La formazione e l'avvio dei lavori
di alcuni consigli comunali, dopo la recente tornata elettorale, sta segnando
una nuova stagione politico-amministrativa, almeno qui da noi, a livello
locale. In momenti del genere si ripropone con forza il problema delle
'regole' della politica, soprattutto di quelle non riducibili ai regolamenti
e alle leggine dei manuali comunali. Il problema delle "Regole" con la
"R" maiuscola, dettate dall'etica e da una visione di valori. Al rapporto
fra "politica e valori" era dedicato l'intervento che Pier Luigi Castagnetti
ha svolto lo scorso sabato, a Rivarolo, al termine della convention della
Margherita. Un intervento che ha volato alto rispetto alle incombenze e
alle problematiche spicciole dell'amministrazione locale, e che risulta
interessante anche oltre i confini di un determinato schieramento politico.
Castagnetti ha iniziato riferendosi
ad un grande pensatore della tradizione ebraica, Hansi Jonas. L'"etica
della responsabilità" (concetto cardine del pensiero di Jonas) si
gioca ora nell'ambiente, o come lo chiamano i credenti, nel creato. Il
lato inedito del problema è che questa nostra generazione rischia
concretamente di interrompere la catena con quella successiva, provocando
la ribellione di quest'ultima. In questo tempo di passaggio le abituali
regole democratiche non bastano più. Nel gioco democratico che noi
conosciamo, infatti, il consenso è concentrato sul presente: lo
sguardo sul futuro ne è spesso escluso. Non si pone sufficiente
attenzione e responsabilità al difficile 'passaggio del testimone'
alle generazioni future.
Il tratto più evidente del
modo attuale di fare politica è, come è noto, la sua
de-ideologizzazione, o secolarizzazione. Abbandonate le grandi visioni
che fungevano da guida, sancito il divorzio fra etica e politica, quest'ultima
rivela tutti i suoi limiti. Come ne veniamo fuori? ci si domanda da più
parti. Occorre dar vita ad una forza - suggerisce Castagnetti - che "riscriva
il 'sacro' nell'agenda politica". Non in termini teocratici, o fondamentalisti,
beninteso, ma restituendo un'aura di sacralità a valori fondanti,
quali la vita, ad esempio.
Certo, non si può chiedere
alla politica l'impossibile: ad esempio, di supplire, da sola, alla carenza
di valori nella nostra società. In un recente articolo don Morero
ricordava come un quarto dei giovani non sente più parlare di Dio,
ed anche fra quelli che frequentano la Chiesa vi è un gap vistoso
fra prassi quotidiana ed insegnamento magisteriale, ad esempio, in tema
di etica sessuale. Già nel '95 don Dossetti denunciava uno sorta
di "inappetenza di valori", che servano, diceva lui, a "pienificare la
vita". Questa è la 'notte' in cui viviamo: la "deriva valoriale
del Paese". Certe esternazioni di politici - inutile negarlo - esprimono
il sentire di una parte cospicua del Paese: è la sua 'pancia' a
pensare così.
La politica non può, dunque,
proporsi una rigenerazione etica della società, ma un obiettivo
più modesto: "far rientrare le virtù civiche nella vita politica",
trovare punti di accordo su principi che permettano di 'indossare gli abiti
virtuosi'. O, quanto meno, può tentare di evitare leggi ed ordinamenti
che inducano a confusioni e a 'spostamenti' etici. Citando B. Andreatta,
Castagnetti ricorda che "il lassismo è lassismo" sempre, nella sfera
pubblica ed in quella privata, e che non si possono erigere, fra le due,
steccati troppo alti.
Il segnale più preoccupante
non è, però, il semplice cedimento al lassismo, ma il trasmettere
il messaggio che chi fa il furbo, chi trasgredisce è premiato. Di
qui la necessità di un recupero di un minimo comun denominatore
etico, di un codice minimo: a disposizione abbiamo quello che ci è
suggerito dalla stessa Costituzione italiana. La "diversità"
in politica. dunque, specialmente da parte dei credenti, si misura
sempre di più nel campo dei valori e dell'etica. Le recenti vicende
politiche italiane ci offrono prove in abbondanza di quanto accade quando
quella soglia etica minima è abbandonata o disattesa.
piero agrano