RIVAROLO - Difficile 'celebrare'
un evento quale la morte drammatica di un gruppo di giovani, senza scadere
nella retorica. Eppure la liturgia celebrata a San Michele di Rivarolo
è stata una liturgia eloquente, per la sincerità del linguaggio
e la compostezza del dolore di chi l'ha vissuto. La tonalità 'pasquale'
ed i richiami alla speranza non hanno ignorato né 'mortificato'
la durezza del distacco. A cominciare dal momento in cui si sono evocate,
appena prima che iniziasse la Messa funebre, esperienze di amicizia ed
itinerari comuni. C'è chi ha sottolineato come la morte non abbia
comunque spezzato i legami: "Nulla è cambiato. Siete andati nella
stanza accanto. Pensate ancora noi, e pregate per noi!".
Il Vescovo, che presiedeva la liturgia
concelebrata da una quarantina di sacerdoti, ha richiamato nella monizione
introduttiva, i "perché" che tutti ci portiamo dentro. "Il primo,
ha detto Mons. Miglio, è quello rivolto agli uomini: perché
strade così insicure? Un allarme che risuona da tempo, a cui non
possiamo assuefarci… Amico camionista, non ti conosciamo personalmente;
non sappiamo quanto eri stanco e perché avevi fretta: ci auguriamo
che il peso che anche a te è caduto addosso non ti sia troppo opprimente…"
Nella chiesa di San Michele, stipata
all’inverosimile (ma molta di più è la gente che non è
riuscita ad entrare e si è assiepata in via Ivrea e segue la funzione
con l’ausilio di altoparlanti) non c’è però spazio per il
rancore, contro alcuno. Se la rassegnazione fatica ancora a farsi strada
è piuttosto l’incredulità a dominare i sentimenti di tutti.
"Il secondo 'perché' lo rivolgiamo più in alto…Queste morti,
Signore, dobbiamo proprio pensare che siano la tua volontà? Sappiamo
che non c'entri solo Tu… Ma non riusciamo a non chiedere: Perché
così? Perché proprio ora?"
Nell'iniziare l'omelia, il Vescovo
ha richiamato "i colori della Pasqua, che i giovani hanno voluto per questa
liturgia". L'ultimo, irriducibile 'nemico', la morte, è destinato,
a sua volta, ad essere sconfitto. L'invito che ne segue è "a lasciarsi
prendere per mano da Gesù, per percorrere insieme la sua strada.
Quella strada che i giovani percorrevano: era lunga, veniva da lontano
e puntava molto in alto. Per una serie di cause, cui non è estranea
una componente di Mistero, quella strada si è bruscamente accorciata.
Ma non si è certamente interrotta. Per questo oggi noi ci troviamo
qui con lo sguardo rivolto verso l’alto, proprio come i discepoli all'Ascensione,
per cercare di vederli ancora”.
“A noi, che oggi ci ritroviamo smarriti
su questa strada che voi non percorrete più si avvicina un Amico
- ha soggiunto ancora il Vescovo, rivolgendosi alle giovani bare - che
ci ricorda che quella croce pesante che si è abbattuta sulle spalle
di tutti, è anche la sua e, portata insieme, diventa più
leggera. Questo Amico, ora voi lo vedete da vicino. Vi meravigliate di
quanto sia bello il suo volto e in quel volto vedete le facce dei bambini
con cui avete giocato e pregato…”
“Quel cammino non è finito.
Voi dovete continuare a fare gli animatori, ad essere animatori di tutti
noi che ci ritroviamo qui oggi, un po’ più vecchi e un po’ più
stanchi. Siamo noi ad avere ancora bisogno di voi: passate a noi un po'
del vostro entusiasmo. A voi non serve più, a noi diventa più
che mai necessario, per camminare come voi e verso di voi, e per comunicare
come voi fiducia e speranza".
La liturgia prosegue, e la comunità
si se possibile ancor più stretta ai volti terrei dei familiari,
più pallidi del legno chiaro delle quattro bare ai piedi dell’altare.
La preghiera dei fedeli è ancora l'occasione per dare voce al dolore
e alla speranza, trasformandoli in invocazione. Particolarmente commovente
la preghiera “di ringraziamento” di Domenico Ciampolillo, papà di
Clemente. “Pur in questo momento di indicibile dolore, anche a nome degli
altri genitori, sento il bisogno di ringraziare il Signore per il
dono impagabile di questi figli meravigliosi. Noi, increduli e orgogliosi,
li abbiamo visti crescere per realizzare la Tua parola. Certo, contavamo
di averli al nostro fianco per un tempo più lungo, ma altri erano
i Tuoi disegni, Signore. Si sà, i genitori possono dare ai
figli null’altro se non le radici. Noi speriamo di avergli dato anche
le ali, per volare da Te, cui chiediamo di aiutarci a vivere serenamente
questo distacco”.
L’intensità dei canti e delle
preghiere dei giovani della parrocchia trasmette comunque conforto e serenità,
ad onta dello strazio che scuote i cuori. Fuori la folla è composta
e compatta: un’assemblea che si confonde senza soluzione di continuità
con quella che prega dentro la chiesa, quasi ad emblema di una compassione
che tocca davvero tutta la città.
L’applauso scrosciante che accompagna
l’uscita delle bare è segno di affetto spontaneo. Poi il grande
corteo, imponente, aperto dalla Banda (una delle vittime vi suonava), dai
compagni di squadra in tenuta da gioco di Aldo, dai labari delle tante
associazioni di cui i ragazzi facevano parte, dai gonfaloni abbrunati di
una ventina Comuni della zona, rappresentati anche dai rispettivi sindaci
con tanto di fascia tricolore. E poi la folla: un fiume strabocchevole
di gente che impiega una ventina di minuti per sfilare completamente sino
alla chiesa di San Francesco, ultima tappa prima dell’inumazione al cimitero
comunale.