Nella collana Campobase la benemerita Editrice Nordpress alterna a nuove opere la ristampa di volumi che hanno fatto la storia della letteratura alpinistica in Italia realizzando un tramite narrativo tra il pudore della memoria trasferito alla vita di quei protagonisti e una realtà in continua evoluzione. È il caso de "I Bruti di Val Rosandra", opera prima di Spiro Dalla Porta Xydias (giunto oggi al suo ventottesimo volume) allora ai suoi inizi e vincitore del Premio Cortina 1949. Il volume tratta della sua iniziazione alpina e di una passione generosa che cresce a dare luci e frutti fino a che il ricordo degli amici scomparsi chiude il ciclo in racconti pacati e profondi, ove non mancano toni di profonda e autobiografica umanità e partecipata poesia nel susseguirsi delle emozioni. Dai primi contatti con le rocce di Val Rosandra al formarsi dello storico gruppo falcidiato dalla guerra, dalla prima invernale al Campanile di Val Montanaia (che chiude il periodo dell'alpinismo eroico) agli incontri con Emilio Comici, conosciamo un tipo di vita che in genere si trova soltanto nelle pagine degli scrittori e che invece è quotidianità vissuta nella quale si intrecciano comuni radici, il cosiddetto "privato" e la storia con notevole capacità letteraria. II pregio dell'autore è proprio in questo passaggio da un'avventura che cresce con i tempi rapidi della giovinezza alla sconvolgente constatazione della fragilità dei rapporti umani travolti dalla violenza di quegli anni, ma mai dimenticati come le orme profonde dei passi in un viottolo innevato o come una meteora lanciata nello spazio che continua senza mancamenti nell'infinito viaggio siderale. Accade così che la cronaca di quei primi anni (non si dimentichi che Spiro ha arrampicato con cinque generazioni di alpinisti) si carica di significati intensi e tali che ciò che non viene scritto è talmente dirompente e lancinante senza bisogno di dettagli perché ha il carisma delle verità esistenziali, come avviene ad esempio per la figura e la vicenda umana di Ezio Rocco. La scenografia di fondo è quella di fama mondiale delle Dolomiti e delle Alpi Giulie ancora in piena epoca romantica in cui si muovono affascinanti personaggi che in queste pagine ci passano accanto senza risvolti pirotecnici e che restano misteriosi e quindi pieni di fascino come in effetti è e rimane Emilio Comici. Viene da pensare leggendo di questi primi incontri di Spiro con Comici che l'autore non si sia più liberato da questo mito (tanto da dedicargli successivamente due volumi e infinite citazioni) probabilmente per due ragioni: la prima di ordine personale dovuta alla nostalgia di quel periodo e a Comici stesso considerato come modello ineguagliabile; la seconda di carattere più generale perché in questo modo si riconosce giustamente Trieste come terzo polo alpinistico nazionale con un suo contributo autonomo e di rilievo dopo Torino e Trento. Sono questi altri capitoli che si aggiungono all'elenco sintetico e incompleto che abbiamo dato e che non rende fino in fondo lo spessore del libro e la quantità dei temi trattati. A rileggerlo a distanza di anni dalla prima edizione edita da Cappelli si coglie ancora inalterato il fascino di una passione, di gite sociali su autocarri scoperti, di una prima su montagne sconosciute ai più, del superamento di un passaggio difficile, della vita dei rifugi... e non si può non richiamarsi alla coerenza ideale e di stile dell'autore. Non c'è dubbio che la sua scrittura sia del tutto personale, proceda per rapide descrizioni, dialoghi serrati, affermazioni, interrogativi, confessioni e introspezioni in cui la lunghezza delle frasi e la punteggiatura hanno un ruolo determinante. Ne deriva una straordinaria efficacia a quanto si vuole dire, una prosa che non stanca perché non ha soste e procede con ritmo cinematografico, più che teatrale, accentuato, misurato e cadenzato che avvince per la modulazione ispirata e i tempi che lo caratterizzano con una incisività netta, precisa, icastica. Siamo lontani dallo stile accademico dei classici della letteratura alpina, ma tant'è ad ogni uscita di un volume di Spiro Dalla Porta si desidera leggerlo perché l'alpinismo vi diventa prosa e si è presi da quel modo particolare di esprimersi, dalla forma del fraseggiare, dal tocco espressivo e dalla sincerità di giudizi e sentimenti. Un ultimo appunto. Nel numero di marzo una rivista d'alpinismo riprende ancora una volta il tema tra alpinismo e fascismo con particolare riferimento a Comici. Ancor prima delle risposte già fornite da Della Porta Xydias sul tema, mi pare che in questo volume si trovi la indiscutibile risposta a quella retorica del rocciatore "superuomo" su cui si intende calcare senza tenere conto dei dati circonstanziati offerti, del contesto storico e di quei valori interiori e delle motivazioni ideali che contano prima di tutte le altre ragioni e che richiamano, se scrutate, la vertigine dell'infinito che è al centro dei libri di Spiro e che è la ragion d'essere della ragione della vita sui monti. Ogni libro di quest'autore risuona così come un inno glorioso e melanconico a un tempo, come la più nobile delle elegìe che si possano scrivere su compagni e amici, su vite ed esistenze di eroi destinati comunque alla sconfitta immersi in un'aura fatale quale quella che avvolge tanti personaggi di Hemingway. E non è poco! Dante Colli |
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