Il Manifesto
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Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini
Nel primo manifesto da noi lanciato l'8 marzo
1910 dalla ribalta del Politeama Chiarella di Torino, esprimemmo le nostre
profonde nausee i nostri fieri disprezzi, le nostre allegre ribellioni
contro la volgarità, contro il mediocrismo, contro il culto fanatico e
snobistico dell’antico, che soffocano l’Arte nel nostro Paese.
Noi ci occupavamo allora delle relazioni che esistono fra noi e la società.
Oggi invece, con
questo secondo manifesto, ci stacchiamo
risolutamente da ogni considerazione relativa e assurgiamo alle più alte
espressioni dell’assoluto pittorico.
La nostra brama di verità non può più essere appagata dalla Forma né dal
Colore tradizionali!
Il gesto per noi, non sarà più un momento fermato dal dinamismo universale:
sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.
Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai
stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per persistenza
della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si
deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così
un cavallo in corsa non ha quattro zampe: ne ha venti e i loro movimenti
sono triangolari.
Tutto in arte è convenzione, e le verità di ieri sono oggi, per noi, pure
menzogne.
Affermiamo ancora una volta che il ritratto, per essere un’opera d’arte, non
può, né deve assomigliare al suo modello, e che il pittore ha in sè i
paesaggi che vuol produrre. Per dipingere una figura non bisogna farla;
bisogna farne l’atmosfera.
Lo spazio non esiste più: una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da
globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi
migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse
incastonata dal disco solare? Chi può credere ancora all’opacità dei corpi,
mentre la nostra acuita e moltiplicata sensibilità ci fa intuire le oscure
manifestazioni dei fenomeni medianici? Perché si deve continuare a creare
senza tener conto della nostra potenza visiva che può dare risultati
analoghi a quelli dei raggi X?
Innumerevoli sono gli esempi che danno una sanzione positiva alle nostre
affermazioni.
Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre, sono una,
dieci, quattro, tre; stanno ferme e si muovono; vanno e vengono, rimbalzano
sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli
persistenti della vibrazione universale. E, talvolta sulla guancia della
persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa lontano,
I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in
noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta
si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.
La costruzione dei quadri è stupidamente tradizionale. I pittori ci hanno
sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo
spettatore nel centro del quadro.
Come in tutti i campi del pensiero umano, alle immobili oscurità del dogma è
subentrata la illuminata ricerca individuale, così bisogna che nell’arte
nostra sia sostituita alla tradizione accademica una vivificante corrente di
libertà individuale. Noi vogliamo rientrare nella vita. La scienza d’oggi,
negando il suo passato, risponde ai bisogni materiali nostro tempo;
ugualmente, l’arte negando il suo passato, deve rispondere ai bisogni
intellettuali del nostro tempo.
La nostra nuova coscienza non ci fa più considerare l’uomo come centro della
vita universale. Il dolore di un uomo è interessante, per noi, quanto quello
di una lampada elettrica, che soffre, e spasima, e grida con le più
strazianti espressioni di dolore; e la musicalità della linea e delle pieghe
di un vestito moderno ha per noi una potenza emotiva e simbolica uguale a
quella che il nudo ebbe per antichi.
Per concepire e comprendere le bellezze nuove di un quadro moderno bisogna
che l’anima ridiventi pura; che l’occhio si liberi dal velo di cui l’hanno
coperto l’atavismo e la cultura e consideri come solo contro la Natura, non
già il Museo!
Allora, tutti si accorgeranno che sotto la nostra epidermide non serpeggia
il bruno, ma che vi splende il giallo, che il rosso vi fiammeggia e che il
verde, l’azzurro e il violetto vi danzano voluttuosi e carezzevoli!
Come si può ancora vedere roseo un volto umano, mentre la nostra vita si è
innegabilmente sdoppiata nel nottambulismo?
Il volto umano è giallo, è rosso, è verde, è azzurro, è violetto. Il pallore
di una donna che guarda la vetrina di un gioielliere è più iridescente tutti
i prismi dei gioielli che l’affascinano.
Le nostre sensazioni pittoriche non possono essere mormorate. Noi facciamo
cantare e urlare nelle nostre tele che squillano fanfare assordanti e
trionfali.
I nostri occhi abituati alla penombra si apriranno alle più radiose visioni
di luce. Le ombre che dipingeremo saranno più luminose de luci dei nostri
predecessori, e i nostri quadri, a confronto di quelli immagazzinati nei
musei, saranno il giorno più fulgido contrapposto alla notte più cupa.
Questo naturalmente ci porta a concludere che non può sussistere pittura
senza divisionismo. Il divisionismo, tuttavia, non è nel nostro concetto un
mezzo tecnico che si possa metodicamente imparare ed applicare. Il
divisionismo, nel pittore moderno, deve essere un COMPLEMENTARISMO
CONGENITO, da noi giudicato essenziale e fatale.
E infine respingiamo fin d’ora la facile accusa di barocchismo, con la quale
ci si vorrà colpire. Le idee che abbiamo esposte qui derivano unicamente
dalla nostra sensibilità acuita. Mentre barocchismo significa artificio,
virtuosismo maniaco e smidollato, l’Arte, che noi preconizziamo è tutta di
spontaneità e di potenza.
NOI PROCLAMIAMO:
1. CHE IL COMPLEMENTARISMO CONGENITO È UNA NECESSITÀ ASSOLUTA NELLA PITTURA,
COME IL VERSO LIBERO NELLA POESIA E COME LA POLIFONIA NELLA MUSICA;
2. CHE IL DINAMISMO UNIVERSALE DEVE ESSERE RESO COME SENSAZIONE DINAMICA
3. CHE NELL’INTERPRETAZIONE DELLA NATURA OCCORRONO SINCERITÀ E VERGINITÀ;
4. CHE IL MOTO E LA LUCE DISTRUGGONO LA MATERIALITÀ DEI CORPI.
NOI PROCLAMIAMO:
1. CONTRO IL PATINUME E LA VELATURA DA FALSI ANTICHI;
2. CONTRO L’ARCAISMO SUPERFICIALE ED ELEMENTARE A BASE DI TINTE PIATTE, CHE
RIDUCE LA PITTURA AD UNA IMPOTENTE SINTESI INFANTILE E GROTTESCA;
3. CONTRO IL FALSO AVVENIRISMO DEI SECESSIONISTI E DEGLI INDIPENDENTI, NUOVI
ACCADEMICI D’OGNI PAESE;
4. CONTRO IL NUDO IN PITTURA, ALTRETTANTO STUCCHEVOLE ED OPPRIMENTE QUANTO
L’ADULTERIO NELLA LETTERATURA.
Voi ci credete pazzi. Noi siamo invece i Primitivi di una nuova sensibilità
completamente trasformata.
Fuori dall’atmosfera in cui viviamo noi, non sono che tenebre. Noi Futuristi
ascendiamo verso le vette più eccelse e più radiose, e ci proclamiamo
Signori della Luce, poiché già beviamo alle vive fonti del sole.
Milano, 11 aprile 1910 |