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I termini economici di utilizzo del nuovo motore erano dettati dalla Boulton & Watt in un terzo del valore del carbone risparmiato rispetto ad un Newcomen di potenza equivalente. M.Boulton e J.Watt ebbero in poco tempo la supremazia assoluta e raggiunsero in altrettanto poco tempo sensibili guadagni. La convenienza nell'uso dei motori Boulton & Watt fece si che gli stessi fossero adottati dalle varie compagnie minerarie senza indugi e nel 1783 in Cornovaglia restava un solo Newcomen ancora in uso (sebbene nelle zone ricche di carbone continuò ad essere utilizzato per molti anni ancora). Dopo un primo periodo durante il quale i contratti proposti da Boulton & Watt erano accettati di buon grado dalle compagnie minerarie queste ultime iniziarono ad incoraggiare e richiedere ai loro ingegneri ed ai vari costruttori nuovi modelli, sistemi o quant'altro fosse possibile per non incorrere nel brevetto di Watt. In risposta a ciò a partire dal 1781, quando viene depositato un brevetto per un motore a doppio cilindro dall'ingegnere Jonhatan Hornblower, una intera generazione di ingegneri si dedicherà alla ricerca di perfezionamenti e nuovi sistemi per lo sfruttamento del vapore. Più tardi nel 1791 Edward Bull, assistito da Richard Trevithick (1771-1833), presentò un motore basato su un semplice cilindro e pistone disposti in verticale sul pozzo senza l'uso del bilanciere andando incontro ad una ingiunzione mossa da J.Watt che nel 1793 gli impedì la costruzione di ulteriori motori. Nel contempo il motore Boulton & Watt fu perfezionato dal suo stesso inventore. Le maggiori innovazioni introdotte si possono brevemente riassumere qui di seguito: l'introduzione del cilindro a doppia camicia con circolazione di vapore (1778), l'applicazione del motore all'argano di sollevamento (1781), l'uso del vapore in espansione (1782) con l'introduzione del doppio effetto ("double acting") utilizzando la forza del vapore su entrambi i lati del pistone sviluppando pompe a doppia asta.
Con lo scadere del brevetto di J.Watt nel 1800 i costruttori e gli ingegneri furono liberi di poter sperimentare le loro idee senza incorrere in lunghe tediose e costose cause legali, altrettanto liberi di scegliere e finanziare furono le società minerarie. Tutto ciò non senza prima sfruttare a fondo i motori Watt per i quali non era più dovuto nessun compenso sul brevetto, per, infatti, quasi dieci anni le novità furono poche ed i motori rimasero quasi invariati. Si cominciò a sfruttare il vapore in pressione seguendo le indicazioni di R.Trevithick il quale propose nel 1812 la caldaia Cornovaglia capace di pressioni sino a 40-50 psi (275-350kPa) in sostituzione delle precedenti dette a "vagone" di forma parallelepipeda allungata con il tetto arrotondato (pressione c.ca 5psi, 35kPa) e delle caldaie Woolf tubolari in ghisa brevettate nel 1803. La caldaia Cornovaglia Trevithick classica è un contenitore cilindrico allungato con il focolare ricavato in un lungo tubo, anch'esso cilindrico, disposto parallelo all'asse della caldaia ed interno ad essa. Lo stesso R.Trevithick descriveva la sua invenzione con le parole: "..my predecessors put their boiler into the fire, I have put my fire into the boiler..". L'invenzione di Trevithick fu cruciale per lo sviluppo dei successivi motori a vapore, che furono in grado di operare con vapore ad alta pressione.Sempre all'inizio dell'800, nello spirito di aumentare l'efficienza delle pompe a vapore, l'ingegnere J.Lean introduce, alle miniere Crenver, la prima serie di pompe "plunger" collegate all'asta di un motore da 70"(8'3"x7'3") lungo un pozzo di 140 fathoms (c.ca 260m) aumentandone l'efficienza di eduzione con una sensibile diminuzione dei tempi e costi di manutenzione. Sino ad allora, infatti, venivano generalmente utilizzate pompe a pistone con valvola ("bucket pump"). Nello stesso periodo appaiono i primi bilancieri in ghisa in sostituzione dei precedenti compositi in legno e piano piano inizia a delinearsi il classico motore Cornovaglia a bilanciere: "The Cornish beam engine".
Può, a questo punto, essere utile fare seguire una sommaria descrizione del funzionamento dell'apparato di pompaggio denominato "Cornish pitwork". All'estremo del bilanciere affacciato sulla bocca del pozzo è fissata una lunga asta verticale che raggiunge il fondo del pozzo. L'asta è costituita da una serie di pali squadrati in legno (lungh. c.ca 18m caduno) a sezione decrescente giuntati e snodati tra loro. Nel caso di pozzi non perfettamente verticali, o inclinati, l'asta viene fatta scorrere su serie di rulli o guide in modo da diminuire l'attrito durante il moto alternato impresso dal bilanciere (corsa c.ca 3m). Per bilanciare l'enorme peso di tale asta, in superficie ed in profondità, in diversi punti, vengono collegati alla stessa dei contrappesi a bilanciere ("balance bob"). All'estremo inferiore dell'asta è collegato un pistone munito di valvola ("bucket lift") che, tramite un pescaggio ed una tubazione verticale, pompa l'acqua verso l'alto (c.ca 50-60m); l'acqua giunge, quindi, in una prima vasca dalla quale una pompa a stantuffo ("plunger lift") attinge per ripompare verso la successiva soprastante, e così sino alla superficie. La pompa "plunger" è essenzialmente costituita da uno stantuffo, in metallo, parallelo e solidale all'asta principale, un cilindro metallico entro cui scorre ed un sistema di due robuste valvole a tazza ("clack valves") in grado di garantire buona tenuta (tramite guarnizioni in pelle di bufalo o ippopotamo) e disposte in maniera tale che ad ogni movimento verticale dell'asta la serie dei pistoni lungo il pozzo muova verso l'alto sempre la stessa quantità d'acqua corrispodente alla cilindrata degli stantuffi.
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