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La morte
del
Padre PIETRO PALAZZO
(28/08/1648)
Il
padre Pietro Palazzo era nato a Comiso il 14/09/1576
da Giovanni, soldato spagnolo, e da Angela
Margherita Guastella, nativa di Giarratana.
Diventato sacerdote nel 1616 fondò l'Oratorio di
San Filippo Neri, con l'adiacente chiesa del
Gesù, i due monasteri delle suore teresiane, con
annesse chiese, di Regina Coeli (1618) e di S.
Giuseppe (1620).
P. Tommaso
Blundo, che fu prevosto dell'Oratorio, scrisse
sul padre Palazzo il libro "VITA E VIRTU'
DEL PADRE PIETRO PALAZZO", ultimato nel 1770.
Nel 2001,
per iniziativa dell'arcidiacono-parroco della SS.
Annunziata padre Giuseppe Cabibbo e con la cura
del prof. Carmelo Lauretta, fu pubblicata una
nuova edizione del libro, riveduta e corredata di
note scritte dal can. Raffaele Flaccavento, che
si era avvalso di manoscritti e documenti inediti
del tempo di padre Palazzo.
In questa
pagina si riporta il brano, tratto dal Capitolo
decimosettimo, nel quale sono descritti gli
ultimi giorni di vita del padre Palazzo.
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Sua ultima
infermità e morte |
Il nostro P.
Palazzo era giunto intanto al suo 72° anno di
età, quando, consunto dalle fatiche apostoliche
sostenute, tra mille contraddizioni e patimenti
per la maggior gloria di Dio e per la salute di
tante anime, il Signore si piacque di chiamarlo
in Paradiso, per dargli la mercede promessa ai
suoi servi fedeli.
Il dopo pranzo del 15 agosto 1648, giorno dell'Assunzione
di Maria SS., sorpreso da un gran freddo si mise
a letto, dove fu assalito da una febbre gagliarda,
che resistette tenacemente a tutti i medicamenti
e ai sussidi, di cui poteva disporre allora l'Arte
salutare. Il buon sacerdote si sentiva sempre
più venir meno.
L'ultima sua ora si appressava a gran passi; la
grande amica delle anime forti e generose come la
sua, gli tendeva da lontano le braccia. Ricevette
gli ultimi Sacramenti con la gioia e la
compunzione, tutte proprie delle anime grandi e
fervorose che si apprestano al gran passaggio, e
attese...
L'attesa non fu lunga, ma quei tredici giorni che
il Signore gli ebbe a concedere, non furono mal
conceduti, perché servirono al Palazzo per dare
e segnare alla sua amata Congregazione dell'Oratorio
e ai due monasteri, che egli stimava quanto se
stesso, l'indirizzo supremo dal quale mai, dopo
la sua morte, avrebbero dovuto scostarsi.
E lì ad ammonire, a consigliare, a pregare, a
incoraggiare, a spingere fraternamente al bene
quanti confratelli e amici suoi al suo
lettucciolo si appressavano per ascoltarlo e più
spesso per consultarlo un'ultima volta.
Ma poi che sentì finalmente prossimo il termine
dei suoi giorni, non volle ad altro pensare che a
apparecchiarsi all'incontro dello Sposo Celeste,
tanto che avendogli la superiora del Monastero di
San Giuseppe mandato un biglietto, in cui lo
pregava di manifestarle qual santo ricordo
volesse lasciare, nella sua dipartita, alle sue
povere verginelle, dopo fattolo leggere da uno
dei presenti, nulla rispose, ma alzando le mani
al cielo benedisse tutte le sue care suore,
augurando loro, con quella benedizione, ogni
aiuto e soccorso celesti.
Il venerato infermo intanto peggiorava sempre, e
nel pomeriggio del 27 di quello stesso agosto,
dopo una breve agonia, confortato dalle ultime
preci per i moribondi, placidamente spirava in
seno a Dio, tra le lacrime dei Padri e dei
Fratelli della sua Congregazione.
Sparsasi in un attimo la notizia della sua morte
beata, tutta Comiso prese il lutto. La perdita di
un Sacerdote sì degno, che tanto aveva lavorato
per il pubblico e spirituale benefizio della sua
patria, era una perdita irreparabilile, e tutti
la piangevano a calde lacrime come una sventura
personale.
Ma dolorosamente più amara riuscì, com'era da
prevedersi, la funesta nuova alle povere
Teresiane chiuse nei due monasteri di S. Maria e
di S. Giuseppe.
I pianti dirottissimi e le strida dolorose, di
che quelle buone verginelle facevano echeggiare i
loro chiostri, erano tali da strappare le lacrime
al solo sentirle.
E ne avevano le poverette ben donde, perché era
morto il loro padre e benefattore!
II venerabile cadavere fu l'indomani esposto
nella Chiesa del Gesù, che all'aprirsi della
porta fu invasa da una gran fiumana di popolo d'ogni
età, sesso e condizione, che con lacrime e
sospiri dolorosi volle vedere per l'ultima volta,
la spoglia esanime del suo più grande e santo
concittadino.
Che per soddisfare alla pietà e all'affetto di
tanta gente accorsa, anche dalle città e dai
paesi vicini, per vederlo, si fu costretti di
tenere esposto al pubblico per tre giorni di
seguito.
Alla fine del terzo giorno si diede finalmente
onorata sepoltura al venerato estinto, che fu
deposto in un avello distinto della sepoltura
comune, esistente nella Chiesa suddetta. Alla
quale, sostituitasi nel 1680 la nuova, e fattasi
in questa altra la nuova sepoltura, fu in questa
trasportato e
ivi sino al presente riposa.
Tutte queste manifestazioni di dolore meritò il
Nostro, perché era giustamente considerato nella
sua patria come il più vero servo di Dio.
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Note
La 1^
immagine è una fotografia della facciata dell'ex Chiesa
del Gesù.
Le 2^ immagine è di un ritratto del padre Pietro Palazzo.
La 3^ immagine è di un busto marmoreo del padre Pietro
Palazzo.
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