AI MONTI DI NAVA TRA GROTTE E SORGENTI E SANTUARI DEDICATI ALLA MADONNA

 

Con la primavera alle porte e il freddo che ormai lascia spazio al tepore di un sole che va sempre di più rinvigorendosi ecco che proponiamo una camminata di qualità: vicino a casa e dalla pregevole bellezza naturalistica e paesaggistica. Come una immensa vetrata sul lago cui affacciarsi in un giorno soleggiato e terso. Tra gli itinerari forse meno noti al grande pubblico e meno battuti delle nostre parti. Tanto che l’ascesa principale, segnalata nella prestigiosa guida escursionistica del Touring Club, che prevede la partenza dalla frazione di Intignano, sopra Tremezzo, con deviazione a destra al primo bivio per il monte Crocione, è ormai in disuso e il sentiero a un certo punto si interrompe strangolato dalla vegetazione incolta. Rovi e piante spinose che inghiottono anche alcuni ruderi di pietra abbandonati, scaldati dal sole, costituiscono un habitat ideale di bisce e serpenti. E non c’è da stupirsi infatti la nostra meta, i monti di Nava, sovrasta di poco un colle che per qualche strana ragione perduta nel tempo la tradizione popolare decise di chiamare monte Pitone…

I monti di Nava (885 m.) e la Bocchetta di Nava (848 m.) se sono poco conosciuti agli escursionisti "della domenica" sono invece delle amene località apprezzate dai valligiani e dagli escursionisti più esperti. Al di là dei rovi, più di una via, alcune carrozzabili in condizioni di tempo ottimali e alcune perfino a tratti asfaltate, raggiungono contemporaneamente l’obbiettivo.

Ma noi di Broletto ne prediligiamo una in particolare, davvero bella e piacevolissima, che consigliamo ai nostri lettori. Sempre affacciata sul lago con incommensurabili punti di osservazione, si snoda tra affioramenti rocciosi e imponenti blocchi granitici. Specie sul desio dell’inverno, nei "giorni della merla" per intenderci, la vegetazione raso terra, frammista alle pietre, stende un bianco velo di Stelle di Natale, chiamate anche Elleboro, con sfumature rosa d’Erica sparse qua e là.

Per cominciare si sale lungo il lago fino a Cadenabbia; poco dopo una prima indicazione per Griante e san Martino ci suggerirà una svolta a sinistra, meglio ignorarla e proseguire fino alla seconda indicazione di svolta a sinistra per san Martino (freccia gialla) appena poco prima della "torretta rosa". Seguiamo quindi sempre le indicazioni per il santuario facendo attenzione a non perderci quasi subito una stretta curva sulla destra. Giungiamo quindi in una piccola area di parcheggio ove è presente anche una fontana. Arretrando di qualche passo e scendendo sulla destra si attraverserà un ponticello per poi salire lungo i numerosi tornanti che, disseminati di cappelle come una via crucis, conducono all’eremo mariano di san Martino. Lo si vede là arroccato sotto a uno sperone di roccia affacciato sul lago… accattivante meta per una breve gita dal carattere naturalistico-religioso di cui ci ha già parlato con cura il nostro amico Gerardo Aguglia nel numero 70 di Broletto. A metà strada per il tempietto una deviazione ci introdurrebbe dove siamo diretti. Ma noi invece di imboccare il ponticello, dal parcheggio, suggeriamo di proseguire diritti per un sentiero leggermente in salita che va ad immergersi nella val Maron…

Quasi subito arriviamo ad un incrocio. Se non sono presenti segnali ci conviene lasciarne uno noi (ad es. un nastrino colorato legato ad un rametto, che poi ci premuniremo di ritirare al ritorno) per ritrovare senza indugio i nostri passi sulla via del rientro qualora fossimo di fretta e incominciasse ad imbrunire. Al crocevia pieghiamo quindi a destra e saliamo per una scalinata acciottolata. Passeremo attraverso un bosco di conifere, betulle e robinie, poi accanto a delle casupole e continueremo a salire in dolce pendenza in direzione di san Martino. Sali sali, giungiamo infine alle radici delle montagne che già fanno sentire la loro poderosa presenza con spuntoni aguzzi e gradini pietrosi che sbucano dall’erba schiacciata che stiamo ricalcando. In alto si vedono le pareti alte e modulate del monte Pitone e del Sasso san Martino, a sinistra i bastioni del Nava e dietro il monte Crocione (1641 m.). Davanti a noi l’icona, come scolpita nella roccia, del santuario e sotto di noi il lago in tutta la sua magnificenza. Una ripida scalinata a chiocciola ci porta in quota e a un certo punto il sentiero si arma, a valle, di una robusta ringhiera di ferro compiendo un’ampia curva a destra. A questo punto invece di proseguire pieghiamo a gomito chiuso sulla sinistra lungo un debole tracciato erboso. Niente paura, dopo pochi passi il sentiero si farà ampio e incisivo. Da qui in poi sarà impossibile sbagliare e basterà lasciarsi condurre…

Proseguiamo su un soffice tappeto di foglie di betulle e faggi e via via che saliamo il sagrato si farà più sassoso assumendo un caratteristico colore biancastro spruzzato di farina di roccia. Più ci avvicineremo alla testa della montagna più goderemo di un panorama unico che ci accompagnerà per l’intero itinerario. Proprio dirimpetto a noi la punta di Bellagio che lascia scorgere anche il ramo lecchese del lago con i caratteristici Corni di Canzo e di sfondo la gigantografia delle Grigne imbiancate. Poi il nostro sguardo s’allunga fino alle nevi del Legnone e piega a destra in direzione della Valtellina scoprendo i picchi più importanti, anch’essi incappucciati di neve, della val Masino. Sopra di noi le rocce calcaree e friabili di questo gruppo lepontino che racchiude tanti segreti, come grotte, sculture naturali e a volte presenze fossili al suo interno. Quasi a ridosso degli ammassi rocciosi si supera una sella che scavalca una vallata il cui fondo torrentizio è a secca e si incontra una fonte d’acqua che sgorga dalle rocce cui è possibile approvvigionarsi per proseguire il cammino. Lo scroscio dell’acqua si ode appena fra le alte pietre a tratti bagnate da rigagnoli ma è difficile individuarne esattamente la provenienza.

Il percorso ci conduce infine ad una radura in prossimità del monte Pitone ove sorgono alcuni cascinali in fase di ristrutturazione. Da qui una strada carrozzabile scende verso Menaggio ma noi imbocchiamo il tracciato di sinistra e proseguiamo fino a perderci dietro al versante roccioso del Nava. Dal parcheggio circa due ore di marcia.
Alcuni fili spinati o tratti di recinzioni arrugginiti ci accompagnano lungo il percorso e ci ricordano che tutta questa zona estesa fino al monte Galbiga era un punto strategico per le nostre truppe e per i partigiani durante le due guerre mondiali. Siamo infine sui Monti del Nava. Il termine al plurale sta ad indicare non una cima vera e propria ma tutto un insieme di saliscendi roccioso con avvallamenti, insenature, grotte, alberi e fiori alpini e un substrato scivoloso di fieno alto dal colore dorato.
Suggeriamo di portarsi in prossimità del pilone dell’alta tensione da dove la nostra vista può inglobare il bacino superiore del Lario andando ad offrirci uno spettacolo ancora più ampio e di rara bellezza.
Seguendo verso nord i fili dell’alta tensione un sentiero ci porta in "Località Monti di Nava" ove sorge un grande caseggiato grigio e una piccola cappella tra le rocce dedicata alla vergine Maria.
Se invece tagliamo lungo i pilastri della corrente puntando a ovest verso il monte Crocione in vista delle sue baite sottostanti, sbuchiamo in una vallata entro cui s’adagia il caratteristico nucleo rurale "Bocchetta di Nava", accattivante e ben curato. Scendendo a sinistra per "Griante" lungo una pavimentazione asfaltata giungiamo ad una villetta privata, sotto alla quale si trova un’altra fontana d’acqua sorgiva.
Da qui in poi il nostro cammino si incrocia con quello, a tratti dimesso, che proviene dalla frazione di Intignano, sopra Tremezzo, e con quello, carrozzabile, che sale da Rogaro.

Chi ha energia e voglia di camminare può proseguire, dalla Bocchetta, lungo un’antica strada militare per il monte Crocione (2 ore circa) e da qui raggiungere il rif. Venini (Galbiga, 1 ora). La vetta più alta della regione è comunque il monte Tremezzo coi suoi 1700 m. Chi invece ha interessi spirituali può scendere a serpentina lungo la dorsale tra le falde calcaree, il selciato è ben individuabile, fino a raggiungere una caratteristica cappellina affrescata che dalla cresta domina gli abitati campestri sopra Tremezzo e i paesi adagiati lungo il lago. È una costruzione piccola, ben curata e curiosamente, oltre alla Madonna, dedica un dipinto anche ai rapaci della rupe. Evidentemente l’artista non ha potuto fare a meno di cogliere il sentimento di pace e libertà espresso dai grandi predatori in volo tra le cattedratiche cime di questo massiccio carsico.

Forse proprio la presenza di tante spontanee nicchie religiose costruite nel tempo dai residenti, insieme alla chiesa di san Martino, hanno fatto sì che la via ai monti di Nava fosse segnalata anche con la tipica freccia di legno che indica "il sentiero del giubileo 2000". Partenza, in questo caso, dal piazzale antistante la chiesetta della Madonna di Paullo, in località Croce di Menaggio. Da qui infatti (650 m.) parte uno dei percorsi più noti per il Nava che fa parte della tappa n. 2 della "Via dei monti lariani".
Insomma al Nava si può arrivare anche da Paullo lungo un’ampia carrareccia, segnalata dai bollini rossi col numero 2, che attraversa un bosco di castani e altre latifoglie, sorpassa la baita di Miè e giunge infine alla Località monti di Nava e poi all’omonima Bocchetta. Questa variante è sconsigliata fino a primavera inoltrata data la possibile presenza di neve alta e ghiacciata. Svolgendosi quasi interamente entro il bosco non gode di un panorama particolare se non a tratti il lago di Piano con Menaggio sovrastato dai grigi pinnacoli del Grona. È però molto ben segnalato. Il tragitto generalmente avviene all’inverso: il tratto numero 2 della Via dei monti lariani, che inizia a Cernobbio e termina a Sorico, prevede infatti una lunga tappa attraverso le valli Intelvi e Menaggio che da san Fedele tocca l’alpe di Colonno, il Boffalora, l’alpe Gada, Piazza e i monti di Brente fino alla Bocchetta di Nava e i monti di Nava per concludersi a Paullo. Totale 9 ore di cammino su 26 km. La terza e penultima tappa si svolgerà in valle Albano da Grandola ed Uniti fino a Garzeno e l’ultima da Garzeno a Sorico.
Raggiungibile quindi da tutti i lati, molti ancora i sentieri "da scoprire", la nostra meta è particolarmente stimolante in ogni stagione e dispensatrice di energie pulite e di un senso di freschezza e di leggerezza. I declivi a picco sul lago oltre alle montagne, stupende sul finire dell’inverno quando sono ancora immacolate dai ghiacci, danno una ampia visuale anche sui paesi sottostanti come un ventaglio che s’apre ad Ossuccio, con l’isola Comacina e il promontorio di Balbianello, e attraversando Tremezzo, Cadenabbia, Griante e Pastura si chiude a Menaggio. Un altro prezioso regalo tra gli innumerevoli e affascinanti che la natura del nostro Lario ha voluto offrirci: una delle sue rinomate perle disseminate su un vasto territorio comprensivo di antichi borghi, pascoli, pinete, cascate, valli, pareti rocciose e terre bruciate dal sole.

alia§cygnuss
broletto n.72 pri.2003

segue articolo sul Boffalora sopra Ponna...

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