Animazione
Si è incominciato a usare in Italia la parola “animazione” all'inizio degli anni Settanta, in teatro e in educazione, con un significato che riprendeva e ampliava il francese “animation”: un modo, un metodo di “dare anima” a ciò che le persone hanno dentro, alle loro personali risorse, per fare cose e crescere insieme. Durante una esperienza di animazione più che il prodotto è importante il processo, l'osservazione e la scoperta da parte di ognuno del potere delle nostre azioni, relazioni reciproche, parole, osservazioni, per conoscere ed esprimerci in un modo “naturale”. *
Il modo naturale dei bambini è il gioco, osservare le cose e immaginarle con emozione, provare e vedere, “sperimentare” il mondo all'interno del gruppo omogeneo dei bambini. L'adulto è presente per fornire idee e stimoli iniziali, intervenire nel caso a chiarire cose durante il lavoro, porsi come punto di riferimento e arbitro del gioco in modo da garantire il rispetto delle regole e la partecipazione effettiva di tutti. L'adulto poi cura la raccolta, l'organizzazione dei risultati. E il premio per chi partecipa nel gruppo non è arrivare primo a imparare la “lezione”, ma scoprire in ogni momento qualcosa di nuovo e interessante da fare, da provare, qualcosa su cui studiare o lavorare, divertendosi e collaborando con gli altri e, alla fine, produrre.
Animazione sull'ambiente, o sull'uso dei computer, è soprattutto scoperta: scoperta
di tutti gli “indizi” che un albero lascia di sé nel parco (non necessariamente gli
stessi citati in un libro), e scoperta delle possibilità che i computer offrono ad
ognuno di noi (non necessariamente le medesime procedure da apprendere uguali per
tutti, le stesse o le sole? -
* Sul movimento dell'animazione teatrale, ho scritto ampiamente in Paolo Beneventi,
Introduzione alla storia del teatro ragazzi, Ponte alle Grazie, Firenze 1994, e sull'animazione
più in generale in Paolo Beneventi -
