Si è fatto un gran discutere,
nei giorni scorsi, sulla bozza di costituzione europea e sul 'preambolo'
che la introduce. Se la querelle fra Giscard d'Estaing e Romano Prodi ha
riguardato il modello politico ed istituzionale dell'Unione Europea , le
critiche mosse al preambolo toccano una grave omissione. Quella appunto
concernente le cosiddette "radici cristiane". Il preambolo, infatti, nel
riconoscere "i retaggi culturali, religiosi ed umanistici dell'Europa",
non si spinge oltre una loro generica (e riduttiva) identificazione nella
civiltà greca/romana e nella cultura illuministica. Da una citazione
di Tucidide (uno storico dell'antica Grecia) al secolo dei "Lumi" (1700),
il salto spiccato dai costituenti europei è davvero grande. Duemila
anni di storia, in cui qualcosina dev'essere pure accaduto: il diffondersi
del cristianesimo nei popoli europei, le loro migrazioni e la loro composizione
grazie all'opera delle Chiese, lo sviluppo della civiltà medievale
e rinascimentale, tanto per gradire… Dante e le Cattedrali, Francesco e
Lutero, se vi sembra poca cosa… Un'eredità assolutamente ignorata,
che è riconducibile almeno a due 'poli' culturali. Quello della
cultura letteraria ed artistica, appunto, e quella della civiltà
giuridica, i cui capisaldi sono il frutto di una sedimentazione dei principi
cristiani nell'humus della nuova polis . La percezione del "ruolo centrale
della persona umana e dei suoi diritti" è davvero garantita a sufficienza
dal riferimento alla sola cultura greco-illuministica? O, piuttosto,
non è forse un pregiudizio illuministico a porre l'ostracismo nei
confronti di altre 'radici'?
Già, rivendicare le "radici
cristiane"... Chi ci guadagna? Sono le domande familiari ad una certa dietrologia.
C'è chi immagina o sospetta gerarchie ecclesiastiche pronte a passare
alla cassa, per ottenere vantaggi e privilegi. Ma qui non si tratta
di concedere favori a qualcuno, bensì di riconoscere una verità
storica, prima che religiosa.
Che cosa significa tutto questo
per l'attuale contesto politico? Se l'Europa, nonostante i processi di
secolarizzazione (e talora di scristianizzazione) non può smettere
di ritrovare la sua identità nella tradizione cristiana - naturalmente
in dialogo con altre tradizioni e visioni - ciò va tenuto presente
nell'attuale fase di ripresa del dialogo in Medio Oriente. Perché,
anche là, non si tratta solo di disegnare road map, o confini di
nuovi stati, ma di creare le condizioni perché etnie, religioni,
culture diverse - imparino a riconoscersi, a dialogare e operare
per la pacificazione di quella Terra.