Il tema fondamentale del Tractatus è la connessione fra linguaggio e realtà. Wittgenstein si propone di definire le "condizioni di sensatezza" del linguaggio, in modo da determinare in via definitiva ciò che intorno al mondo legittimamente si può dire e ciò che, al contrario, non si può dire. Scopo dell'opera è quello di "tracciare al pensiero un limite", nella convinzione - come l'autore si esprime nella Prefazione - "che tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere". In guesta prospettiva, la filosofia assume la funzione di critica del linguaggio, ossia di chiarificazione circa le regole, i limiti e le proibizioni che determinano la correttezza del pensare e del dire in generale.
Molti interpreti hanno opportunamente sottolineato la presenza, nel piano dell'opera, di una prospettiva di tipo kantiano. A differenza della Critica della ragion pura, tuttavia, l'opera di Wittgenstein prescinde dal problema di come il mondo giunga a essere raffigurato dal pensiero e dal linguaggio che ne è l'espressione. Non troviamo dunque, nel Tractatus, né un'organica teoria della conoscenza né uno specifico interesse epistemologico.
IL TRACTATUS LOGICO-PHILOSOPHICUS
Il Tractatus si presenta apparentemente come un "sistema chiuso", avaro di citazioni e di riferimenti espliciti, libero da radici culturali. Come tale sembra presentarlo l'autore stesso: "M'è indifferente - scrive Wittgenstein - se già altri, prima di me, abbia pensato ciò che io ho pensato". Poche opere, al contrario, sono, al pari del Tractatus, il risultato di un osmosi così intensa di diverse ed eterogenee tradizioni teoriche e culturali. L'ambito entro il quale si muovono gli argomenti dell'opera è innanzitutto quello dei problemi sollevati dal logicismo di Frege e di Russell, cui Wittgenstein stesso fa, eccezionalmente, un esplicito riferimento nella prefazione. Di Frege Wittgenstein assume la terminologia logica (senso-significato, funzione-argomento) e condivide il rigetto delle interpretazioni empiristiche e psicologistiche della matematica e della logica imperanti ancora nella seconda metà dell'Ottocento. Da Russell apprende l'esigenza di una rigorosa delimitazione della logica, volta a impedire che il suo linguaggio cada in paradossi. Ancora da Russell e da Moore - con il quale entra in contatto nel 1911, a Cambridge - Wittgenstein assume la rottura con l'idealismo, che aveva esercitato un'ampia egemonia sulla filosofia inglese degli ultimi decenni del XIX secolo.
Attraverso queste influenze, la riflessione del filosofo austriaco si collega con il dibattito sulla natura della logica e sui fondamenti della matematica, a cui egli si accosta tuttavia attraverso una specifica attenzione agli schemi linguistici impiegati in campo logico.
La formazione non ortodossa di Wittgenstein
Wittgenstein non ha una formazione filosofica vera e propria, né legge in modo sistematico i classici della disciplina, come dimostra la stessa lingua del Tractatus, che è costruita in parte sul linguaggio naturale, in parte su quello della logica matematica, e solo in misura assai, minima sul dizionario più strettamente filosofico.
Pur esprimendo ammirazione e interesse per le esperienze filosofiche della tradizione - legge Platone e Schopenhauer; confessa invece serie difficoltà di comprensione nei confronti di Spinoza, Hume e Kant - egli riceve impressioni più profonde da autori al margine tra filosofia, poesia e religione come sant'Agostino, Kierkegaard, Tolstoj, Otto Weininger.
La sua formazione è piuttosto tecnico-scientifica, influenzata dalle teorie fisico-matematiche di Heinrich Hertz e Ludwig Boltzmann, e si nutre, prima della guerra mondiale, delle suggestioni musicali e artistiche che gli proven-gono dagli ambienti intellettuali dell'Austria tardo-asburgica. Decisive sono, da questo punto di vista, le influenze che il filosofo subisce negli anni della sua formazione giovanile, prima ancora di entrare in contatto - con gli ambienti anglosassoni - da parte del "modernismo" viennese di inizio secolo, espresso da uomini come Freud, Schònberg, Kokoschka. Largamente influenzata da elementi kantiani, la cultura viennese di questi anni pone al centro della propria attività il tema della critica del linguaggio: per un intellettuale austriaco fin de siècle, consapevole della crisi della cultura mitteleuropea, è obbligatorio affrontare il problema dei limiti dei linguaggi espressivi e dei mezzi di comunicazione, nella poesia come nella pittura, nella scienza come nella musica.
Il debito di Wittgenstein nei confronti della "Grande Vienna" ha segnatamente due origini: la battaglia contro la corruzione estetica e morale condotta dal critico letterario e giornalista Karl Kraus; la lotta contro l'arte ridotta a puro orpello ornamentale, portata avanti dall'architetto Adolf Loos. Allorché entra in contatto con Frege e Russell, Wittgenstein vede nella logica lo strumento per una più adeguata riflessione filosofica su questi temi e per la costruzione di una teoria rigorosa del linguaggio.
IL MONDO E IL LINGUAGGIO