BELLUNO FERROVIARIA

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LA STORIA DELLA FERROVIA BRIBANO - AGORDO
"Ferrovia Agordina"

1924 - 1925

Già prima che la ferrovia “Treviso-Belluno” entrasse in esercizio nel 1886, si era fatto un gran discorrere di quelle che potevano essere le soluzioni “migliori” per il collegamento ferroviario di Treviso, via Conegliano, con Fortezza e quindi con l’importante ferrovia del Brennero. Uno studio aveva evidenziato come attraverso il valico di Sant’Ubaldo e risalendo la valle del Cordevole e del Gader, si potesse facilmente scendere nella Pusteria ed allacciarsi all’importante arteria che risaliva a nord, verso l’Austria e la Germania; ma fu soltanto una delle molte proposte che vennero presentante con modalità di sviluppo ogni volta diversificate in base all’esigenze di una zona del bellunese rispetto ad un’altra. Tuttavia durante il Primo Conflitto Mondiale, il IX Corpo d’Armata pensò bene d’allestire un binario leggero in sede stradale sull’unica via che portava da Bribano ad Agordo, questo per trainare, tramite piccole vaporiere militari o muli, convogli contenenti materiale bellico e rifornimenti per i combattenti arroccati sulle vette dolomitiche. Ben presto l’opera si dimostrò inefficiente per la grande quantità di merce da trainare, venne quindi issata una filovia elettrica proprio sopra alla strada Provinciale Agordina. Questa serviva ad alimentare degli autocarri con motore elettrico che salivano e scendevano da e verso Agordo proprio come avrebbe fatto un qualunque filobus. In località “miniere” di “Ponte del Cristo” (Attuale “Ponte del Muda”) erano attivi i pozzi statali di Valle Imperina; questi fin dal lontano XV Secolo provvedevano a fornire minerali preziosi per l’industria civile e navale, come la calcopirite, la galena e la blenda, soprattutto la calcopirite veniva lavorata in loco per la produzione del rame, fatto scendere poi direttamente a Venezia per esser utilizzato come rivestimento nella costruzione navali. Dal 1893 le miniere di Valle Imperina, da statali divennero di proprietà della famiglia De Manzoni di Agordo; dopo il 1918 la società che rilevò gli impianti, la Montecatini di Milano, estraeva dai due pozzi rimasti in funzione solamente una grande quantità di calcopirite per uso chimico. La stessa Montecatini richiese ed ottenne dal Governo la costruzione e l’esercizio di una ferrovia a scartamento standard, elettrificata, dalla stazione FS di Sedico-Bribano all’abitato di Agordo, con scalo in località “Miniere/Rivamonte” da utilizzarsi per scopi industriali.

 
La stazione di Bribano (299 m.s.l.m.), in primo piano la linea
Treviso-Belluno, sulla destra si nota chiaramente il raccordo
della SAIF.
(Foto da cartolina d’epoca)
La stazione capolinea di Bribano della SAIF. (Foto da cartolina d’epoca)


Dopo aver attraversato la vecchia strada nazionale per Belluno, odierna Statale 51,
la ferrovia raggiungeva la stazione di Sedico-Landris (Km 2.5 – 331 m.s.l.m.) dalla quale si gode buona visuale della Convalle Bellunese. (Foto da cartolina d’epoca)
In sede propria la ferrovia continuava sulla sponda sinistra del Cordevole entrando nella zona montana del deposito morenico del “Masière”.
(Foto da cartolina d’epoca)

Dopo la fermata di Roe (Km 6.7 – 365 m.s.l.m.), la ferrovia si avvicinava alle falde del monte Peron, di seguito si giungeva alla ben più grande stazione di Mas
(Km 8 – 374 m.s.l.m.). Da questo punto in poi la ferrovia iniziava a costeggiare la strada provinciale per Agordo. Nella foto la stazione di Mas, si nota a lato il magazzino merci e il pontile, Mas era destinata infatti a divenire stazione
d’incrocio e di smistamento merci. (Foto ex archivio Montecatini)
Una fermata in località Peron (388 m.s.l.m.), sullo sfondo il roccioso gruppo dolomitico costituito dal monte Peron e dal Vedana. (Foto da cartolina d’epoca)





La ferrovia lungo la strada provinciale, appena a destra la storica locanda della Stanga, più in avanti si scorge la stazioncina omonima (Km 14.8 – 438 m.s.l.m.). (Foto da cartolina d’epoca)

Dopo la Stanga, la valle del Cordevole si restringe a fenditura e la ferrovie era costretta a seguire un percorso ricco d’insenature sulle pareti rocciose.
Da una di queste all’improvviso si scorge la cascatella della “Pissa”.
(Foto da cartolina d’epoca)

La valle, ricca d’insenature e frastaglioni, s’allarga in prossimità dell’abitato di
Pinei, si restringe invece nuovamente presso La Muda; nella foto la stazione
omonima (Km 20.6 – 483 m.s.l.m.). (Da cartolina d’epoca)
A questo punto il panorama diviene estremamente selvatico ed impervio, stretto tra due lembi di roccia, il compito della piccola ferrovia era domarlo
ed ecco la prima galleria in località Torner. (Foto da cartolina d’epoca)

Sbocco della galleria del Castei con il ponte in muratura della provinciale; il casello che si scorge nella foto è posto ai piedi della “tagliata del sasso”, un’opera di sbarramento fatta saltare con la dinamite dall’esercito italiano
durante la ritirata del 1917. (Foto da cartolina d’epoca)
La seconda galleria del Castei, in tutto ce ne sono tre in questa gola, chiamata “dei castei” in onore del Castello di San Martino che la protegge dall’alto, uno dei forti utilizzati durante la Prima Guerra Mondiale. (Foto da cartolina d’epoca)


La stazione di “Miniere” di Rivamonte
(Km. 25.5 – 543 m.s.l.m.), in località
erano attivi i pozzi d’estrazione
della
Società Montecatini.
(Foto da cartolina d’epoca)

Venne a costituirsi la “Società Anonima Industriale Ferroviaria” (SAIF), consorella della stessa Montecatini; il progetto della ferrovia fu redatto dall’ingegnere Augusto Piozzi e la costruzione fu affidata alla “Società Anonima Costruzioni Civili” che iniziò i lavori nel giugno del 1922. La SAIF era nata con lo scopo di gestire la piccola ferrovia voluta unicamente per facilitare l’arrivo dei carri di minerali sulla linea per Treviso da istradare poi verso le industrie chimiche di Marghera. Nel 1924 i lavori erano terminati; vennero create tutte le strutture ferroviarie, 5 gallerie, 3 ponti, 9 fermate e le stazioni necessarie. Nel giro di qualche mese si procedette all’elettrificazione dei 28 chilometri circa di binario e l’11 gennaio del 1925 la nuova ferrovia venne inaugurata in maniera ufficiale. L’energia elettrica veniva fornita dalla centrale idroelettrica di Roe che sfruttava uno dei salti del torrente Cordevole, l’erogazione era di 2200 volt in corrente continua che servivano anche per l'alimentazione della fabbrica dell’ammoniaca di proprietà Montecatini ubicata sempre a Roe. La pendenza massima raggiungeva il 32%o con curve di 150 metri di raggio minimo; l’armamento era composto da rotaie da 30 Kg su metro/campata. Vennero messi in funzione 4 locomotori elettrici (probabilmente di costruzione Stanga) “Lb1/Lb4” con diverse coppie di carri, 25 scoperti e 4 chiusi; la SAIF s’impegnò a gestire anche delle tirate passeggeri da e per Agordo, tramite 8 piccole rimorchiate a due assi. Questo contribuì a far giungere nella valle un maggior numero di turisti, viandanti ed appassionati di caccia al capriolo. Belluno chiese più volte di potersi allacciare alla piccola ferrovia privata tramite una bretella “Belluno-Mas”, inspiegabilmente la Montecatini non permise mai che ciò avvenisse. Se la bretella fosse stata costruita, oggi questa ferrovia potrebbe essere ancora aperta e chi lo sa, magari potenziata e allungata secondo quell’antico progetto che la voleva comoda fenditura naturale verso Fortezza e il Passo del Brennero. Ufficialmente la SAIF chiuse l’esercizio della linea nel 1955, quasi contemporaneamente alla fine dei lavori d’estrazione nelle miniere di Valle Imperina, cessati ufficialmente nel settembre del 1962. Oggi la zona è Riserva Naturale del Parco Dolomiti Bellunesi; i fabbricati delle ex miniere sono stati recentemente adibiti a museo dell’archeologia mineraria, attualmente ospitano un’interessante viaggio fotografico all’interno delle zolfatare siciliane ma per il futuro la Comunità Montana del luogo possiede un progetto di rivalutazione dell’area miniere, facendole divenire agibili e visitabili dal pubblico. Speriamo che la Regione Veneto, l’Ente Parco e chi di dovere provvedano quanto prima con i finanziamenti necessari al ripristino di tutta l’area, in modo tale che non siano solamente gli appassionati d’alpinismo a visitare il sito ma anche i comuni turisti. L’intera ferrovia è stata negli anni completamente smantellata, ne rimangono a testimonianza le sole stazioncine disabitate o adibite ad abitazioni private; nel 2003 è stato riesumato il vecchio locomotore Lb1 della SAIF che, dopo un accurato restauro, troneggia all’ingresso del parcheggio al museo di “Miniere” gestito dal comune di Rivamonte.  


 

 

Nei pressi della stazione di “miniere” / Rivamonte si possono notare dei
vagoncini in attesa del carico calato a valle tramite una teleferica industriale.
(Foto ex archivio Montecatini) 
La ferrovia proseguendo si abbassava rispetto alla provinciale, nella foto
il passaggio sopra
al torrente Missiaga tramite il bel monte in muratura.
(Foto da cartolina d’epoca)

Linea ferroviaria ed imbocco della galleria di Ponte Alto (180 metri), sullo
sfondo le montagne della conca agordina. (Foto da cartolina d’epoca)

Dopo un lungo viadotto sul torrente Rova e un breve terrapieno in trincea, si
raggiungeva l’abitato di Agordo (611 m.s.l.m.) e l’omonima stazione (Km. 28.3).
(Foto da cartolina d’epoca)


Uno dei classici locomotori a trazione elettrica della SAIF utilizzati
per 30 anni sulla linea agordina. (Foto ex archivio Montecatini)
Locomotore elettrico e convoglio inaugurale, gennaio 1925.
(Foto ex archivio Montecatini)

 

 

 

Linea aerea di contatto in curva; corrente continua, 2200 Volt.
(diapositiva ex archivio Compagnia Generale di Elettricità -
Collezione: E.Bassi) 
Linea aerea di contatto in galleria; corrente continua, 2200 Volt.
(diapositiva ex archivio Compagnia Generale di Elettricità -
Collezione: E.Bassi)


Locomotore Lb1 equipaggiato con 4 motori da 130 HP.
(ex archivio Compagnia Generale di Elettricità - Collezione: E.Bassi)
Linea aerea di contatto, dispositivo di selezionamento.
(ex archivio Compagnia Generale di Elettricità - Collezione: E.Bassi)
 

 

Il locomotore SAIF Lb1 restaurato e posto in bella mostra all’ingresso del
complesso delle ex-miniere, comune di Rivamonte. (Foto: E.Bassi) 














Gli ex stabilimenti delle miniere di Val Imperina. Sono stati restaurati gli ex magazzini

ad uso museo ed ostello, si spera che la Regione e l’Ente Parco contribuiscano
celermente ad esaudire i desideri della Comunità locale che vorrebbe
il sito turistico esteso anche alle vecchie miniere. (Foto: E.Bassi)





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