Non molti anni orsono, specialmente dai più piccini,
veniva cantata una simpatica filastrocca che voleva sottolineare I' importanza del fiore
ai fini dell'ottenimento del legno necessario per la fabbricazione di un tavolo: "per
fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l'albero, per fare l'albero
ci vuole il seme, per fare il seme ci vuole il frutto, per fare il frutto ci vuole il
fiore...per fare un tavolo ci vuole un fiore". Anche per noi, amanti delle piante
succulente, delle quali apprezziamo forme, colori e stile di vita, i fiori rappresentano
un elemento di grandissima importanza. Infatti, il momento della fioritura delle nostre
piante non solo costituisce un'emozione straordinaria ma ci riempie anche di gioia e,
perchè no, di orgoglio e soddisfazione in quanto è la dimostrazione che siamo riusciti,
magari dopo anni di attenzioni e di paziente attesa, a portare a termine un'avventura,
spesso ardua e impegnativa, iniziata con l'acquisto di una piantina o la nascita di un
minuscolo semenzale.
Ma oltre a essere importante per le sensazioni che è in grado di regalarci, la
fioritura ci permette di realizzare un'altra grande aspirazione di un vero amatore, quella
di riuscire a riprodurre e a moltiplicare per seme le nostre piante.
Queste note, frutto di un'esperienza quasi trentennale, vogliono dare alcuni
suggerimenti a coloro che desiderino cimentarsi nell'impresa di riprodurre da se le
proprie piante.
Per poter ottenere dei frutti e, quindi, dei semi dalle nostre piante, è generalmente
necessario poter disporre di almeno due (meglio se di più) esemplari della stessa specie
(sottospecie o varietà) in "forza da fiore" e che appartengano a
"cloni" diversi (che siano, cioè, nati da semi diversi). Questo perchè la
natura, per favorire al massimo la variabilità genetica (grazie alla quale gli individui
sono in grado di adeguarsi più agevolmente al mutare delle condizioni ambientali), adotta
tutta una serie di strategie atte a impedire lautogamìa (il processo di
autofecondazione) che porterebbe la discendenza ad avere lo stesso patrimonio genetico
dell'unico genitore. Queste strategie possono essere di natura fisica (ad esempio, la
lunghezza dello stilo supera quella dei filamenti degli stami) o biochimica (ad esempio,
sullo stigma è presente un inibitore della germinazione dei granuli pollinici prodotti
dalla stessa pianta) o fisiologica [ad esempio, le antere maturano prima che lo stigma
diventi "ricettivo" (protoandrìa) o viceversa (protoginìa); i
fiori maschili e femminili sono prodotti da piante diverse (diecìa)].
E ovvio che, come tutte le regole, anche quella della eterogamìa ha le sue brave
eccezioni (sono autogame, ad esempio, alcune specie di Notocactus, alcune Asclepiadaceae,
qualche Ferocactus, Setiechinopsis mirabilis, le specie di Melocactus,
alcune Aloe, ecc.), che l'amatore attento sarà ben presto in grado di scoprire da
se (la letteratura specializzata non sempre fornisce questa informazione). Vi sono poi
delle specie, dette cleistogame ("che si congiungono di nascosto in matrimonio")
in cui, per autofecondarsi, il fiore non ha nemmeno bisogno di schiudersi, per cui si
passa direttamente dal boccio al frutto. Famosi a questo riguardo sono i generi Frailea
(la maggior parte delle specie è cleistogama) e Anacampseros. Comunque, anche nel
caso delle specie in cui è possibile l'autofecondazione, è preferibile ricorrere alla
fecondazione incrociata che produce seme più abbondante e vitale e una discendenza più
robusta. Potrebbe, tuttavia, accadere che si disponga di un unico esemplare di una specie
autosterile di pregio e rara che si desideri moltiplicare per seme; ebbene, anche in
questo caso è possibile fare qualche cosa per abbattere alcune delle barriere che si
oppongono all'autofecondazione. Ma di questo parleremo in seguito.