La tradizionale “Giornata per la
vita” cade a pochi giorni dalla “Giornata della memoria” della Shoah. La
vicinanza cronologica fra le due ricorrenze suggerisce un nesso fra i messaggi
di cui esse sono portatrici.
La Shoah ha significato, infatti,
un disegno (e il tentativo di attuarlo) di eliminare un intero popolo,
cancellando ogni residua coscienza della dignità dell’essere umano.
Di ogni essere umano. Quella memoria suggerisce, in una visione più
ampia della ormai convenzionale campagna antiabortistica, un panorama assai
esteso di situazioni e di problematiche in cui la vita umana è ancora
oggi sottoposta ad attacchi, minacciata; il suo valore è misconosciuto,
o di fatto, negato.
I problemi sollevati dalla bioetica
Un primo ambito di problemi è legato alla recente ricerca scientifica nel campo delle biotecnologie. La clonazione umana - vera o falsa che sia la notizia di tentativi riusciti - non è che uno degli esiti più recenti e inquietanti del desiderio di intervenire sui processi di formazione e di trasmissione della vita. Si pensi alle tecniche di riproduzione umana, attuate in vitro, con il sacrificio di tanti embrioni, se non il loro utilizzo come materiale biologico di laboratorio. Si pensi alla fecondazione eterologa (una donna riceve nel suo utero un concepito con gameti di altri), che finisce con il separare fecondazione ed amore coniugale. Già l’enciclica papale “Evangelium vitae” aveva denunciato, alcuni anni or sono (1995), come “delitto”, “l’uso degli embrioni e dei feti umani come oggetto di sperimentazione”.
Bioetica e libertà
C’è chi ha indicato quale data significativa, in questo cammino etico-culturale, il 22 gennaio 1973 (sono passati esattamente trent’anni), quando, con una sentenza della Corte suprema americana, nota come “Roe versus Wade”, si giunse alla liberalizzazione dell’aborto. Trasferendo il problema dall’ambito legale a quello privato, quell’atto assicurava, secondo alcuni, alla donna un margine maggiore di libertà decisionale e, in pari tempo, incentivava quel processo che ora viene chiamato “rivoluzione bio-medica”. E sollevava un insieme di problemi legati al “birth control”, al controllo etico dei processi di riproduzione umana. Tutto ciò che è, tecnicamente, possibile è, anche, moralmente ammissibile?, occorre domandarsi. Il desiderio di paternità / maternità è sufficiente, da sé solo, a giustificare ogni procedimento, ed ogni metodica via via adottati? Lo sviluppo scientifico non rischia, in certe occasioni, di assecondare un desiderio prometeico di onnipotenza, di superamento di ogni limite possibile...?
“Della vita
non si fa mercato”
In realtà la ricerca scientifica
e la sperimentazione che le è connessa sono sempre più condizionate
dagli interessi economici in gioco. Vi è una logica “mercantilistica”
ed “economicistica” che attraversa ed ispira una serie di comportamenti:
dalla manipolazione degli embrioni al commercio di organi di minori, dalla
piaga dell’aborto a quella non meno grave delle prostitute schiave, dei
bambini sottoposti ad abusi sessuali, della speculazione sul lavoro minorile
e, in genere, dello sfruttamento del lavoratore. E’ la logica che abbina
a sviluppo tecnologico (a vantaggio di pochi!) potere economico (“con i
soldi si può fare quello che si vuole”) e, promettendo maggiore
libertà e maggiore soddisfazione dei desideri, trasforma sempre
di più il soggetto umano in consumatore passivo, abbagliato da prospettive
di benessere e di gratificazione immediata. Lo slogan per la “Giornata
per la vita 2003” segnala i rischi di una visione in cui il denaro ed il
mercato sembrano essere le istanze più importanti.
Ma la vita è “fuori commercio”
- ribadisce, nel suo messaggio, la Commissione Episcopale permanente. Così
come l’amore coniugale da cui la trasmissione della vita non può
essere dissociato. Sotto pena di ridurre lo stesso bambino ad “oggetto”
che gratifica e soddisfa le attese di chi l’ha generato. Un “oggetto” sottoposto
al “controllo di qualità” costante, da parte di chi l’ha desiderato
e messo al mondo.
“Della vita non si fa mercato!”,
ammoniscono i vescovi, richiamando un principio basilare per la convivenza
umana. Così la vita va tenuta fuori da ogni logica di mercato, così
come da ogni tentativo, anche da parte di organizzazioni quali gli stati,
di “metterle le mani su”, subordinandola a (pretese) necessità sociali.
Di conseguenza, anche l’eliminazione della pena di morte dovrebbe figurare
fra gli obiettivi della “Giornata per la vita”. Ma quante volte ancora
dovremo attendere che il Colosseo sia illuminato dalle fiaccole? E per
quanto tempo ancora?
I costi per la società
Il monito dei vescovi che fornisce il tema della giornata non si rivolge, a mio avviso, solo alla coscienza individuale. Ha di mira anche quel che rimane dello “stato sociale”. Quante volte sentiamo enumerare - con un sospiro di apprensione - i “costi per la società” che derivano dall’assunzione di determinati obblighi da parte di una comunità statale! Gli anziani costano, i portatori di handicap, i malati terminali, i tossicodipendenti... pure. Ma non vi sono qui in gioco delle “scelte di civiltà”, a cui uno stato moderno non può sottrarsi? Oppure anche la salute, la tutela dei deboli, il recupero degli svantaggiati... diventano “prodotti”, “merce” sottoposta alle regole di mercato (chi se lo può permettere...)?
Etica e politica
La difesa della vita (e abbiamo visto,
sia pure con troppa brevità, quante siano le minacce incombenti)
chiama in causa, nello stesso tempo, la visione morale personale, e le
politiche di ordine generale. Vale la pena di ricordare che le une non
possono essere fatte combaciare con le altre. Il pluralismo in tema etico
non può essere negato, né si può revocare in dubbio
la laicità dello stato di fronte a determinate visioni etico-religiose.
E’ pur vero, però, che alcuni principi di ordine generale non possono
essere tenuti fuori da un ordinamento pubblico. Avvicinare etica e diritto,
visione personale e ordinamento generale, è il compito duro e appassionante
della politica, che non può, peraltro, ignorare le esigenze democratiche
del pluralismo.
La proposta ecclesiale di questa
giornata non può, dunque, fare a meno di muoversi su due direzioni:
la formazione della coscienza morale dei credenti, e il segnalare all’agenda
della politica (dei credenti e non) alcune istanze. Una normativa nel campo
delle biotecnologie, tanto per portare un esempio, è oggi drammaticamente
necessaria e urgente.
d.p.a.