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Storia della Calabria
Raffaele Sammarco
Fra gli uomini illustri che onorano la nostra Terra emerge la figura di
Raffaele Sammarco - poeta, scrittore, giornalista e maestro.
Della sua morte, avvenuta a Reggio Calabria l'8 giugno 1931 - dove riposano le
spoglie mortali, rimangono memorabili il dolore e le testimonianze
d'affetto.
L'epigrafe incisa nella lapide del cimitero sintetizza le virtù del personaggio:
"In dedizione assoluta agli altissimi umani ideali insegnò che nella vita
si opera in umiltà al servizio del bene; luce perenne allo spirito degli eletti
doloranti, le virtù qui si sono date convegno sussurrando ai passanti che la
fiamma del suo grande cuore e del suo grande intelletto arde robusta ancora e
sempre alimentata dal suo spirito immortale per la famiglia, la scuola, la
patria".
Nato a Varapodio (Reggio Cal.) il 14 ottobre 1866 da Giacomo e Maria Annunziata
Carbone, Raffaele Sammarco intraprese gli studi sotto la guida degli zii
sacerdoti don Carmelo e don Giuseppe Sammarco.
Passò, quindi, nel Seminario di Oppido Mamertina dove rivelò le sue doti di
poeta e un comportamento esemplare che gli procurarono l'ammirazione e la
benevolenza di tutti. Tra questi, mons. Carmelo Puija che sarà
arcivescovo di Reggio Calabria. Lasciato il Seminario, nel 1884 conseguì la
licenza ginnasiale a Monteleone (oggi Vibo Valentia) e nel 1886 quella liceale a
Reggio Calabria. A 20 anni conosceva già cinque lingue: latino, greco, tedesco,
inglese e francese. Di tale periodo sono le poesie francesi e inglesi:
Delicta juventutis.
Nel 1888 prestò il servizio militare a Napoli, Verona e Roma come allievo
ufficiale, congedandosi nel 1891 col grado di sottotenente.
A Roma tentò di pubblicare un settimanale letterario umoristico La
macchietta, che fallì perché il finanziatore sparì dalla circolazione.
Trasferitosi a Messina si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, sostenendo
nel 1895 ben sedici esami speciali in unica sessione. Indossata la toga, difese
egregiamente la prima ed unica causa in Corte di Assise. Nella città siciliana
si dedicò pure al giornalismo con il ruolo di redattore capo della Gazzetta
di Messina e delle Calabrie (1894); successivamente fondò e
diresse un quotidiano che ebbe breve durata a causa del terremoto del 28
dicembre 1908. Alla laurea in legge, si aggiunse due anni dopo nello stesso
Ateneo quella di lettere - divenendo professore (1897). Giovanni
Pascoli, ivi docente, lo definì il forte e pensoso
Sammarco. Ottenne un primo incarico d'insegnamento al Real Convitto
messinese Dante Alighieri, prima di divenire direttore del Ginnasio e
della Scuola tecnica annessa. Conferenziere applaudito nei teatri e nelle
piazze, fondò con Mandalari e Visalli l'Associazione Pro Calabria con
sede a Roma e rappresentanze nei maggiori centri della nostra Regione.
S'impegnò con tenacia alla ricostruzione di Reggio e Messina, distrutte dal
sisma, tornando anche alla Gazzetta che rivide la luce al sorgere delle
prime baracche. Le autorità di Messina - affinché riordinasse le scuole - gli
affidarono l'incarico di Provveditore agli Studi. Vinse, quindi, il concorso per
una cattedra di lettere a Trapani (1913) e a Reggio (1914) ove rimarrà fino alla
morte. Ricoperse altre importanti cariche in seguito allo scoppio della prima
guerra mondiale e nel 1922 divenne a Roma segretario particolare del Ministro
delle Poste e Telegrafi.
Ma sia perché non era quella la sua tendenza sia perché infermo, fece ritorno a
Reggio dove la sua laboriosa esistenza fu stroncata da un male incurabile.
Nella vita di Sammarco vanno considerati due momenti: quello giovanile nel quale
si rivela poeta e scrittore e l'altro dell'età matura che lo vede filosofo e
maestro. Dei suoi scritti poetici segnaliamo: Poesie e prose varie (in
lunedì della Gazzetta sotto lo pseudonimo di Hierros); Delicta
Juventutis; Carmina (versi in latino); Poesie (circa 70
sparse su diverse riviste), raccolte dal fratello Gianfrancesco e pubblicate a
cura di Nicola Giunta. A giudizio di quest'ultimo, quella di Sammarco è
"poesia che nasce da un'educazione classica e in cui è contenuto il fresco
dei suoi tempi, che potevano dirsi moderni, come fantasia e sentimento: la
poesia di un uomo che si diede ordinatamente una cultura e selezionatamente
un'educazione, passando dal rigore dei greci e dei latini ai Maestri
dell'ottocento...".
Nella lirica A se stesso si risente la dolorante pensosità del
Leopardi: "O mio cuore infelice, / datti pace oramai. / Il tanto vaneggiar,
dimmi, che giova? / O cuore mio, non sai / il proverbio che dice: / bene perduto
più non si ritrova? / Nostro tempo felice / passò. Giorni di sol, per sempre
addio! / Candidi soli de l'età mia nova, / su voi sceso è l'oblio".
Nel Primo amore, il poeta descrive con tenerezza la sua donna:
"Agile ell'era, giovinetta e bella, / viso di un cherubino innamorato, /
limpidi e neri gli occhi di gazzella / e la bocca parea fior di granato; / onde
dolce e soave la favella / e il respiro ne usciva profumato, / quando al nome
gentile rispondea / de la più bella giovinetta ebrea".
In Idillio esalta la generosità della natura: "O misero colui che
le dolcezze / dei campi ignora, e cosa indegna estima / di cittadino abitator la
terra / bella d'erbe feconda e opimi còlti!".
Di Sammarco letterato ricordiamo: Mulini a vento (un centinaio di
servizi apparsi sulla Gazzetta sotto lo pseudonimo Vice-Tristam
Shandy); articoli politici, economici, letterari pubblicati nell'Ora di
Palermo, nel Giornale d'Italia, in Calabria vera e in
altre rassegne.
Per comprendere la grandezza di Sammarco basta leggere le affermazioni di Nicola
Giunta: "La sovranità della mente, la forza del carattere, l'indipendenza
del giudizio avevano fatto di lui, più che un insegnante, per quanto riguardava
la tecnica, un educatore, un formatore di coscienze, un Maestro, per cui egli
era qui qualche cosa come la eretta sovrastante colonna, la più alta e vivida
fiamma, il maestro fra i maestri, il primus inter pares".
Numerose iniziative furono promosse nel tempo per ricordare il nome di Sammarco.
Così, nel primo anniversario della morte, a cura del Comitato reggino dei
giornalisti, venne inaugurato presso la Biblioteca Comunale del capoluogo
calabrese un mezzo busto del nostro personaggio, opera del prof. Giovanni
Calafiore. Per l'occasione, In memoria di Raffaele Sammarco, fu
pubblicato anche un libro (1932) che raccoglie - fra l'altro - i giudizi della
stampa e delle personalità del mondo politico, letterario e scientifico sul
nostro poeta, letterato e maestro; tre alte doti che, permeate da una sentita
umanità, da una grande bontà e da una profonda umiltà, lo resero un
"grande" nel vero senso della parola. A tal proposito, come lo definì
il prof. G. Ferrari dell'Università di Bologna, Sammarco "fu un'alta
intelligenza e soprattutto un gran cuore. Il suo cuore fu sempre vicino agli
umili, ed egli fu umile nel senso evangelico della parola. Onestà fu la sua
umiltà, vivo senso del dovere, desiderio di perfezionarsi e di
donarsi".
Domenico Caruso
Bibliografia essenziale:
1 - Raffaele Sammarco, Poesie (con prefaz. di N. Giunta) - Edizioni
Febea, RC - 1956.
2 - Antonino De Masi, Varapodio ieri e oggi - (Fatti, personaggi e
costumi) - Amm. Comunale di Varapodio (RC), 1990.
3 - Dagli appunti gentilmente offertimi (con foto) dal nipote Roberto
Sammarco.
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