Ha pregato per la pace il Papa, sofferente,
pellegrino a Pompei, nel viaggio pastorale in cui l'attenzione dei media
era tutta concentrata sulle sue condizioni di salute, e sugli scenari futuri.
Nel santuario del Rosario, ha guidato la recita dei cinque misteri della
luce, i "nuovi" misteri, "quasi per proiettare la luce di Cristo sui cinque
continenti".
E, allora, Giovanni Paolo II ha
pregato per l'Europa, quell'Europa le cui istituzioni hanno recentemente
bocciato la sua richiesta di riconoscerle le radici cristiane. L'Europa
che, forse, si appresta a tributargli uno dei riconoscimenti 'laici' più
ambiti, il premio Nobel per la pace. Quell'Eu-ropa da cui sono partite
madre Teresa di Calcutta e Annalena Tonelli. Quell'Europa che - ha scritto
nella recente esortazione apostolica ad essa dedicata - "nasce come continente
grazie anche alla forza unificante del cristianesimo, il quale ha saputo
integrare fra loro popoli e culture diverse…".
C'è un profilo del continente
europeo che è caro al papa polacco. L'aveva richiamato nella lettera
indirizzata al card. M. Vlk, in occasione dell'incontro fra le Conferenze
episcopali europee (2000), e l'ha ribadito nella stessa esortazione apostolica:
"L'Europa non è un territorio chiuso o isolato; si è costruita
andando incontro, al di là dei mari, ad altri popoli, ad altre culture,
ad altre civiltà. Perciò deve essere un continente aperto
ed accogliente…". Un'Europa così non può ripiegarsi su se
stessa, sul proprio benessere, contrapposto alle povertà altrui.
Non può assistere inerte o distratta alle grida dei poveri del mondo.
Ha una responsabilità in ordine alla pace, nel promuovere una "globalizzazione
della solidarietà", nell'offrire il proprio apporto alla costruzione
di un ordine internazionale più giusto. Temi e accenti che ritroviamo
nell'imminente marcia per la pace Perugia-Assisi, negli incontri e nei
dibattiti che la prepareranno e l'accompagneranno. Una marcia che parla
di un'"Europa per la pace". In quei giorni, la bandiera della pace deve
tornare a sventolare sui balconi d'Europa. Quanto meno, sui nostri balconi.
piero agrano