Gli aspetti caratterizzanti della Costalta del passato
risultano ben delineati
nel libro di Giovanni e GianMario de Bettin,
"n'ota inera..." (S.I.P.R.O. Edizioni, Milano, 1999),
del quale riproduciamo il frontespizio.



Il volume
è suddiviso in 7 sezioni,
nelle quali sono abilmente accostati
testi (in lingua italiana e in dialetto costaltese) e immagini pittoriche:

  • Gli anni difficili
  • L'artigianato
  • L'emigrazione
  • Le comunicazioni
  • I servizi sociali
  • I personaggi
  • I giorni nostri
 


 Come scrive Andrea Placidiano, nella Prefazione del libro,
si tratta di una "rievocazione che prende l'avvio da una precisa volontà di ricordare e che risulta modulata su una dimensione affettiva assolutamente autentica e partecipata (...).
L'immagine e la parola si fondono per fissare nella memoria di tutti un passato che costituisce la radice di questo presente (...)".


Nelle prime pagine dell'opera, troviamo un'interessante presentazione del Comelico,
basata sui "ricordi" personali...

Un comprensorio montano composto da quindici agglomerati abitativi, oggi uniti tra di loro da mezzi e vie di comunicazione, da tecnologie di dialogo a distanza e da livellamenti naturali. Paesi che vanno via via sempre più assomigliandosi ed amalgamandosi verso un'unica entità abitativa con un idioma, ma disgiunto ancora da quello che si sente fuori da queste montagne e certamente differente rispetto ad altre aree. Ricordiamo che questi agglomerati abitativi erano come dei villaggi isolati, autonomamente gestiti, per lo meno per quanto riguardava la vita quotidiana, e vincolati da tradizioni ataviche che si tramandavano dal passato trasportando usi, modi di dire, inflessioni, proverbi e quant'altro verso generazioni che susseguivano fino ai giorni nostri quando le ideali "mura" di recinzione di questi villaggi vennero abbattute dagli eventi tecnologici e dalla mobilità sempre più facile e veloce. Il veloce spostarsi delle persone, consentito dai mezzi tecnologici, ha accomunato usi e costumi facendo dimenticare al tempo stesso il rigido isolamento del passato. Ad ogni villaggio era attribuito, per definizione di un altro, un soprannome che dava ad ognuno una peculiare caratteristica derivante da storie e motivazioni perse dalla notte dei tempi, ma che distinguevano per carattere ed usanze di vita il popolo di un villaggio dall'altro.
Ecco allora che troviamo: I prees a Padola, I Bòi a Dosoledo, I Corve su la tore a Danta, i avocats a Casamazzagno, i geets a Candide, i Giudèi a San Nicolò, i Zigainar a Campolongo, i Corve a Costa, I mute zal ciampanin a Santo Sstefano, I "Punf al cer dla sandla" a Costalissoio, Coi dal Borsito a San Pietro, L'olpe a Costalta, i bacagn a Valle, i mastela a Presenaio.
Per tutti si poteva riconoscere dietro questi innocui soprannomi, le peculiarità di ogni persona appartenente ad un rispettivo paese.

E così il pittore "vede" i vari paesi...

Le "mura" di questi villaggi isolavano e difendevano i paesi, ma ristagnavano le tradizioni senza alcuna possibilità di miglioramento verso il futuro; solo l'abbattimento delle stesse ha facilitato il vivere comune a discapito forse della dimenticanza delle vecchie tradizioni. Ecco, quindi, che la riflessione su queste e la loro memorizzazione fa sì che non si abbiano a dimenticare né storie né valori né gusti e profumi di un tempo che tanto hanno dato nel passato e tanto possono dare al presente e al futuro.



Del volume "n'ota inera..." riproduciamo,
in altre pagine del sito,
alcune parti:
L'emigrazione
L'artigianato

I ane Trenta
Barba Checo
Al Papa a Costauta

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"LA STORIA"

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"PITTURA"

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