da Galileo - Giornale di Scienza e Problemi globali
Anno VI - n° 39 17 novembre
2001
INQUINAMENTO
Una centrale termoelettrica, molti dubbi
di Michele Fabbri e Francesca Noceti
Non si sa se è necessaria, ma si sa che potrebbe avere un forte impatto ambientale.
Inquinamento dell'aria, piogge acide, alterazione del microclima: potrebbero essere questi
gli "effetti collaterali" della nuova centrale termoelettrica che Merloni Progetto
Energia e Foster Wheeler Italia intendono costruire presso il Polo chimico di Ferrara,
già affollato di industrie classificate dalla Protezione civile "a rischio di
incidente rilevante". A soli quattro chilometri dal centro storico di una città
nominata dall'Unesco "patrimonio dell'umanità". E ad altrettanti quattro
chilometri dai fragili argini del Po. Il nuovo impianto, un turbogas da 800 megawatt a
ciclo combinato e cogenerazione, sostituirebbe una delle centrali termoelettriche
attualmente esistenti all'interno del Polo chimico, che eroga 60 megawatt di potenza. C'è
una grande sproporzione tra il fabbisogno di energia delle industrie presenti nel Polo
chimico e l'offerta della nuova centrale.
A fronte di una domanda, da parte della imprese, di 100 megawatt, la centrale Merloni-Foster Wheeler ne
fornirebbe 800.
Per produrre tutta questa energia la centrale
brucerà 108 tonnellate all'ora di metano. Che è, tra i combustibili fossili, quello che
produce meno anidride carbonica; ma l'aumentata potenza degli impianti porterà a un
incremento annuo di duemilioni e 600mila tonnellate di CO2 rispetto a quanto emesso
attualmente. Almeno stando ai dati forniti dalla ditta costruttrice con la certificazione
Emas - "Eco management and audit scheme" - relativa alle vecchie centrali.
L'aumento di CO2 è il principale imputato delle variazioni climatiche prodotte
dall'effetto serra. Gli accordi internazionali di Kyoto sul clima prevedono che, per
ottenere la riduzione su scala globale delle emissioni, ognuno si impegni a ridurre le
proprie. Un criterio efficiente sarebbe quello di utilizzare fonti non inquinanti
(fotovoltaico, eolico e così via), limitare i consumi e non produrre più del necessario.
Ma quanto è il "necessario"? Al momento non esiste un Piano energetico per
l'Emilia Romagna. Ma la nuova centrale,
da sola, coprirebbe più della metà del deficit regionale stimato da Legambiente. "In mancanza di
un piano energetico regionale - afferma Luigi Rambelli, presidente di Legambiente per
l'Emilia Romagna - Legambiente assume una posizione negativa nei confronti della
costruzione di nuove centrali". Incluse quelle a gas naturale. Per avere un'idea
dell'impatto ambientale si consideri che, per "sequestrare" tutta la CO2 emessa
in più, sarebbe necessario piantare, secondo le stime della Regione Emilia Romagna e
dell'Istituto sperimentale di pioppicoltura di Casale Monferrato, 325mila ettari di
pioppeto. Per questa funzione di "polmone verde" i costruttori destinano solo
tre ettari.
Anche le emissioni di vapore acqueo, in un clima caratterizzato dalla forte presenza di
nebbia, rischia di essere significativo: saranno 370mila i metri cubi di vapore emessi
ogni ora dalla nuova centrale.
Infine gli ossidi di azoto, altra emissione delle centrali a combustibili fossili, per cui
il centro di Ispra segnala il rischio per "persone anziane, bambini e soggetti con
problemi di asma o patologie respiratorie". Rispetto all'obiettivo dichiarato di
ridurre la loro emissione nei confronti della situazione attuale, il documento prevede
diversi scenari, in nessuno dei quali però l'obiettivo sembra raggiungibile. Se si
considera uno scenario realistico e si accettano le migliori stime di efficienza proposte
dal rapporto, si produrrebbero ogni anno 220 tonnellate di ossidi di azoto in più
rispetto alla situazione attuale, un aumento cioè delle emissioni pari al 20 per cento.
Il problema delle centrali elettriche sta esplodendo in tutta Italia, e il caso
dell'Emilia Romagna non è che uno tra i tanti. Ad Aversa (Napoli) sono stati presentati i
progetti di tre centrali termoelettriche (uguali per potenza e tecnologia a quella
prevista per il Polo chimico), un'altra doveva essere costruita nel Bellunese e altre due
in Calabria. La costruzione delle centrali campane e di quella veneta è stata bloccata,
grazie anche all'intervento del Wwf. "Il funzionamento pulito delle centrali
termoelettriche", afferma Alessandro Gatto, consigliere Wwf per la Regione Campania,
"è praticamente impossibile, e gli elementi di alterazione ambientale non si
limitano alla zona dove sorgono le centrali. Per questo chiediamo che la politica
energetica nazionale compia uno sforzo maggiore per iniziare ad abbandonare la strada
della produzione di energia dai combustibili fossili". E il dibattito comincia ad
animarsi anche in Rete. Nel sito "Centrali
termoelettriche" il "Comitato centrale nograzie" di Crevalcore
(Bo) invita tutti i tecnici e gli specialisti del settore energia e ambiente a un
confronto con i cittadini su questo delicato problema.
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