...PINK FLOYD...
I Pink Floyd sono leggenda, il grande figlio del
movimento psichedelico inglese, la dimostrazione che per fare la storia della
musica non occorre essere belli&cool.
Tutto inizia con un concerto, uno solo. Salgono sul palco a tarda notte, dopo
molti altri musicisti e senza avere il nome sul programma della serata, che
tanto nessuno li conosce: quando scendono dal palco sono il gruppo underground
del momento; il produttore Andrew King si avvicina a Roger Waters e gli dice:
"Voi potreste diventare più grandi dei Beatles". Waters risponde con un sorriso
incredulo, ma la realtà è che in una sera sono diventati la risposta inglese ai
Velvet Underground.
È il 13 marzo 1966, il palco è quello del Marquee Club di Wardour Street (il
vecchio locale dove all'inizio dei '60 si erano esibiti Rolling Stone e
Yardbirds). Come ogni domenica gli spontaneous underground raccolgono il
meglio del movimento psichedelico londinese: sono spettacoli che iniziano a metà
pomeriggio e vanno avanti fino a notte fonda tra musica, poesia, danza e un
campionario di tipi strani. Ed è qui che i Pink Floyd si lanciano verso una
carriera senza pari, solo pochi mesi dopo avere cominciato a suonare insieme.
L'era di Syd Barrett
Gli anni Sessanta sono una rivoluzione: la nuova generazione rompe gli schemi e
sperimenta spazi sociali e individuali alternativi al sistema; i Beatles vengono
sostituiti da nuovi eroi musicali (Rolling Stones,
Yardbirds,
Who); erba,
anfetamine e acidi vengono consumati a pacchi e alla luce del sole. La
ribellione è tanto forte da investire in pieno anche i figli della buona
borghesia britannica: i Pink Floyd vengono proprio da lì.
Roger Waters, Rick Wright e Nick Mason si incontrano nel 1965 al politecnico
londinese di Regent Street e formano la cellula embrionale della band.
All'inizio cambiano nome come fosse un capo di biancheria intima: nascono "Sigma
6", poi diventano "TSet", "Meggadeaths", "Architectural Abdas", infine "Abdas";
dalle aule di architettura un sacco di musicisti entrano e escono dal gruppo,
fino a quando Waters non si rivolge a un suo vecchio compagno di liceo: Roger
Keith, alias Syd Barrett, che più degli altri sente il nuovo vento psichedelico
e diventa il centro carismatico del gruppo, facendo grandi gli inizi dei Pink
Floyd. Il nuovo e definitivo nome della band se lo inventa proprio lui partendo
da Pink Anderson e Floyd Council, due bluesman della Georgia di cui possiede un
disco.
La prima esibizione live dei Floyd è un venerdì di fine 1965: suonano dalle otto
all'una per 15 sterline e quelli con le orecchie buone capiscono che qualcosa
d'importante sta accadendo. La conferma giunge il 13 marzo 1966, nel corso del
leggendario concerto al Marquee Club, quello che li consacra come gruppo
underground del momento e che spinge Andrew King a ipotizzare che possano
diventare più grandi dei Beatles.
La lunga carriera discografica comincia all'inizio del 1967 con la pubblicazione
del singolo "Arnold Layne", ritratto di un travestito scritto da Syd Barrett.
Sua è anche gran parte del materiale dell'album #1, ma prima di arrivare al
debutto su LP c'è spazio per la prima mini tournée fuori Londra. Che è un
disastro: fuori dalla metropoli i Pink Floyd scoprono che il pubblico è poco
interessato al movimento underground, vuole solo ballare, bere birra e magari
farsi qualche ragazza; finisce che la platea sferra sul palco bottiglie, lattine
di birra, monetine, ogni cosa che sembra lanciabile senza troppo sforzo. Più
tardi Roger Waters avrebbe ricordato che una volta, in mezzo al solito fracasso,
un ragazzo ebbe l'ardire di applaudirli: "Ci hanno lasciati completamente soli –
disse – erano troppo impegnati a pestare quel tipo".
Il ritorno a Londra è una benedizione: il 27 aprile 1967 International Time
(la prima rivista underground inglese, spesso nel mirino dell'apparato
repressivo), organizza il "14 Hours Technicolor Dream Free Speech Benefit", una
maratona di musica, teatro, danza e poesia. I Pink Floyd entrano in scena poco
prima dell'alba e vengono salutati come "la giusta celebrazione dell'aurora dopo
una notte di festa e acido" (così scrive John Hopkins di International Time).
Fra gli altri brani i Floyd suonano "Games For May", poco dopo registrata col
titolo "See Emily Play", uscita come 45 giri il 16 giugno e balzata di colpo al
5° posto delle chart. Non solo: il concerto sperimenta il rudimentale impianto
quadrifonico che una volta perfezionato diventa colonna portante dei live, sin
dall'inizio concepiti come maestosi spettacoli di luci, immagini e suoni.
A questo punto tutto è pronto per l'uscita del primo album: "The Piper At The
Gates Of Down" arriva nei negozi inglesi il 5 agosto 1967, viene accolto molto
favorevolmente dalla critica e balza al 6° posto delle classifiche UK.
La transizione
Sembra che il gruppo abbia spianato la strada del successo e invece no,
perché 3 problemi iniziano ad assillarli.
Primo problema: la controcultura inizia ad accusarli di scendere a patti con le
esigenze commerciali della EMI, da qui in avanti label dei Floyd.
Secondo problema: fuori dall'underground il pubblico continua a essere quello
delle lattine di birra tirate sul palco. La platea vuole delle rockstar, vuole
vedere i suoi idoli, come si vestono e cosa fanno, ma i Floyd dal vivo sono
praticamente invisibili, immersi nel light-show. Non solo: la platea
vuole ascoltare live i brani così come li ha sentiti su vinile, invece la musica
della band ha già fatto enormi passi in avanti e molte esecuzioni sono
lontanissime dall'originale.
Terzo e ultimo problema, il più grosso di tutti: Syd Barrett. L'anima dei Pink
Floyd, sempre più coinvolta in esperienze lisergiche, si fa di acidi come una
spugna assorbe acqua e diventa progressivamente più inaffidabile: compone sempre
più raramente preferendo la pittura e si ritrova protagonista di stranezze
presto leggendarie. La sera del 2 giugno all'UFO Club, cuore londinese
dell'underground, Barrett sale sul palco con i Floyd e rimane immobile per tutto
il concerto, suonando solo qualche accordo. Ad ascoltare il gruppo ci sono anche
Jimi Hendrix, Yardbirds, Pete Townshend degli Who, Eric Burdon e Chas Chandler
dei vecchi Animals: rimangono tutti sbalorditi, molti iniziano a pensare la band
possa sfasciarsi.
Sembra impossibile, ma la successiva tournée statunitense e poi inglese va anche
peggio: spesso Barrett non suona neppure, si chiude in macchina e deve essere
sostituito all'ultimo momento dal chitarrista dei Nice, Davy O'List. Quando sale
sul palco, poi, le cose sono ancora più a rischio e spesso Waters, Mason e
Wright devono improvvisarsi di tutto per salvare il concerto. La EMI rischia un
attacco di nervi quando riesce a portare i Pink Floyd in televisione, nel corso
dello show dell'idolo delle mamme a stelle e strisce Pat Boone: Barrett rimane
muto per 15 minuti, impassibile, mentre il vecchio Boone lo intervista
supplicandolo di rispondere a una raffica di domande idiote.
Quando finalmente termina la tournée i Pink Floyd sono esausti, frustrati e
preoccupatissimi. All'inizio del 1968 tutti danno ormai per inevitabile la
sostituzione di Syd Barrett: la band è ormai pronta per la sua seconda vita,
quella che fa di Roger Waters l'anima del gruppo e di David Gilmour la persona
giusta per sostituire Barrett.
Gilmour era stato compagno di classe di Waters e Barrett, e aveva insegnato a
quest'ultimo a suonare la chitarra a suon di pause pranzo passate chiusi nella
prima stanzetta disponibile. E così Waters va dal vecchio compagno di classe e
gli chiede di suonare con i Floyd: "Non essendo completamente pazzo, risposi di
sì" avrebbe raccontato qualche mese più tardi Gilmour.
L'era di Roger Waters
Il 28 giugno 1968 più di 100mila persone si radunano a Hyde Park per il
primo free-concert inglese. I nomi più attesi sono tre: Jethro Tull, Roy
Harper, ma soprattutto Pink Floyd, che tengono un concerto recensito dalla
critica con toni entusiastici. È la consacrazione del sodalizio con Gilmour e il
trionfo di un sound ormai molto distante dalla ruspante ingenuità degli inizi.
Lo stesso giorno la EMI fa uscire "A Saucerful Of Secrets", accolto bene dalla
critica e definito come un album di passaggio, anche se i live successivi
confermano l'impressione dei più attenti, e cioè che nel secondo LP la
transizione è già praticamente terminata e i Pink Floyd stanno allargando a
dismisura i loro confini espressivi, molto oltre la psichedelia delle origini.
E infatti il 1969 apre gli occhi a tutti: l'anno più luminoso dei Floyd è anche
quello che sancisce la fine definitiva del flower power californiano e del suo
sogno di cambiare la società attraverso i processi mentali. È anche vero però
che il sistema ha trovato un modo per assorbire la trasgressione della band
attraverso l'etichetta di space-rock, evitando assolutamente di accennare ai
viaggi lisergici ed evitando anche di sottolineare le tematiche tutte terrene
del gruppo: alienazione del quotidiano, inumanità della città industriale,
terrore e pazzia metropolitane. Il simbolo di ciò è il fatto che la BBC utilizza
la loro musica nella diretta dello sbarco sulla Luna.
Al di là di tutto ciò, comunque, i Pink Floyd sfornano due album in un anno, il
secondo destinato a grandi cose: a luglio esce "More", che abbandona la via
elettronica da space-rock per l'intimismo acustico, non per una svolta radicale,
ma perché l'album è colonna sonora dell'omonimo film di Barbet Schroeder (uscito
in Italia col titolo di "Di Più Ancora Di Più"). In ottobre esce il doppio album
"Ummagumma", metà registrato in studio e metà live al Mother's Club di
Birmingham e al College of Commerce di Manchester: alcuni critici parlano subito
di capolavoro, ma la difficoltà della musica lo condanna a un modesto successo
di pubblico.
Subito dopo l'uscita di "Ummagumma" i Pink Floyd partono per Roma, dove
collaborano con Michelangelo Antonioni alla colonna sonora di "Zabriskie Point".
Con questo film il regista italiano saluta la fine del sogno pacifista e
libertario degli hippie, la cui ondata eversiva è stata ormai assorbita dal
sistema.
Ma i Pink Floyd sopravvivono. Alle 3 di notte del 27 giugno 1970, nel corso del
festival di Bath, il gruppo sale sul palco per un'esibizione destinata alla
leggenda: suonano in anteprima la suite "Atom Heart Mother" e confermano di
essere anni luce lontani dal movimento psichedelico, musicalmente più raffinati,
tecnicamente superiori, capaci di fondere parole, musica, immagini e luci come
nessun altro sa fare al mondo.
Da qui a "Meddle" i Floyd alternano il lavoro in studio con tournée in Europa,
Usa, Giappone e Australia, e con la pubblicazione di "Relics", una raccolta dei
pezzi composti fra il '66 e il '67 (alcuni dei quali già apparsi in 45 giri).
"Meddle" esce nel novembre 1971 e conferma lo sbocco sinfonico annunciato con "Atom
Heart Mother": l'intero lato B è per la suite "Echoes", che in origine avrebbe
dovuto chiamarsi "Return To The Sun Of Nothing". La critica utilizza ancora una
volta toni entusiastici, ma in qualche modo l'album lascia intravedere
l'incertezza dei Pink Floyd di fronte a un futuro musicale che ancora non hanno
messo a fuoco con chiarezza: l'underground che li aveva battezzati non esiste
più, il pubblico nuovo è molto diverso e molto più ampio, la loro musica è
chiaramente a una svolta.
Un concerto è ancora una volta simbolo della nuova era ormai imboccata: dal 17
al 20 febbraio 1972 i Pink Floyd concludono il loro minitour inglese con quattro
date al Rainbow Theatre di Londra: 9 tonnellate di amplificatori troneggiano su
un palco immerso in luci, immagini e raggi laser. La prima parte dello
spettacolo è dedicata ai brani più conosciuti, ma seconda è per le novità: la
prima di esse è il brano "Dark Side Of The Moon". Qualche settimana più tardi un
bootleg dei 4 concerti vende 120mila copie e manda i fan in visibilio, ma prima
della release ufficiale bisogna aspettare ancora più di un anno.
In mezzo ci sono due nuovi lavori. Il primo è "Obscured By Clouds", colonna
sonora del nuovo film di Barbet Schroeder ("La Vallée"): l'album esce a giugno e
ottiene scarsi consensi di pubblico e critica, soprattutto perché poco riuscito
musicalmente e lontano dal respiro compositivo introdotto al Rainbow. Il secondo
lavoro è "Pink Floyd At Pompei" (estate 1972, regia di Adrian Maben): si tratta
del reportage di un ipotetico concerto ai piedi del Vesuvio, che alterna
immagini del gruppo mentre suona nell'anfiteatro di Pompei a immagini delle
sessioni in sala d'incisione per incidere "Dark Side Of The Moon". La pellicola
ha enorme successo, gira le sale di mezzo mondo e consente a moltissimi il loro
primo incontro con i Floyd.
L'album tanto atteso esce finalmente a marzo 1973 ed è un successo senza
precedenti nella storia della musica: raggiunge la prima posizione in molte
chart e rimane nella Billboard Top 100 per 741 settimane, record mondiale: i
Pink Floyd fanno parte ormai della leggenda.
Verso la seconda rinascita
Dopo nuove date in giro per il mondo, il gruppo decide di prendersela con
un po' più di calma, nonostante EMI prema per una nuova release in tempi brevi.
Ma come da tradizione, i Floyd preferiscono presentare dal vivo ogni nuova
composizione e provarla a lungo prima di inserirla in un album, magari in una
versione molto distante dall'originale. Così è anche per "Wish You Were Here", i
cui brani sono già stabilmente inseriti nel repertorio live prima della
pubblicazione dell'album (settembre 1975).
A partire dall'autunno 1974 la band alterna date dal vivo a lunghe sessioni in
studio e durante una di esse succede l'inaspettato: Syd Barrett compare
improvvisamente dicendo "sono qui per fare la mia parte". Nessuno sa esattamente
cosa intenda dire e del resto lui si limita a sedersi in un angolo, ma la
coincidenza è impressionante, perché i Pink Floyd stanno giusto provando "Shine
On You Crazy Diamond", brano dedicato al vecchio amico.
"A vedere quella grande, matta persona – dirà più tardi Waters – non sono
riuscito a trattenere le lacrime. Ma "Shine On" non parla solo di Syd: lui è il
simbolo di un'assenza più generale, della tristezza di questa società. È tutto
talmente triste che mi chiedo a che cosa serva quello che facciamo. Ormai le
persone sono talmente vulnerabili, talmente deboli di fronte alla loro cecità,
al loro egoismo, al loro bisogno di essere apprezzate. L'individuo nella società
si è perso, è stato annullato".
Quando "Wish You Were Here" finalmente viene pubblicato, i 4 brani che lo
compongono cristallizzano perfettamente non solo la condizione dell'uomo nella
civiltà industriale, ma anche l'estrema stanchezza della band, sempre più
alienata dai ritmi a cui è costretta.
Quello che segue è un anno nel quale i Floyd si prendono tutto il tempo di cui
hanno bisogno. Il rientro sulla scena pubblica è per il 2 dicembre 1976, giorno
del lancio pubblicitario del nuovo album "Animals". Un enorme maiale gonfiabile,
rosa e lungo 10 metri, prende il volo sotto gli occhi dei giornalisti chiamati
per documentare il fatto. Solo che il cavo al quale il maiale è fissato si
spezza e l'enorme suino inizia a fluttuare incontrollato, sale a 6mila metri di
quota e incrocia un aereo di linea costringendo all'atterraggio un povero pilota
convinto di avere allucinazioni.
Poi, mentre l'aviazione civile dà l'allarme generale e la polizia fa alzare gli
elicotteri, il maiale fa rotta verso lo spazio aereo tedesco - e all'epoca
sconfinare in Germania Est poteva creare seri problemi diplomatici. Per fortuna
il maiale sceglie i verdi prati del Kent per un atterraggio morbido e l'ufficio
stampa dei Floyd chiude la faccenda con un certo imbarazzo. L'album esce una
ventina di giorni dopo, entusiasma la critica e arriva ai vertici delle
classifiche mondiali.
Ormai è chiaro che i Pink Floyd non hanno neppure più bisogno di lanci
pubblicitari spettacolari, tanto che "The Wall" è già un avvenimento
discografico di enorme portata prima ancora di uscire: il doppio LP è un altro
capolavoro, un magistrale concept album pensato da Waters come percorso di
autoanalisi sull'alienazione e il decadimento di una rock star.
Il consueto tour promozionale porta in giro un apparato scenotecnico da
fantascienza: fra luci, raggi laser e immagini, il palco lungo 30 metri viene
progressivamente coperto da un muro di mattoni bianchi che alla fine del
concerto viene fragorosamente abbattuto.
Da Waters a Gilmour
I Pink Floyd sono ormai diventati il gruppo che accompagna Roger Waters,
vero e unico centro creativo della band. Ma le cose non vanno bene: già nel
corso della registrazione di "The Wall" Waters litiga con Wright e lo caccia,
forse anche in seguito a qualche avvenimento che riguarda l'uso eccessivo di
cocaina da parte di Wright.
L'album successivo, "The Final Cut", esce nel 1983 e viene addirittura
registrato senza la presenza di Richard Wright. Il vecchio tastierista del
gruppo rischia di rimanere fuori per sempre, ma "The Final Cut" non è un gran
successo commerciale, sancisce la rottura fra Waters e Gilmour e costringe i
Floyd a una lunga pausa di riflessione.
Dalla musica alle aule di Giustizia: per alcuni mesi Waters e Gilmour si danno
battaglia legale per decidere a chi spettano i diritti sul nome della band. Poi
la vittoria va a Gilmour, Waters avvia definitivamente la sua carriera solista e
i Pink Floyd continuano come trio: Gilmour, Mason e il rientrato Wright.
La nuova era è sancita da "A Momentary Lapse of Reason" (1987) ed è una svolta
radicale: il suond dei Floyd abbraccia con decisione sonorità pop, scontenta
molti fan storici, ma conquista anche numerosi nuovi adepti. Tanto che la
successiva tournée europea e americana è un grosso successo e convince la band a
pubblicare il live “Delicate Sound Of Thunder”.
Ma l'impressione dei vecchi fan, e cioè che i Floyd senza Waters non abbiano
senso, è molto più di un'impressione: negli anni successivi la band si ferma e
ognuno dei tre membri si dedica a progetti solisti. Il ritorno insieme avviene
nel 1994, quando EMI pubblica "The Division Bell", spedisce il gruppo in tour
nel mondo e l'anno successivo fa uscire il live che lo documenta ("Pulse"):
ancora una volta i critici non impazziscono, ma le vendite sono impressionanti.
I conti sono presto fatti: la fan base dei Pink Floyd sembra essersi allargata;
molti non erano neppure nati quando uscì "Dark Side Of The Moon" e tanti non
sanno nulla di Syd Barrett, ma il nome della band pare essere una garanzia. E
allora EMI rimedia: nel 2001 esce "Echoes: The Best Of Pink Floyd”, una
collection di due CD che include tutti i loro più grandi successi, dall’esordio
di "Arnold Layne" alle hit degli anni ’90. Il successo, ancora una volta, non si
fa attendere.
Per i fan storici del gruppo l'appuntamento è fissato per la primavera del 2003,
quando viene ridata alle stampe una vera e propria pietra miliare nella storia
del rock: "The Dark Side Of the Moon", che grazie alle nuove tecnologie può
essere assaporato nello spettacolare formato Super Audio CD.