La notizia è di quelle "ghiotte"
per la cronaca nera. Un pensionato di Rondissone trova la moglie morta
e si uccide, a sua volta, lanciandosi dall'abbaino della sua abitazione.
Questa testata non ha mai dato spazio alla "nera", né vuole assecondare
un giornalismo che va a frugare fra le pieghe del dolore e del disagio
umano per fare cassetta. Ma non possiamo sottrarci al compito di dare conto
di una delle forme di disagio più gravi e devastanti: assistere
al processo di malattia terminale di un congiunto, condividendone la fatica
ed il dramma dell'approssimarsi della morte E, probabilmente, vedere avvicinarsi
la fine della cosa più cara: l'amore che li ha uniti.
Certo, dovremmo saper erigere un
argine alla voglia di sapere, indagare, documentare - ed è l'argine
della pietas umana, del rispetto dovuto al mistero della sofferenza - ma
è pur vero che si può balbettare un tentativo d'analisi,
abbozzare una sorta di valutazione, astraendo dal singolo caso. In molte
coscienze, la drammaticità del dolore spegne, fin troppo in fretta,
l'attaccamento alla vita. Attaccamento che - vale la pena di ricordarlo
- non è solo impulso istintivo, ma evidenza etica, anche se soggetta
ad 'oscuramenti'. Il valore vita è un valore irrinunciabile.
Nessuno, evidentemente, può
puntare il dito accusatore contro alcuno; ma è possibile, forse,
esprimere un moto di protesta, contro la coscienza dell'inesorabilità
di quella fine. Forse stimiamo ed amiamo troppo poco la vita, per considerarla
insopportabile, quando qualcuno ci viene a mancare.
Sul Corriere della Sera di qualche
settimana fa ho letto il racconto commovente di come una mamma ha accompagnato
la figlia quindicenne alla morte, dopo aver deciso di smetterla con le
cure, diventate inutili. Davanti all'incombere della morte, è stato
un meraviglioso canto di amore alla vita.
Ecco, vorremmo avere più
storie di questo genere da raccontare, e non le cronache lugubri di chi
si accoda ad una storia di morte. Con tutto il rispetto, comunque, verso
drammi che non conosciamo se non in superficie e al momento dell'esito
finale, e verso le persone che, loro malgrado, ne sono i protagonisti.
piero agrano