Dopo circa settanta pagine apparentemente dedicate solo alla logica e alla teoria del linguaggio, il lettore è improwisamente messo di fronte alle cinque pagine conclusive sul Mistico, sul senso del mondo e sull'etica. A parere di molti studiosi, questi aforismi finali non solo vanno letti con la medesima serietà nei precedenti, ma costituiscono addirittura il nucleo più importante e originale dell'opera. Come hanno scritto Janik e Toulmin, essi rappresentano un "caratteristico documento" della cultura viennese di inizio secolo, che rivela al contempo legami profondi che l'autore del Tractatus intrattiene con scrittori come Tolstoj e con filosofi come Schopenhauer e Kierkegaard. Concetto di non facile e univoca interpretazione, il Mistico si configura nel Tractatus entro tre fondamentali accezioni:
1) come limite per la conoscenza e per il linguaggio: il Mistico si mostra quando il "razionale" viene pensato al suo grado limite;
2) come ambito in cui si arresta l'operatività della logica e inizia a valere la legge del sentimento, dell'intuizione. In questo senso il , Mistico si configura come una delle due modalità possibili di apertura alla realtà da parte dell'uomo (l'altra e, appunto, l'esperienza logica);
3) come dominio dell'etica, dell'estetica, della religione.
Delimitato l'ambito di ciò che è affrontabile razionalmente, la comprensione del senso del mondo rimane affidata all'esperienza etico-estetica e a quella religiosa.
A fianco di poco motivate accuse di irrazionalismo e di misticismo, le letture più accreditate del tema del Mistico , lo hanno interpretato sia come un motivo kantiano (esso mostrerebbe qualche analogia con l'esclusione dei problemi della metafisica tradizionale operata nella Critica della ragion pura,), sia come la postulazione di una esigenza ontologica radicale (presente peraltro in tutto il Tractatus,), che rivelerebbe qualche legame con la ricerca del coetaneo Martin Heidegger.
6.4 -- Tutte le proposizioni sono di pari valore (1).
6.41 -- Il senso del mondo dev'essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v'è in esso alcun valore - nè, se vi fosse, avrebbe un valore (2).
6.42 -- Né, quindi, vi possono essere proposizioni dell'etica.
Le proposizioni non possono esprimere nulla di ciò che è più alto.
6. 421 -- È chiaro che l'etica non può formularsi.
L'etica è trascendentale.
(Etica ed estetica sono tutt'uno) (3).
6.423 -- Della volontà quale portatore dell'etico non può parlarsi.
E la volontà quale fenomeno interessa solo la psicologia.
6.4311 -- La morte non è evento della vita. La morte non si vive (4).
6.4312 -- La risoluzione dell'enigma della vita nello spazio e nel tempo è fuori dello spazio e del tempo.
(I problemi da risolvere qui non sono problemi della scienza naturale) (5).
6.432 -- Come il mondo è, è affatto indifferente per ciò che è più alto. Dio non rivela sé nel mondo (6).
6.44 -- Non come il mondo è, è il Mistico, ma che esso è (7).
6.45 -- La visione del mondo sub specie aeterni è la visione di esso come una totalità - delimitata -.
Il sentimento del mondo come una totalità delimitata è il sentimento mistico (8).
6.5 -- D'una risposta che non si può formulare non può formularsi neppure la domanda.
L'enigma non v'è.
Se una domanda può porsi, può anche avere una risposta.
6.52 -- Noi sentiamo che, persino nell'ipotesi che tutte le possibili domande scientifiche abbiano avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure sfiorati. Certo, allora non resta più domanda alcuna e appunto questa è la risposta (9).
6.521-- La risoluzione del problema della vita si scorge allo sparire di esso. (Non è forse per questo che degli uomini ai quali il senso della vita divenne, dopo lunghi dubbi, chiaro, non seppero poi dire in che cosa consistesse questo senso?)
6.522 -- Ma v'è dell'ineffabile. Esso mostra sé, è il Mistico.
6.53 -- Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: Nulla dire se non ciò che può dirsi; dunque, proposizioni della scienza naturale - dunque, qualcosa che con la filosofia nulla ha a che fare -, e poi, ogni volta che altri voglia dire qualcosa di metafisico, mostrargli che, a certi segni nelle sue proposizioni, egli non ha dato significato alcuno. Questo metodo sarebbe insoddisfacente per l'altro - egli non avrebbe la sensazione che noi gli insegniamo filosofia -, eppure esso sarebbe l'unico metodo rigorosamente corretto (10).
6.54 -- Le mie proposizioni sono chiarificazioni le quali illuminano in questo senso: Colui che mi comprende, infine le riconosce insensate, se è asceso per esse - su esse - oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo che v'è salito.)
Egli deve superare queste proposizioni; è allora che egli vede rettamente il mondo (11).
7 -- Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere (12).
da L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus. cit.
1 - II linguaggio, in quanto esprime tutto ciò che accade, è in grado solo di raffigurare i fatti, cioè le relazioni in cui entrano gli oggetti; non può invece dire nulla circa il loro valore. Il sussistere o meno dei fatti è puramente accidentale, nel senso che tutto ciò che è possibile logicamente è possibile in
pari misura. Quindi le proposizioni del linguaggio sono, tra loro, di pari valore. Lo stesso problema del valore è esterno all'ambito del linguaggio e della logica.
2 - La domanda sul senso del mondo consi-dera obbligatoriamente il mondo come una totalità: il suo è dunque un punto di vista esterno al mondo stesso. In tal modo, si colloca tuttavia fuori anche dai fatti, ossia dalle possibilità logiche del linguaggio.
3 - Il "mondo" dei valori (ossia il mondo dell'etica e dell'estetica) non è il mondo logi-co, che è - come sappiamo - la totalità de-gli stati di cose possibili. Esso quindi non è logicamente formulabile, in quanto non consiste di fatti. Il problema del valore trascende le possibilità del linguaggio. Per questo, l'etica è "trascendentale".
4 - La morte si pone oltre la vita, oltre ciò che accade. Essa, dunque, non è un fatto, un evento. E l'ineffabile.
5 - Il senso della vita non è un problema affrontabile con gli strumenti della logica e della scienza.
6 - Ciò che trascende il mondo è ineffabile.
7 - "Come il mondo è" costituisce il problema delle scienze naturali; "che esso è" è il
Mistico. Scrive Ramsey: "Il sentire mistico è il sentire che il mondo non è tutto, che c'è qualcosa al di fuori di esso, il suo senso". Poiché il linguaggio non può esprimere se non ciò che accade (i fatti), l'affermazione che è (l'enunciato metafisico per antonomasia), la quale racchiude il senso del mondo, è solo una pseudo-proposizione. Il linguaggio, chiarendo il suo limite, mostra così il Mistico, ossia l'inesprimibile.
8 - Il "sentimento mistico" è l'intuizione del mondo come un tutto limitato, ossia come un tutto che implica qualcosa di differente da sé.
9 - La domanda sui problemi della vita, in quanto non può trovare risposta in un linguaggio chiaro ed evidente, non può neppure essere formulata.
10 - L'empirismo logico interpreterà in senso svalutativo la mancanza di significato dei discorsi non scientifici. Per Wittgenstein essa indica invece solo l'impossibilità di parlare di ciò che più importa.
11 - Ne deriva la conseguenza, per molti critici di Wittgenstein paradossale, che le stesse proposizioni che stabiliscono i criteri di significanza del linguaggio sono votate all'insensatezza.
12 - L'ultima proposizione non ha ramificazioni: spicca per la sua totale solitudine. Essa annuncia la fine del discorso. Ponendo fine a se stesso, il Tractatus raggiunge la sua compiutezza. Nella sua perentorietà, tuttavia, l'aforisma richiama le tesi ontologiche dell'inizio, ora però comprese nella loro "verità". La struttura a catena delle proposizioni del Tractatus ha così un andamento circolare: il senso dell'intera sequenza non è altro che l'esplicitazione del senso del primo aforisma.