Andrea Rosella

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La metafisica e il ritorno all’ordine
Proprio quando si afferma in Italia l’arte futurista, molti artisti si orientano verso la figurazione, alla ricerca di una forma compiuta.
Il termine
metafisica significa oltre il mondo materiale e dunque si riferisce a tutto ciò che è dietro l’apparenza, a tutto ciò che non è possibile spiegare con i principi della ragione.
Questa nuova realtà ci trasmette un senso di smarrimento, perché non siamo immediatamente capaci di interpretarla.

De Chirico ricorda quanto siano importanti per la sua formazione artistica i templi della natìa Grecia, presenze antiche ormai isolate dal contesto storico in cui erano state create.
Nelle opere metafisiche emerge un profondo senso di inquietudine a di malinconia: esse appartengono agli anni che procedono la Prima Guerra Mondiale.
Negli anni che seguono la prima guerra mondiale, molti artisti e intellettuali operano una svolta rispetto alle scelte prevalenti nei primi anni del secolo.
La rivista
Valori Plastici, fondata nel 1918, sollecita il ritorno all’arcaismo dell’arte del Trecento e al classicismo del Quattrocento.
Questo nuovo mondo espressivo manifesta una volontà di fuga del tempo, di rifugio in valori solidi, "dopo che la guerra ha parlato", dice Carlo Carrà, "con la sua voce possente".
Carlo Carrà
Alla fine del 1915 Carrà lasciò il futurismo, dopo che già era maturata in lui una posizione culturale in senso moderno, evidente negli scritti Parlata su Giotto e Paolo Uccello costruttore, pubblicati sulla nuova Voce diretta da De Robertis. Lo fece con profondo dolore,  spinto dal forte desiderio di «identificare la mia cultura con la storia e specialmente con la storia dell'arte italiana». Nel frattempo la guerra coinvolgeva Carrà, prima con una intensa attività interventista, durante la quale conobbe anche Cesare Battisti, e finalmente nel 1917 con la chiamata alle armi. Partì soldato, ma l'esperienza fu dolorosa e negativa: dopo una permanenza a Pieve di Cento, dovette essere ricoverato in un nevrocomio fuori Ferrara per le sue precarie condizioni di salute. Qui ebbe però la possibilità di dipingere: Solitudine, La camera incantata, Madre e figlio, La musa metafisica; parallelamente svolse un'attività letteraria di collaborazione alle riviste di quel tempo, tutti lavori ormai improntati ai concetti della metafisica. A guerra finita la pittura metafisica fu «la ricerca di un più giusto rapporto fra realtà e valori intellettuali», fra «staticità e movimento», nella convinzione che «l'immateriale cerca adeguata forma, e la forma crea la superiore armonia che ritorna all'immateriale». È una stagione breve, che accoglie poche opere: L'ovale delle apparizioni, Natura morta metafisica, La figlia dell'ovest, Le figlie di Loth. Dal 1919 iniziò per il pittore un periodo di calmo e tenace lavoro, grazie anche al matrimonio con Ines Minoja e la collaborazione alla rivista d'arte Valori plastici di Roma, che proseguì fino al1921; al Popolo d'Italia di Milano; dal 1922, in maniera assidua e continuativa fino al 1938, a L'Ambrosiano di Milano, «palestra delle mie molte battaglie in favore dell'arte moderna».
Giorgio Morandi
Dal 1907 al 1913 studiò all'Accademia di Belle arti di Bologna. Paul Cézanne fu il suo maestro ideale e il punto di partenza per l'elaborazione di una nuova cultura formale partecipe delle più avanzate ricerche artistiche contemporanee la cui coerente conseguenza fu il passaggio, negli anni 1914-15, agli spunti formali del cubismo.
Nel 1914 cominciò a esporre: si tenne, all'Hotel Baglioni di Bologna, la famosa mostra a cinque in cui figurarono, al suo fianco, Osvaldo Licini, Mario Bacchelli, Giacomo Vespignani e Severo Pozzati.
L'adesione di Morandi alla pittura metafisica (1918-20) nulla tolse al purismo e alla essenzialità della sua visione. Negli anni Venti le sue opere si fecero più plastiche: cominciò l'epoca delle nature morte, degli oggetti più comuni. Nelle sue tele non c’è nulla di superfluo: non si raccontano storie e anche i suoi paesaggi sono spogli. Tutto è sintetizzato con pochi colori, prevalentemente gli ocra e i bruni.
                             

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