae origine dalle speculazioni filosofiche di alcune sette giudaico-cristiane sorte nei primi secoli dell'era volgare. Oggi solo gli avventisti, i testimoni di Geova ed un limitato numero di teologi cristiani identificano Gesù Cristo con l'arcangelo Michele. Gli avventisti ritengono, infatti, che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, prima di incarnarsi fosse l'arcangelo Michele di cui parla la Scrittura, ma nello stesso tempo sono convinti che Michele non sia un essere creato. Secondo gli avventisti il termine Michael (= Chi è come Dio?) altro non sarebbe che uno dei molti titoli applicati alla seconda persona della Trinità. I testimoni di Geova, invece, sono convinti che Cristo sia stata la prima creatura di Dio, conosciuta come Michele Arcangelo già prima di venire sulla terra. Le posizioni di alcuni teologi (peraltro ai margini dell'ortodossia) sono, infine, alquanto articolate, anche se le argomentazioni a favore dell'identificazione della Parola di Dio con l'angelo di Jahvé e con l'arcangelo Michele risultano piuttosto fragili e lacunose.