IVREA - Sembra essere rientrato l'allarme
che si è diffuso ad Ivrea, alla notizia che una studentessa diciottenne,
di ritorno da un viaggio in India, avrebbe presentato i sintomi della SARS,
il morbo che sta mettendo in ginocchio la Cina e l'estremo Oriente. Trasferita
dall'Ospedale di Ivrea all' “Amedeo di Savoia" di Torino, la giovane è
stata sottoposta ad una serie di accertamenti "prescritti in caso di sospetta
SARS” - come recita il comunicato dell'ASL 3, che riferisce delle misure
di isolamento intraprese - da cui risulta "poco probabile" l'ipotesi che
si tratti di infezione SARS.
Respiro di sollievo generale, dunque,
e inviti giustificati a non dar credito ad allarmismi basati su deboli
indizi. Resta, a essere sinceri, un'apprensione diffusa, legata alla caratteristiche
del morbo. Il quale, se la parola non sembrasse eccessivamente usurata
e usurpata, presenta le caratteristiche della globalizzazione. Sì,
proprio la globalizzazione! Per effetto di scambi sempre più frequenti
ed estesi, il contagio ricevuto in qualche punto del globo può essere
trasmesso, diffuso, trasferito in regioni molto lontane, sì da diventare
subito più cosmopolita degli investimenti in borsa e della operazioni
della new economy.
Ancorché spiata, monitorata,
aggredita, la SARS si presenta come un morbo subdolo e camaleontico. Cambia
faccia e caratteristiche, e sembra divertirsi a giocare a rimpiattino.
E allora? Ci rimane la fiducia,
ahinoi fragile, che la nostra sanità nazionale, per quanto rabberciata
e 'tagliata', sia in grado di erigere un argine sufficientemente solido
per respingere l'ospite sgradito.
E che Dio ce la mandi buona, è
il caso di dire.
piero agrano