SPARONE - Cosa viene in mente ad
uno sparonese pensando a don Pierino Balma? Tante cose: il suo sorriso,
i suoi brevi aneddoti, la sua riservatezza; ma una di certo emerge più
di tutte: la sua semplicità. È la particolarità più
grande di quest'uomo, che ha impostato la sua vita sulle beatitudini evangeliche.
Don Pierino Balma Marchis nacque
a Vasario, il 12 aprile 1909, da Domenico e Antonia Ceresa Gastaldo, penultimo
di nove fratelli. Alla sua nascita era cappellano di Vasario il sacerdote
don Giovanni Girodo, che faceva anche da maestro di scuola ai bambini della
numerosa borgata. Don Balma non lo ebbe come insegnante, perché
proprio quando egli iniziava la prima elementare don Girodo (ultimo cappellano
residente) lasciava Vasario.
Pierino, sin da piccolo, manifestò
il desiderio di diventare sacerdote, e di questo si accorse immediatamente
la sua maestra, Maria Abate, che tanto lo aiutò nello studio. Per
poter frequentare il ginnasio, Pierino Balma doveva naturalmente ottenere
la licenza elementare, frequentando fino alla classe quinta: ma avrebbe
dovuto scendere a Sparone, perché a Vasario si arrivava solo fino
alla terza. La generosità della maestra Abate, quasi un segno provvidenziale,
permise che si realizzasse il sogno del "piccolo prete", come lo chiamavano
i suoi compagni. Dopo la terza elementare Pierino venne preparato dall'insegnante,
facendo quarta e quinta "privatamente": quando gli altri bambini terminavano
le lezioni verso le 16, la maestra gli "faceva scuola". Cosicché
poté dare gli esami di quinta da privatista a Pont Canavese: esami
superati brillantemente, davanti al professor don Tommaso Tepatti, che
allora era direttore didattico.
Si apriva così per il giovane
Pierino il sentiero del sacerdozio, che "seppur irto e a volte difficoltoso,
porta alla vetta più sublime che è Cristo in una visione
stupenda", lo condusse a realizzare in qualche modo anche il sogno del
fratello Silvestro, anch'egli seminarista, morto per malattia nel 1915,
a 16 anni.
Pierino rimase orfano di padre nel
1922, quando aveva solamente 13 anni, e nel 1928 gli morì anche
la mamma, rimanendo così con la sorella Teresa e la madrina Marietta.
Grazie alla generosità del parroco di Sparone, monsignor Giuseppe
Moglia, che gli pagò gli studi, entrò nel Seminario di Ivrea
e successivamente si trasferì presso i padri Tommasini del Cottolengo
di Torino per proseguire gli studi di teologia. Il 16 agosto 1926 fece
la sua vestizione chiericale durante la Messa di San Rocco a Vasario, dove
gli abitanti della borgata gli regalarono la prima talare. Il 9 luglio
1933 fu ordinato sacerdote in Duomo a Ivrea da monsignor Matteo Filippello:
si era così realizzato il sogno di quel "piccolo prete". Il 16 luglio
celebrò la sua prima messa a Sparone, attorniato da parenti e amici.
Il prevosto di allora, don Moglia,
chiese al vescovo che don Balma fosse lasciato come viceparroco a Sparone,
sostituendo nell'incarico don Barengo di Mazzè, che era vice a Sparone
dal 1930. Don Pierino rimase così nel suo paese fino al 1938, lasciandolo
poi alla volta di Ivrea, con l’incarico di viceparroco della parrocchia
del Duomo. Nel 1940 fu nominato rettore della parrocchia di Campiglia Soana,
dove rimase per ben 28 anni, fino al 1968, quando si ritirò nella
natia Vasario a servizio delle frazioni di montagna e della vicina parrocchia
di Ribordone.
Il suo amore e attaccamento alla
montagna sono stati l'emblema della sua vita: tutto ciò che è
semplice, naturale, incontaminato era la sua gioia e la sua passione. Negli
anni '70 gli fu attribuito a Milano il "Premio di fedeltà alla montagna",
oltre a numerosi riconoscimenti da parte del Cai, di cui era fedele sostenitore
e socio.
Andandolo a trovare a Ronco, alcuni
mesi fa, ci raccontò di esser salito più di cento volte sulla
Rosa dei Banchi e su tante altre montagne. "Speriamo che il Signore perdoni
queste mie debolezze - ci diceva con tanta semplicità e contagiosa
serenità -, perché a dover essere scalate veramente sono
le vette dello spirito". "Sono pronto all'incontro con il Signore - ripeteva
più volte -, ormai gli anni ci sono e ogni momento può essere
quello giusto". Alla festa organizzata dalla parrocchia di Sparone il 20
luglio scorso, in occasione dei suoi 70 anni di sacerdozio e dei 60 di
don Deiro, egli non partecipò, perché probabilmente sentiva
già venir meno le sue forze. L'11 agosto è tornato alla casa
del Padre: quella "casa grande", come lui la definiva, dove le vette sono
splendenti e luminose.
Sulla porta della sua casetta di
Vasario c'è ancor oggi una scritta: "Domus parva est, sed apta mihi"
(La casa è piccola, ma adatta a me). Davvero quest'uomo ci ha lasciato
un messaggio importante: che la fragilità e la piccolezza della
condizione umana si trasformano, se della nostra vita ci affidiamo totalmente
all'amore di Dio e alla carità verso i fratelli. Proprio come il
"piccolo prete" ci ha insegnato.
elio blessent