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La foto qui a sinistra ,
scattata dal campanile, stravolge tutto quanto ci era
dato conoscere circa le origini dell'Aspis
pallacanestro.
La scoperta arriva da
Pierluigi Mandelli, già testimone nel 1946 (come si può
leggere sul sito) di ciò che sembrava essere l'atto
costitutivo della sezione basket dell'Associazione, la
scelta del nome, la foto dei "pionieri".
Lo stesso Mandelli ha
scoperto nel proprio archivio una circolare, a firma
Pino Natale, che a pagina 3 riporta:
la foto che data 1931!!!
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NASCITA DELL’ASPIS Siamo nel giugno del 1945, la guerra è finita e per noi ragazzi (io avevo 15 anni) non c’era altro svago che ritrovarci all’Oratorio. Al San Pietro in Sala stavano mettendo in piedi una squadra di pallacanestro e io vi aderii. Perché proprio la pallacanestro? Forse per scelta obbligata dal poco spazio disponibile in cortile per il campo di gioco; forse anche grazie a Pino Natale, reduce dalla prigionia di guerra, che ci ha insegnato le regole del gioco imparato dagli americani. Non c’erano soldi per comperare un pallone, una coppia di retine per i canestri e una serie di magliette; fu indetta una colletta tra giocatori e, per nostra fortuna, contribuirono anche alcuni amici. Il colore delle maglie dipendeva da ciò che trovavamo tra i fondi di magazzino del fornitore: qualsiasi, purché costassero il meno possibile. Ci facevamo chiamare “Unione San Pietro” per giocare le prime partite amichevoli con altri oratori e anche con Borletti e La Rinascente, ma queste erano squadre Fip, troppo impegnative per noi esordienti. Alla fine del 1946 iniziammo l’attività svolta dal Csi (Centro Sportivo Italiano). Per iscrivere la squadra ci si doveva dare un nome. Dopo un’ampia discussione, si decise ‘provvisoriamente’ (66 anni dopo il nome resiste ancora) di usare l’acronimo A.S.P.I.S. che stava per Associazione San Pietro In Sala. L’iscrizione della squadra al campionato CSI e il tesseramento dei giocatori erano gratuiti. Nonostante il nostro campo fosse di dimensioni inferiori a quanto stabilito dal regolamento, tutti chiudevano un occhio. Tutti dovevano accettare e giocare: “prendere o lasciare”, non c’erano alternative. Non avevamo un allenatore; seguivamo le indicazioni suggerite dai più anziani della squadra. Non avevamo schemi, se non il principio base di tenere avanti i più piccoli e veloci, dietro i meno dotati. Per le partite di campionato l’arbitro veniva portato dalla squadra ospite, talvolta scelto tra i giocatori. Dirigere l’incontro in trasferta era drammatico: insulti e parolacce erano all’ordine del giorno. Meglio giocare che arbitrare . Per le trasferte usavamo andare a piedi, o con il tram … e, ricordo quella volta che andai al San Rocco di Monza in un furgone puzzolente, adibito durante la settimana al trasporto di formaggi. Però non mi lamento di nulla. Anzi, sono stati anni stupendi perché, pur essendo tra i più giovani e, quanto al gioco tra i più scarsi, mi sono sempre trovato in un ambiente meraviglioso tra buoni amici e compagni di gioco. Forse con il tempo sono diventato un giocatore migliore, ma, soprattutto, i compagni di squadra mi hanno trasmesso gli stimoli giusti per intraprendere i miei percorsi universitari e professionali Pierluigi Mandelli
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1948 - L'associazione ASPIS
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Nei primi anni del secondo dopoguerra (1946-47) la gioventù a Milano era molto disorientata. Chi tornava dal fronte o dalla prigionia e chi rientrava dallo sfollamento. Chi aveva perso la casa e viveva presso parenti, chi cercava lavoro e chi piangeva gli amici d’infanzia che non c’erano più. L’Oratorio di quartiere era il luogo preferito da molti giovani per incontrare coetanei, sperare in nuove amicizie, riprendere una vita normale di socialità, di cultura, di sport. Come testimonia la foto di un giorno festivo del 1948, in San Pietro in Sala il gruppo era numeroso e di età diverse. Rigorosamente maschile in piazza Wagner! Come voleva il costume del tempo. Le ragazze si ritrovavano nella vicina scuola di piazza Buonarroti, gestita dalle suore. Tutti in perfetta forma fisica! La dieta imposta dalla guerra assicurò a tutti una linea asciutta, invidiabile. L’oblio del tempo non consente di ricordare tutti i nomi che compongono il gruppo; pertanto si è scelto di non nominare nessuno. Tra loro ci sono gli sportivi del basket, del calcio, della bicicletta, del tennis da tavolo e dell’atletica leggera; gli amanti del canto popolare e i cinefili; gli allenatori, gli animatori e gli operai che si occuparono dei servizi necessari alle attività della comunità. Un acronimo li accomunava tutti: ASPIS (Associazione San Pietro In Sala). Le vecchie strutture dell’Oratorio sopravvissero tutte ai bombardamenti: un saloncino per gli spettacoli pubblici, cinematografici e teatrali; uno stanzone, per i giochi vivaci dei ragazzi; alcune salette “off-limits”, riservate ai passatempi meno scatenanti dei giovani; un bar con licenza per gassose, chinotti e cicche americane. Infine un cortiletto, piccolo piccolo, asfaltato, appena sufficiente per un minuto campo da basket, tracciato col gesso prima di ogni partita. Il cortile serviva a tutti e a tutto, con prelazione alla pallacanestro; quello strano gioco, ancora sconosciuto agli sportivi italiani, che le Forze d’Occupazione americane ci lasciarono, andandosene da casa nostra.
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1952 - Gruppo Giovanile ASPIS (Under 18)
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ASPIS Pallacanestro Campioni Provinciali Allievi CSI 1964 - 65 Pino Natale (Presidente) - Mantovani C. - Martinelli P. - Nigro A. - Martinelli G. - Folpini S. - Beltramelli G.L. - Masina (Dirig. Accomp.) - Accosciati: - Menaldo G. - Bontadini - Favalli E. - Tosi F. - Bortolan A. - Fuori dalla Foto: Malusardi R. (Allenatore) (Foto fornita da S. Folpini)
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Russi G., Zanardo A., Lodo V., Tosi D., Castagni C., Grossi G., Filippini, Folpini S., Braga F., Guzzeloni L.
1951 - Squadra Aspis di 1^
divisione:
12 Venturi, Zambelli,
Barbetta, Sanchini, 5 Boss;
accosciati: Giumanini,
Serina A., Mariani L., Sandroni, Chiodaroli.
Fintantocché non avevi compiuto il 15° anno di età (all'Aspis era così, d'altre parti non so) non potevi appoggiare il lato B (tradurlo per l'album) sulla panchina. Tranne il capitano-giocatore-allenatore Barbetta, eravamo pressapoco tutti della stessa età (abbastanza giovani per un campionato senza limiti d'età) e ci si accontentava dei risultati favorevoli; frequenti o meno, così come venivano.Noi giocavamo sull'asfalto dello storico cortile, ma normalmente erano campi (forse è per quello che li chiamano 'campi') in terra battuta, gibbosa e quasi sempre con un tombino in mezzo al campo per il deflusso delle acque piovane. Vigeva una tattica, non solo italiana, comune a tutte le squadre, che favoriva i giovani sui 'vecchi': La Melina. Quando una squadra acquisiva qualche punto di vantaggio, badava di amministrarlo distribuendo i 5 giocatori il più lontano possibile tra loro facendo girare la palla per tutto il campo, lontano dal canestro. Non vigevano le regole della metà campo e del tempo di possesso palla. Se eri bravo a non perderla (e noi non eravamo male), una volta in tuo possesso non la facevi più toccare all'avversario, cercando di far trascorrere ciò che restava dei 25' senza recupero di ciascun tempo. (Non ricordo se vigesse anche la regola del tiro TL solo per falli eseguiti sul giocatore al tiro; comunque dopo 5 falli uscivi). E le panchine non erano lunghe!
Da due anni ho conseguito il diploma FIP di Allievo
Allenatore, ma è già da prima che iniziassi il Corso che la
Società mi aveva affidato questa squadra, sperando di porre
fine ad un tourn-over di allenatori, come solo all'Inter
sanno fare meglio. All'inizio ebbi qualche timore per l'età
dei giocatori, molto prossima alla mia, ma poi trovai tanta
collaborazione in loro e fui presto a mio agio.
Considerandola, quello che effettivamente era, "la mia prima
squadra", mi permisi di usarla come cavia di quanto andavo
apprendendo al corso e sono arrivato a giocarmela con i
professionisti di Varese e Cantù. (Ettore Armanini)
1959 - Torneo "Juventus" 20 settembre 1959 – in piedi: Greppi - Castagni –
Grossi, all. Baroncini, Filippini, Casella, seduti: Bortolan, Braga,
Guzzeloni, Lodo e Zanardo
Nel 1963 il torneo Notturno Brasolin fu riservato alla categoria juniores. Sono alcune foto di bello "stile Aspis", perché all'Aspis si giocava così nonostante si giocasse su campi all'aperto. Appartengono tutte al "Trofeo Brasolin", che per tradizione si giocava in estate al termine della stagione sportiva. Al torneo l'Aspis invitava Società con le quali intercorrevano i migliori rapporti, per garantire qualità tecnica e comportamentale. Oltre ai premi per il podio, un importante trofeo in argento per la Società vincitrice, che veniva assegnato definitivamente a chi lo vinceva due volte, anche non consecutive. Brasolin era un orafo del rione, molto vicino all'Associazione con tutta la famiglia, prematuramente scomparso. (E.A.)
La
foto rappresenta un pallone di cuoio, impiegato nelle gare
importanti, di ottima qualità e fattura, caratteristiche
che determinavano sfericità, peso costante, maneggevolezza
e l'alto costo. All'Aspis, si ripiegava su palloni di
qualità e prezzo inferiori, più confacenti alle risorse
della Società, oltrettutto perché soggetti al precoce,
deformante logorio dei campi all'aperto e della pioggia. In
tutti i modelli la struttura in cuoio era dotata di una
feritoia stringata, per consentire l'inserimento di una
camera d'aria in gomma dotata di un tubetto con valvola di
tenuta, per il dosaggio della pressione. La sostituzione
della camera d'aria, logorata dalle cuciture del cuoio
o solamente per correggere la pressione attraverso la
valvola, richiedevano lo sciogliere e poi il rifare la
stringatura.
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1952 - Ettore, (a far numero) nei tornei notturni: 16 Salvaderi, Cermesoni, Barbetta, Mariani G.; accosciati: Mariani L, Zambelli, Mariani L, Armanini.
Negli anni 50 andavano molto di moda i tornei estivi notturni, per ovviare all'attività federale (campionato) che per il limitato numero di Società partecipanti era abbastanza breve. Si svolgevano tra la metà di giugno e la fine di luglio; formula e numero di squadre partecipanti differivano tra le diverse proposte e gli organizzatori si accordavano per incastrare le date degli incontri e favorire la partecipazione delle squadre più richieste. Non c'erano limiti di categoria e le squadre sorgevano per l'occasione: bar, circoli, ditte, oratori, ecc. Le partite richiamavano grande pubblico (non esisteva la TV) che
faceva doppia,
tripla cornice attorno al campo, tra nugoli di
zanzare e proteste del
vicinato per il rumore. Si finivano per
giocare anche 4 o più partite la settimana
e per questo era
necessario un tourn-over di giocatori nelle squadre. L'Aspis
era
molto richiesta nel "giro dei tornei" più seri, però bisognava
fare di
tutto per non uscire dal giro. C'erano squadre in lista
d'attesa, se mancavi
un anno rischiavi il posto anche per gli
anni successivi. L'Aspis giocava bene.
1963 -
Interregionali di Genova -
12 Maggio 1963 - Incontro ASPIS - VIRTUS Siena
(Foto messa a disposizione da Elsa Consonni)
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