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I pensieri e le riflessioni raccolte in questo testo sono maturati nel corso di alcuni anni di lavoro accanto a coloro che si sono trovati nella vita a condurre la difficile e grama esistenza di "senzatetto".* Non sono state svolte indagini e ricerche statistiche, né sono stati raccolti dati o elaborate analisi e valutazioni sociologiche, non è nemmeno stato seguito un particolare e strutturato procedimento scientifico. Quanto è scritto è semplicemente il frutto dell'esperienza, della conoscenza personale, della faticosa e incerta relazione quotidiana con un'umanità così strana, titubante e diffidente come le persone che non hanno un tetto e che vivono ai margini delle strade e delle piazze, esposte ininterrottamente agli sguardi disattenti dei passanti, che di solito non si accorgono della loro disadorna e silenziosa presenza. La scrittura è scaturita da tre desideri. Il primo è di dar voce a questi uomini e donne che sanno vivere la loro dura e grave condizione esistenziale nella solitudine e nel silenzio. Il secondo desiderio è quello di suscitare nei confronti dei senzatetto un atteggiamento rispettoso, un sentimento di accettazione e un profondo riconoscimento umano. Il terzo e più alto desiderio è di accendere un faro sul mondo dei senzatetto affinché illumini lo sguardo di politici, di volontari, di passanti, di quegli uomini e donne di buona volontà che possono realizzare qualche piccola ma utile azione per alleggerire la povertà e alleviare la fatica di vivere dei vagabondi. Siamo profondamente convinti che ognuno viva la sua vita così come la può vivere e che l’esistenza di un emarginato non abbia né più valore né meno significato di quella di ogni altro essere umano ricco o povero, bello o brutto, colto o ignorante che sia. Crediamo inoltre, che se guardassimo questi strani e poveri personaggi con curiosità umana, con sguardo attento e con un sentimento di empatia scopriremmo che anch’essi hanno diverse cose da comunicare e preziosi messaggi da trasmettere. In fondo, i problemi concreti e le questioni esistenziali che i senzatetto attraversano non sono tanto difformi da quelli che si impongono a tutti gli altri uomini, indipendentemente dalla ricchezza o dalla povertà, dalla cultura o dall’ignoranza, dalla buona o cattiva educazione ricevuta. Per i senzatetto, privi come sono di sovrastrutture, di schermi protettivi e di maschere offuscanti, qualunque questione pratica ed esistenziale viene enormemente amplificata, e perciò diventa immediatamente visibile ed evidente. Questo permette di vedere riflessi in loro aspetti dell’esistenza che riguardano anche la nostra vita, che sono anche parte di noi, e sui quali magari non siamo soliti soffermarci. Pensiamo ad esempio alle tematiche connesse al fluire del tempo, all’accettazione di quello che l’esistenza ci porta o ci sottrae, al bisogno d’amore, all’attaccamento alle cose, all’ansietà del fare, alla rimozione della sofferenza e ai grandi interrogativi sul senso delle cose, del quotidiano, della vita. L’esperienza dei barboni è un forte richiamo a riflettere su queste importanti questioni, che costituiscono la trama e il sapore della vita umana. Infine confidiamo che cresca nei nostri cuori un sentimento di empatia e di benevolenza verso i poveri che incontreremmo lungo i margini del nostro cammino, e la disponibilità a offrire a loro qualche cosa, anche solo la bontà di un sorriso affettuoso.* I senzatetto di cui si parla in questo testo sono persone di nazionalità italiana perlopiù residenti anagraficamente a Verona come "senza fissa dimora", altri erranti da una città all'altra. Le condizioni e le problematiche dei senzatetto di altre nazionalità, immigrati in Italia per cercare lavoro, sono totalmente differenti. |
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