Home (Premessa & Preambolo) La Ferrovia Treviso - Belluno "1886" La Ferrovia Belluno - al Cadore "1914" La Ferrovia delle Dolomiti "1921" La Ferrovia Bribano - Agordo "1924" La Ferrovia Vittorio Veneto - Ponte delle Alpi "1938" Disclaimer Contatto e-mail LA STORIA DELLA FERROVIA BELLUNO - CALALZO "Ferrovia del Cadore" 1912 - 1913 - 1914 |
Prima dell’inaugurazione della Treviso-Belluno, il giornale locale “La Voce del Cadore” aveva invano spinto la discussione ferroviaria per portare il capolinea nell’alta valle del Piave; a giochi ormai conclusi i cadorini dovettero accettare il triste fatto d’essere stati esclusi definitivamente dai commerci e dai collegamenti ferroviari. Un territorio popolato da oltre 60.000 persone, molte costrette ad emigrare a valle per sopravvivere, strutturato con buone possibilità di sviluppo grazie al commercio dei legnami, si trovava ancora una volta abbandonato a se stesso. Nel 1909 la Società Veneta, approfittando della "Legge Bertolini", presentò un nuovo progetto per il prolungamento della ferrovia Treviso-Belluno fino a Calalzo. Si trattava sostanzialmente di una ferrovia ad armamento leggero e a scartamento standard che agli occhi del “Comitato per la Ferrovia del Cadore” sembrò quasi un insulto, tuttavia questa sarebbe stata meglio del nulla. La Società Veneta imponeva però la libertà delle tariffe per passeggeri e merci, da modificarsi a discrezione del gestore; in questo modo parvero ridursi i vantaggi economici locali che sarebbero stati assoggettati al controllo d’una società privata e così all’asta per l’assunzione dei lavori non si presentò alcuna impresa. Il governo, ormai interessato al prolungamento della ferrovia, dovette intervenire; il ministro Rubini, succeduto al Bertolini, fece in modo che la linea entrasse tra quelle a progettazione e a gestione statale. Furono apportate delle nette modifiche al progetto della Società Veneta; l’impresa di costruzioni ferroviarie del Colonnello Conti si aggiudicò i lavori per il primo tronco fino a Longarone, gli stessi iniziarono il 13 marzo del 1911. A Longarone si era organizzata una festa per l’apertura dei lavori nei pressi della frazione di Villanova; alle nove e trenta del mattino davanti ad una folla di 800 abitanti vennero fatte esplodere tre mine in corrispondenza del futuro imbocco della galleria dirimpetto al Maé. I lavori procedettero tanto celermente che l’8 agosto del 1912 il primo treno raggiunse la nuovissima stazione ferroviaria di Longarone. Da li in poi la costruzione avvenne per opera dell’impresa Conti & Vecchi; il secondo lotto di lavori sino a Perarolo necessitava di moltissime opere d’arte, gallerie e ponti soprattutto; il nuovo tronco fu comunque aperto all’esercizio il 5 giugno del 1913. Sul terzo lotto sorsero dei problemi quando una relazione del noto geologo Dal Piaz, consigliere provinciale, introdusse delle ombre sulla solidità delle gallerie sopra Perarolo e delle sponde in corrispondenza del viadotto sulla “Busa del Cristo”. Il Ministero dei lavori pubblici dovette inviare in zona alcune commissioni d’indagine; alla fine fu concessa l’idoneità all’esercizio e il 18 maggio 1914 i treni arrivarono a Calalzo. L’inaugurazione fu un ripetersi della festa già osservata nel 1886, con l’apertura della strada ferrata “Treviso-Belluno”, con la folla che gremiva ogni stazione e un convoglio lunghissimo composto da tantissime carrozze trainate da due vaporiere alle quali se ne aggiunse una terza a Perarolo di Cadore. |
La vecchia stazione
di Belluno venne disabilitata; quella nuova nei pressi di San Gervasio si raggiungeva 600 metri oltre il casello di scambio con quella dimessa. L'immagine risale agli anni '30. (Foto da cartolina d’epoca) |
Dopo la galleria lunga 180 metri appena oltre
la nuova stazione, si raggiunge il grande ponte in muratura sul torrente Ardo, 160 metri di lunghezza, 33 d’altezza, otto arcate da 20 metri, un vero colosso dell’ingegneria ferroviaria. (Foto da cartolina d’epoca) |
|
|
La linea prosegue sulla pianura dell’Oltrardo,
costeggiando la strada nazionale (odierna statale 50) sino alla stazione di Ponte nelle Alpi/Polpet. (Foto da cartolina d’epoca) |
Il panorama diviene sempre più affascinante, complice il dislivello che seguita a crescere. Oltre alle vedute si possono ammirare le opere come il ponte curvo a Molin dei Frati, quello sul rio della Pissa, la stupefacente cascata del Salt del Lovo; nella foto una galleria nei pressi di Fortogna. (Foto da cartolina d’epoca) |
Il paese di
Fortogna viene attraversato dalla ferrovia prima della sperduta stazione di Faé; nella foto si può notare un caratteristico casello della Ferrovia del Cadore. (Foto da cartolina d’epoca) |
Il vecchio ponte in
ferro sul torrente Maé, località Villanova di Longarone. (Foto da cartolina d’epoca) |
Longarone/Zoldo
durante i primi anni d'esercizio. (Foto
da cartolina d’epoca) |
La stazione di Longarone com’era prima della
mostruosa devastazione del 9 ottobre del 1963 quando l’intera zona fu rasa al suolo dall’immane ondata straripata dalla diga del Vajont. (Foto archivio & © by FS) |
Da Longarone a Perarolo la ferrovia venne costruita sulla parte più impervia della valle del Piave, da un lato la montagna imponente e dall’alta il paesaggio sottostante. E’ anche la tratta più bella con molti paesaggi mozzafiato e strutture ferroviarie snodate, composte da brevi rettifili e soprattutto da curve e tornantini con raggi minimi di 250 metri. Curve e controcurve sono spesso protette dai sostegni in muratura o realizzate sui cavalcavia, la pendenza raggiunge una media del 15%o; la linea in alcuni punti è arroccata a picco su piccoli burroni dai quali si scorge di tanto in tanto il fiume e la Strada Nazionale (odierna Statale 51). Nel percorso di appena 15 chilometri si era reso indispensabile la costruzione di 29 gallerie corte con uno sviluppo complessivo di circa tre chilometri e mezzo. Prima di Ospitale di Cadore la valle s'apre come un quadro naturalistico con la bella cascata del Tovanella che sorprende velocemente a raso del percorso; dopo Ospitale la valle si restringe nuovamente nella chiusa del Rucorvo. Un tempo alla stazione di Ospitale vi era un gran via vai di carri legname, in quei luoghi le segherie e l’industria del legno erano assai fiorenti, oggi invece Ospitale si presenta come una sperduta stazione di montagna, ha perso l’antico fascino dettato dal brillante commercio dell'importante materia prima ed è divenuta una fermata decisamente anonima. Otto chilometri separano quest’ultima stazione da quella di Perarolo; dopo Perarolo nel 2003 è stata costruita una nuova galleria per il superamento del Monte Zucco, la variante è lunga complessivamente 3 chilometri (2700 m. in galleria con pendenza del 25%o) e taglia due tornanti della vecchia linea e la preesistente galleria di 1140 metri. Grazie alla variante finanziata dalle FS e dalle Regione Veneto si è messo definitivamente fine ad un problema che per anni aveva afflitto il trasporto su rotaia nella zona; in passato molte frane e cedimenti del terreno avevano imposto la chiusura della linea in questo punto, oggi con la nuova galleria si è superato con grande gioia di tutti il problema dell’instabilità geologica. Altri 11 chilometri e la ferrovia raggiunge il capolinea di Calalzo/Pieve di Cadore sopra la valle Orsina; in quest’ultimo passaggio si costeggia oggi la sponda sinistra del lago artificiale di Sottocastello, “Lago di Centro Cadore”. In totale si sono percorsi da Belluno 44 Chilometri tutti in ascesa toccando con ordine le stazioni di : Ponte nelle Alpi/Polpet, Faé/Fortogna, Longarone/Zoldo, Castello Lavazzo, Ospitale, Perarolo, Sottocastello/Tai, Calalzo (capolinea). Ritornando al quel fatidico 15 maggio 1914, è curioso ricordare come molti abitanti della valle del Boite avessero lottato per avere una stazione in zona Sant’Andrea dopo Perarolo; non avendo ottenuto quanto chiedevano, il giorno del passaggio del treno inaugurale, molte persone si radunarono sul binario proprio nei pressi di S.Andrea obbligando il convoglio a fermarsi. La dimostrazione fu breve e pacifica, il treno riprese la sua corsa giungendo a Calalzo con un ritardo di 30 minuti; la cosa ebbe un rimbombo tale sulla stampa che le FS acconsentirono ad allestire una fermata nell’omonima località per permettere all’utenza proveniente dalla valle del Boite di servirsi del treno. La fermata di S.Andrea funzionò dal 16 ottobre del 1914 fino alla fine del 1925, poi venne soppressa. |
Fermata di Castello
Lavazzo con relativo passaggio a livello ed imbocco di galleria. |
Ponte e galleria
di Tovanella, 302 metri. (Foto da cartolina d’epoca) |
Il viadotto di Ospitale con la cascatella di Valbona. (Foto da cartolina d’epoca) |
Convoglio
trainato da una 740 in ingresso alla stazione di Ospitale, si noti il cavalcavia stradale in pendio. (Foto archivio & © by FS) |
Nella foto il primo treno arrivato alla stazione
di Perarolo, anno 1913. |
|
|
Altra immagine della stazione di Perarolo
ripresa durante i primissimi anni d’esercizio. (Foto da cartolina d’epoca) |
Sbocco del treno dalla vecchia galleria oltre Perarolo. (Foto da cartolina d’epoca) |
Ponte in ferro lungo la Cavallera nei pressi di Perarolo. (Foto da cartolina d’epoca) |
Galleria della Cavallera alle pendici del
monte Dubiea. (Foto da cartolina d’epoca) |
Grande viadotto sul Boite. (Foto da cartolina d’epoca) |
Viadotto sulla “Busa del Cristo” e Galleria sotto il Crode. (Foto da cartolina d’epoca) |
|
|
Sbocco dalla galleria di Sottocastello, attualmente
sulla destra è visibile l’omonimo lago artificiale. (Foto da cartolina d’epoca) |
Sbocco dalla galleria di Tai. (Foto da cartolina d’epoca) |
|
|
Il più grande
viadotto ferroviario sopra la valle di Tai. (Foto da cartolina d’epoca) |
Ferrovia nei pressi di Calalzo, in lontananza
l’ultima casa cantoniera con relativo passaggio a livello. (Foto da cartolina d’epoca) |
La stazione capolinea di Calalzo nei primi
anni d’esercizio, importante centro per la fabbricazione degli occhiali ed oggi stazione climatica molto battuta dagli amanti della montagna. (Foto da cartolina d’epoca) |
Altra visuale della stazione di Calalzo con
fotomontaggio di un treno in partenza; il duplice nome del capolinea è oggi un lontano ricordo infatti il comune di Pieve dista circa 2 Km dalla stazione. (Foto da cartolina d’epoca) |
Un vecchio locomotore D.342 con convoglio
proveniente da Roma in arrivo alla stazione di Calalzo, inverno del 1968. (Foto archivio & © by FS) |
Un treno diretto proveniente da Roma con
due 740 trainanti in arrivo alla stazione
di Calalzo, inverno del 1956. Alla destra oltre la palizzata FS s’intravede il capolinea della Ferrovia Dolomiti con due elettromotrici in sosta. (Foto archivio & © by FS) |
Durante la Grande Guerra la linea fu inizialmente interessata al trasporto verso monte di numerosi convogli con materiale bellico e militari, destinazione il fronte alpino; dopo la Disfatta di Caporetto i militari italiani allo sbando scesero lungo la ferrovia e, per rallentare l’avanzata degli austriaci, fecero saltare numerosi ponti lungo la linea. Il genio militare austro-ungarico provvedeva sistematicamente alla ricostruzione dei viadotti crollati con strutture provvisorie in legno e ferro; nel novembre del 1917 vi fu l’invasione totale del Cadore ad opera dell’esercito nemico. Dopo le vicende dell’ultimo anno di guerra e l’arresa dell’impero austro-ungarico si procedette da parte italiana ad una veloce ricostruzione e manutenzione della linea, grazie anche all’utilizzo degli sfollati del Cadore. Tra il marzo del 1919 e i primi mesi del 1920, la ferrovia Treviso-Calalzo venne a tratti riaperta all’esercizio; iniziò un periodo di splendida prosperità sia per quanto concerne i trasporti di merce e di persone, sia per un turismo fiorente che gli abitanti delle valli montane aspettavano da sempre. Purtroppo altre tristi vicende legate alla guerra furono quelle del Secondo Conflitto Mondiale; per i primi anni la ferrovia funzionò in maniera abbastanza regolare, nel 1944 quasi tutti i ponti vennero fatti saltare dai partigiani e un terribile bombardamento americano distrusse completamente la vecchia stazione di Calalzo compreso il materiale rotabile in sosta. Dopo un’ennesima ricostruzione dei punti danneggiati e della stazione terminale il Cadore conobbe un secondo momento di florida economia resa possibile proprio grazie ai trasporti su rotaia. A metà degli anni ’50 il boom economico aveva decretato un enorme successo a livello turistico, soprattutto nelle località dolomitiche, tanto che nel ’56 Cortina d’Ampezzo ospitò le Settime Olimpiadi Invernali; flotte di visitatori ed appassionati arrivavano da ogni dove stipati in treni sempre più carichi. In quello stesso periodo vennero istituiti due treni diretti denominati “Freccia delle Dolomiti”, uno proveniva da Milano e l’altro da Roma, quest’ultimo con al seguito vagoni per il trasporto delle autovetture private. Nell’ottobre del 1963 l’intera valle attorno a Longarone venne distrutta dall’ondata che straripò dalla diga del Vajont in seguito alla frana del monte Toc; Longarone e i paesi limitrofi vennero interamente spazzati via dalla forza distruttiva dell’acqua e del fango; migliaia le vittime e anche la ferrovia in quel tratto venne completamente rasa al suolo. Appena un anno dopo la circolazione ferroviaria fu ripristinata e una nuova stazione sorse a Longarone, le foto che pubblico sotto rappresentano nella loro triste realtà come si presentava il desertico paesaggio dove prima sorgevano dei vitali paesini con il loro bagaglio umano e culturale. Oggi la stazione di Longarone si presenta come una semplice fermata, crocevia spesso deserto in un incrocio della linea poco utilizzato dall’utenza. Dopo la seconda metà degli anni ’60 lo scarso interesse dei turisti verso il mezzo di trasporto pubblico decretò il declino dell’arteria che divenne in breve tempo una ferrovia secondaria; il referto della “Commissione Nenni” osò definire questa storica e stupenda opera d’arte ferroviaria come “ramo secco”; a vederla oggi in piena attività semplicemente grazie all’utenza pendolare e turistica, quel triste epitaffio suona alquanto ridicolo. A complicare le cose ci si mise però l’instabilità geologica di alcuni punti evidenziati già nel 1913 dal noto geologo Dal Piaz. Pericolose frane e smottamenti spinsero le FS, nel febbraio del 1979, a chiudere a tempo indeterminato l’intera tratta Longarone-Calalzo. Il 10 aprile dello stesso anno fiorirono le proteste di tutte le comunità del Cadore, degli enti al turismo, degli albergatori e dei cittadini in genere che si videro sottrarre con un colpo di spugna la loro ferrovia. La grande protesta portò i suoi frutti e nel giro di qualche mese vennero indette gare d’appalto per il ripristino e la sistemazione dei tratti più pericolosi della ferrovia. Nel luglio del 1980 venne ripristinato il servizio ferroviario con immensa gioia di tutti gli abitanti; i lavori avevano interessato circa 27 chilometri di linea con l’edificazione di nuove murature di sostegno, paravalanghe e parasassi, inoltre vennero messe in sicurezza alcune gallerie. Nonostante le migliorie apportate, la linea subì nuovamente dei cedimenti durante gli anni ’80, soprattutto nel tratto dopo Perarolo, si necessitarono nuove chiusure e nuovi lavori di ripristino. Come già accennato, finalmente nel 2003 si è messa la parola fine ai problemi legati ai punti geologicamente instabili nella zona di Monte Zucco. Le FS hanno costruito una nuova galleria lunga 2700 metri sulla variante tra Perarolo e Sottocastello; la linea è oggi interamente messa in sicurezza grazie a queste nuove opere e a sistemi di controllo moderni. Questo fa ben sperare per la ferrovia del Cadore, visti i grandi sforzi economici sostenuti soprattutto per il nuovo traforo. Anche se il trasporto merci è ormai sporadico, numerosissimi convogli regionali transitano ogni giorno da e per Padova e Treviso; poter notare un gran numero d’automotrici leggere e treni regionali a trazione diesel spinge a pensare che il turismo stia riprendendo quota e che l’arteria tronca possa vivere un terzo momento di fertilità. Un eventuale prolungamento della stessa sino a Dobbiaco, magari attraverso un percorso tecnicamente moderno, con lunghe gallerie e perché no, un’elettrificazione, appare ormai non più un miraggio ma una possibile soluzione a molti problemi ferroviari di tipo logistico. Il collegamento Austria-Trentino-Veneto, via Cadore, rappresenterebbe il coronamento di un sogno di lunga data, studi in merito sono già stati avviati e le ferrovie austriache si sono dimostrate ben favorevoli a questa soluzione. Inutile negarlo, un ripristino del trasporto merci, magari di tipo pensante, potrebbe preservare questa splendida ferrovia da un futuro che per ora non spaventa ma che potrebbe divenire nuovamente incerto da un momento all’altro. |
Belluno, viadotto
ferroviario sul torrente Ardo; prima realizzazione del 1912 (lungo 160 metri ed alto 33). Il ponte venne fatto saltare completamente nel 1917 dal genio militare italiano per rallentare l’avanzata austriaca. (Foto da cartolina d’epoca) |
Ponte sul torrente Ardo ricostruito dall’esercito
austriaco durante l’avanzata; struttura provvisoria in ferro e legno, venne abbattuto nuovamente dagli italiani dopo la Battaglia del Piave. (Foto da cartolina commemorativa) |
Ponte su torrente Ardo ricostruito dopo la
Prima Guerra Mondiale e già percorribile nel 1919. (Foto da cartolina d’epoca) |
Una tripletta di ALn 772 attraversano il
ponte sull’Ardo, la terza veniva agganciata a Belluno con il diretto Padova-Calalzo, foto risalente ai primi anni ’80. (©M.Signoretto) |
Lo stesso ponte
come si presenta oggi, è transitabile anche a piedi tramite la passerella protetta sul lato ovest. (Foto di E.Bassi) |
Ripristino della circolazione ferroviaria
a Longarone dopo il disastro del Vajont; l’attuale stazione non era ancora stata ricostruita, la foto risale al 1964. (©Foto Eddy, Belluno) |
Un regionale composto da due ALn772 è appena
uscito dalla galleria di Longarone, tutto intorno regna il nulla dove prima migliaia di persone vivevano la loro vita nella loro terra, la foto risale al 1964. (©Foto Eddy, Belluno) |
Una ALn460 (Freccia delle Dolomiti) in discesa
da Perarolo di Cadore nel 1977, in lontananza al deposito merci lo sbuffo di una vaporiera. (Foto & ©M.Mingari) |
Una vecchia littorina ALn772, serie 3000
con motori OM-Saurer ripresa durante gli anni ’80. Qualche alpino che durante i primi anni ’80 prestò servizio nelle caserme di Tai e Pieve riferisce con sincerità che alcune di queste automotrici non possedevano sedili ma bensì panchine in legno. (Foto & ©A.Perego) |
Una ALn448, ex TEE,
alla stazione di Longarone, anno 1983 (Foto & ©R.Cocchi) |
ALn 772 ripresa nei pressi di Castello Lavazzo.
(Foto & ©R.Cocchi)
|
Automotrice 772 in sosta alla stazione di
Ospitale durante gli anni ’80. (Foto & ©R.Cocchi) |
Il materiale che ha prestato i suoi servigi sulla Treviso-Belluno-Calalzo è stato vario e di sicuro interesse per gli appassionati; durante i primi anni d’esercizio transitavano vaporiere di proprietà “Rete Adriatica", con l’avvento delle FS arrivarono locomotive a vapore delle serie 530 (ex Rete Adriatica GR.150), 730, 625 e le 740 che continuarono ufficialmente a trainare convogli merci fino alla fine degli anni ’70. Alcune foto dei primi anni ’80 le immortalano tuttavia ancora in esercizio nei principali scali, utilizzate probabilmente per manovre e spostamenti di secondaria importanza. Le prime littorine arrivarono già negli anni ’30, si parla soprattutto delle ALn 556 e in seguito delle ALn 772 utilizzate fino ai primi anni ’80 come treni regionali; anche le ALn 990 lavorarono saltuariamente durante gli anni ’50 ma vennero soppiantate dalla “Freccia delle Dolomiti” per le quali vennero impiegate le ex Trans Europe Express, soprattutto ALn 460 e 448 dimesse alla fine degli anni ’70. Durante gli anni ’60 e ‘70 venivano impiegati i locomotori D.342, 343 e 345 soprattutto per i diretti da Roma e Milano e per il trasporto delle merci. Negli anni ’80 arrivarono le ALn 668 che tutt’oggi forniscono il loro egregio servizio assieme ai potentissimi locomotori D445 con al traino convogli lunghi dotati di tutti gli standard di qualunque treno regionale e dei comandi di teleguida sulla carrozza pilota. Per quanto concerne la linea, i 129 Km complessivi tutti a binario unico non elettrificato, si dividono nel tronco pianeggiante, in quello collinare e in quello di montagna. Nel primo tronco, fino a Montebelluna (114 m.s.l.m.), si avverte una pendenza massima del 7%o; oltre Montebelluna s’incontrano le prime rampette in galleria con pendenza sino a Cornuda (159 m.s.l.m.) mai superiore all’11 %o. Oltre Feltre (256 m.s.l.m.) la pendenza media rimane attestata intorno al 15%o. L’ultimo tratto montano della linea, da Longarone (468 m.s.l.m.) a Calalzo (740 m.s.l.m.), è quello maggiormente movimentato. Il tracciato diviene tormentato causa curve improvvise e controcurve, ancora oggi in salita si avvertono scossoni sia con le automotrici leggere 668 che con i treni trainati dai D445, tuttavia la velocità non è mai esagerata e il viaggio permette comunque di rilassarsi e godersi il bellissimo panorama che varia considerevolmente dalla campagna trevigiana alle Prealpi bellunesi, dalle accattivanti vallate del Piave, ai paesaggi alpini di rara bellezza che s’incontrano durante gli ultimi 40 chilometri d’ascesa. In discesa l’andatura dei convoglio risulta invece molto dolce, facilitata dal poco sforzo diviene quindi più uniforme. Un viaggio sino alle Dolomiti utilizzando il mezzo ferroviario non potrà che rendere coscienza in chiunque del valore storico, culturale, tecnico, e paesaggistico di questa mite ma ugualmente bella e coraggiosa ferrovia di montagna. |
Biglietto Edmonson, Padova-Belluno, via Camposampiero, Feltre; anno 1965. |
Automotrice ALn668
in uscita dalla galleria di Belluno città. |
L’automotrice si appresta a varcare il ponte
sull’Ardo in direzione della stazione di Belluno. (Foto di E.Bassi) |
Incrocio tra automotrice e treno con in testa
il locomotore D445 alla stazione di Longarone. (Foto di E.Bassi) |
La nuova galleria sulla variante per il superamento
di Monte Zucco. (Foto di E.Bassi) |
Tornante prima dell’apertura di Sottocastello.
(Foto di E.Bassi) |
Vecchio casello abbandonato. (Foto di E.Bassi) | Viadotto e galleria di Sottocastello. (Foto di E.Bassi) |
Il lago artificiale di Centro Cadore visto dal treno. (Foto di E.Bassi) | Locomotore D445 e convoglio al capolinea di Calalzo. (Foto di E.Bassi) |
DISCLAIMER |