11 settembre, una data di portata
epocale anche per le religioni. L'attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono
è presentato come un attacco all'Occidente cristiano e secolarizzato,
da parte dell'Islam. Non sarà che si sta avverando la fosca profezia
di S. P. Huntington, circa un prossimo "scontro fra civiltà", di
cui una parte importante è determinata dalle religioni?
Il convegno nazionale sul dialogo
interreligioso, tenutosi al "Divino Amore", a Roma, a cui ha partecipato,
in qualità di delegato diocesano, il nostro Ezio Actis, ha offerto
l'occasione di mettere a punto e di condividere una riflessione sulla "teologia
delle religioni", e sulle strategie pastorali che ad essa possono ispirarsi.
La realtà multireligiosa
- con l'orizzonte pluralista che ne è derivato - è ormai
un dato di fatto innegabile, anche nelle nostre regioni, per effetto delle
migrazioni degli ultimi tempi. Resta da domandarsi, con Mons. Michael
L. Fitzgerald, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso,
se questo debba considerarsi semplicemente un dato di fatto o un ideale,
a cui tendere e da costruire. Certo un compito comune sembra imporsi: "Camminare
insieme alla ricerca della verità e collaborare ad opere di interesse
comune", come si legge nel documento "Dialogo e missione" (1984).
Da parte della teologia cattolica
- la relazione teologica è tenuta da Mons. Bruno Forte - si fa strada
la convinzione che gli scogli da evitare siano, da un lato, l'esclusivismo
di chi considera la propria religione come l'unica vera e le altre false,e,
dall'altro, un appiattimento qualunquistico, per cui "una religione
vale l'altra".
IL cristiano, a giudizio di Forte,
non può rinunziare all'idea che solo in Gesù si trova la
pienezza della rivelazione divina. L'originalità di Gesù
non contraddice alla sua "pretesa" di essere per tutti "via , verità
e vita".
La "verità piena" che si
trova in quella Parola, aggiunge Forte, non toglie, però, valore
alle tante altre 'parole', dai percorsi di ricerca di Dio che muovono dalle
"realtà della creazione", alle proposte delle varie religioni.
Dietro alla "Parola fatta carne",
"pienezza dell'autocomunicazione di Dio all'uomo", sta comunque il "mistero"
di Dio, non catturabile in alcuna Parola, libero e capace - potenzialmente
- di tracciare altre strade per farsi conoscere. Dietro alla parola c'è
il Mistero del Dio "tre volte Santo"; dietro alla Chiesa ed al suo annuncio,
c'è il Regno di Dio, ben più ampio.
C'è di più.
In tema di religione, non si tratta solo di una 'verità' da conoscere,
ma di una salvezza da vivere e da sperimentare. Il Papa, nella "Re-demptoris
Missio" parla di una grazia di Cristo, in vista della salvezza, presente
anche nelle religioni non cristiane.
Resta il fatto che, per il cristiano,
l'unico criterio con cui discernere gli elementi di verità e di
salvezza presenti nelle altre religioni risiede nell'adesione alla rivelazione
compiutasi in Gesù, e nella fede in Lui. Il confronto resta sempre
"cristocentrico".
Allora le coordinate per un rapporto
cristianesimo - altre religioni risultano così delineate: si tratta
di porre in essere un atteggiamento di "attenzione, rispetto e dialogo",
senza, però, alcuna "indebita confusione", evitando, asserisce ancora
Forte, un pluralismo che vanifica "l'assolutezza del cristianesimo".
Dialogo, sì, dunque, ma "coniugato
con l'annuncio della buona novella di Gesù Cristo", un annuncio
che non tace la dimensione di "scandalo" dello stesso messaggio e
accetta fino in fondo la logica della libertà nell'assenso di fede.
Fin qui la relazione di Bruno Forte,
che si muove nell'ambito della teologia cristiana e della pastorale ecclesiale.
Per l'uomo di oggi, mi pare, né credente né non credente,
la 'verità' di una religione sta nella capacità di offrire
senso, di collaborare a costruire rapporti di pace, a diffondere una vita
giusta e buona. L'albero si conosce dai frutti, diceva Gesù.
L'acquisizione diffusa, ormai, è
che nessuna delle differenti 'verità' religiose possa pretendere
di possedere, nella pienezza, una Verità ultima. "C'era un volta
un re di Benares - è una storiella attribuita a Buddha e riferita
da Sergio Bocchini sull'opuscolo "Una religione vale l'altra?" - il quale
riunì alcuni mendicanti ciechi. Fatto condurre un elefante, offrì
un premio a chi avesse offerto la migliore descrizione. Il primo toccò
per caso le zampe e riferì che l'elefante era un tronco d'albero.
Un altro che aveva toccato un orecchio, disse che l'elefante assomigliava
ad una foglia di palma…". Anche i maestri religiosi corrono il pericolo
di fare come quei mendicanti ciechi.
d.p.a.