Beneto e Simon

(dal volume "n'ota inera...", pp.25-28)

Le ideali mura, che isolavano il paese dal resto del mondo, erano spesso varcate da alcune persone che si recavano in luoghi più o meno lontani per svolgere delle attività di povero artigianato.
Stagnini (clòmpar), muratori (muradóós) carpentieri, taglialegna ed altro: erano questi i mestieri più ambiti nelle terre di Carinzia, del Tirolo, o ancor più delle Americhe o dell'Australia. Da quest'ultimo paese spesso gli emigranti non facevano più ritorno, poiché la grande lontananza procrastinava il momento del ritorno, fino ad indebolire la volontà di rivedere la propria terra, assopendo la nostalgia del passato a favore invece della nuova vita, che andava di giorno in giorno delineandosi in uno stile nuovo e diverso.
Ecco allora che in paese si ricordano dei nomi che sono ancora vivi, ma solo nella memoria di pochi, ormai vecchi, che hanno visto partire dei loro amici o parenti e che mai li hanno visti ritornare. Altri, invece, hanno ceduto alla nostalgia e sono tornati, e hanno potuto comprare della terra, delle bestie, costruire una casa che, seppur piccola e povera, era però all'ombra del proprio campanile.
Tali emigranti spesso si esprimevano facendo sfoggio di stranierismi, di modi linguistici imparati alla meglio; vestivano abiti a volte stravaganti, portandoli con goffaggine, ma con una certa boria andavano alla messa domenicale per dimostrare che il loro emigrare non era stato inutile. Si fermavano sul sagrato della chiesa a raccontare le storie più o meno vere, a raccontare dei mondi nuovi, delle meraviglie incontrate, di usanze mai viste e di quant'altro veniva loro nella mente.
Poi, nel breve giro di qualche mese di vita quotidiana all'interno delle "mura" paesane, eccoli ripiombati nella consuetudine quotidiana, nelle abitudini di sempre, dimentichi di ciò che avevano vissuto, consapevoli sì della costruttiva esperienza, ma felici che fosse finita e contenti di quanto potevano costruire da lì in avanti.
Le stagioni passano e la natura, coi suoi ritmi, obbliga le persone a seguirla e perciò le vediamo in autunno sui prati a "spande grasa" (stendere il letame), in primavera a pulire i "cessi" e fare l'orto, d'estate a falciare il fieno e portarlo dentro i fienili, poi andare al pascolo con le bestie e ancora nei boschi a preparare la legna per l'inverno; e così nella ruota dell'anno, che girava ripetendo puntualmente le sue scadenze fisse, la gente come sempre si incontrava e accomunava le fatiche, le ansie, i dolori e le piccole gioie che il paese donava.

Sui prati, ad una certa ora, accadeva spesso di sentire dialoghi come questo...

Benet: "E alora Simon, che me contesto da bel?"
Simòn: "Intanto zla mi vita ne nöi mai posó e cialò intrà d nöi te diröi-mo. Söi stó anche zal tudösco a föi al muradó, n faz par vantaame ma sarau consideró al möio dla scuadra. Col mi martél e la mi cazòla öi fat fora meda Carizia apò, sempro da cle bande-là duce tudöse, pöinsa. anc i canai, chi mardlées parlàa bel tudösco pizi csi, e iö bulo, nac na meda parola: eeh caro Beneto i provò I mii in prim-iö-va, öi cardù da parlà co la mi lönga, puro taliön dal miö; pedo che te pedo; un tìn masa ingardizó par cal taliön c löre inà imparó a scola e... alora, m'à mandó z na squadra de spagnòi. dut un autro afar-cioo! via cal mi taliön e avanti col parlà a la nostra, proprio com cöi da Val. Lör capii mé e iö löre; che ch'a da ése...! n podaröi mai desmantié chi plùfar com muradós, ciamau malta e lör me portaa père! e alora öi pensó na rooba: öi tacó a föi mur a söco e... avanti csi fin c ne-ne rivò d na banda ininze un pèzo de "pook" e alora... al mi muro bicée stöle, duto tròz!... "Raus"! e a ceda.
Ades-mo Benet cont-me tu la toa-mo!"
Benet: "Iö caro Simon söi stó via ple Americhe, öi fato un tìn de dalduto, dut fora che canaule, fora che scavazà, insoma nent roob nostrane; e dut cösto zenza parlà; (...com löör magare!); inanma-mia cöi parla com chi avösa alg zal col, dut un gargaié, sumiée chi avösa na patata arventa z bocia e pur, avanti, paura nente, eeh csi-mo Simon, söi stò un bar d'ane zenza verd bocia.
Me ricordo, cuön ch'söi tornó dal "estero" z l Italia, a ceda mia, zla mi Val, i prim diis, duta na confusion, i mii cardée ch'söia malò da muto; la mi lönga avee pers al filo: intrà al tudösco e l'americön, al spagnol, in anma-mia à fat dut un grópo; la mi dente cardée ch'faza al siòr gnù dl'America, inveze iö sarau un pöra can gnù d na banda ininze.
Csi-mo-la Simon.
Fadonse sta caieda e dop dön a ceda, che disto?".


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