Nessun parlamentare avrebbe, forse,
immaginato, vedendo l'anziano Pontefice varcare la soglia di Montecitorio
con passo ancora spedito (il Papa aveva rinunciato a complicati trabiccoli
per il suo spostamento, e si è fidato solo del suo bastone!), l'ampiezza
e la ricchezza del discorso che Giovanni Paolo II avrebbe indirizzato ai
rappresentanti più autorevoli delle istituzioni italiane. Un giro
d'orizzonte a 360 gradi, sulla vita della nazione e sulle problematiche
politiche che vi sono agitate, in cui inviti, ammonimenti, preghiere sono
stati estremamente pertinenti, senza mai essere invadenti. "Un'Italia fiduciosa
in se stessa e coesa - ha affermato il Papa - è una grande ricchezza
per le nazioni ed il mondo". Il 'cemento' che unisce e dà forza
a quella ricchezza sta nell'"eredità cristiana", riflessa nelle
opere d'arte così come nelle figure dei Santi, tale da conferire
alla nostra nazione una precisa "identità culturale e sociale".
Di lì deriva il primo impegno
indicato dal Pontefice alla classe politica italiana: "offrire un messaggio
di rispetto per ogni uomo e i suoi diritti". "Non viviamo in un mondo irrazionale,
privo di senso - ha aggiunto il Pontefice -, ma in un mondo illuminato
da una Legge Morale”.
Ne deriva, per l'Italia, la necessità
di "incrementare la sua unità interna", basandola sulla sua storia,
sulla ricchezza delle iniziative culturali e sociali che hanno visto in
azione la pluralità delle sue "genti".
A tale coesione è necessaria
un'"anima di solidarietà", espressa nel volontariato; che deve potersi
ravvisare anche nell'agire politico in cui la durezza dei contrasti deve
potersi mitigare "nello spirito di servizio e nella sensibilità
al bene comune". Alla costruzione del bene comune è necessaria una
base di valori etici condivisi. "Una democrazia senza valori - ha detto
con forza Giovanni Paolo II, scandendo le parole e raccogliendo una robusta
dose di applausi - si converte facilmente in un totalitarismo subdolo".
Un'ulteriore minaccia è costituita,
secondo il Papa, "dalla crisi delle nascite e dall'invecchiamento della
popolazione". Per operare una significativa "inversione di tendenza", occorre
non solo l'azione pastorale della Chiesa, ma un'ampia azione politica,
mirante a "rendere meno onerosa la generazione e l'educazione dei figli".
E qui il Papa si è addentrato nella complessa responsabilità
educativa e scolastica, mirante, soprattutto, ad una formazione della persona.
Sulla base della convinzione che "l'uomo conta più per ciò
che è che per ciò che ha".
Una responsabilità etico-politica,
disegnata a tutto tondo, non può ignorare -secondo il Pontefice
- "l'attenzione alle sue membra più deboli": dai disoccupati agli
immigrati, ai carcerati, per i quali ha chiesto un "segno di clemenza consistente
nella riduzione della pena, in vista di un migliore reinserimento nella
società".
Un destino, infine, quello dell'Italia,
inserito nell'Europa, alla quale il Papa ha rivolto l'invito già
più volte ripetuto: "Europa, apri ancora le tue porte a Cristo!".
piero agrano