Genova, un anno dopo. Che cosa è rimasto nella memoria collettiva dei fatti di Genova? Forse qualche brandello di immagini convulse di violenza, di scontri fra black-block e polizia, dell’uccisione di Giuliani, di perquisizioni... Il trascorrere del tempo, l’incalzare di nuovi avvenimenti - si pensi all’11 settembre! - hanno diradato ricordi, attenuato emozioni, modificato giudizi. Se non fosse per le indagini ancora in corso, e gli inquietanti retroscena che ora sono portati alla luce, verrebbe voglia di archiviare il tutto. Ma, forse, non è giusto. Di Genova, del movimento no gobal, e di quel che è venuto dopo, ne parlo con Nevio Perna e Pierangelo Monti, leaders dell’Ivrea social forum, anch’esso frutto di quel movimento.
Genova 2001,
non solo violenza
Ad un’immagine stereotipata che identifica manifestazioni = contestazione violenta, largamente somministrata dai media, reagiscono i nostri amici. Che cosa è stata, che cosa ha significato l’anti G8? L’appuntamento di Genova, ricorda Nevio Perna, si collegava al movimento di Seattle e di Porto Alegre, ed ha significato una grande sorpresa: ad avere visibilità era un movimento a dimensioni mondiali, con una forte connotazione giovanile e pluralistica. In quella settimana è stato messo in atto uno straordinario laboratorio utopico, di ricerca di nuove letture dei fenomeni mondiali e di soluzioni (ancora parziali ma interessanti) dei problemi che essi ponevano. Nel momento in cui - dopo Berlino ‘89 - il modello capitalistico sembrava affermarsi come unico (“La storia è finita, asserivano alcuni, il neo liberismo ha la soluzione definitiva ai problemi!”), il movimento no global segnalava una rottura, ed una ripresa di contestazione non solo protestataria. Ricordava - e non era l’unico - che i processi di globalizzazione economica e culturale (globale era la categoria che emergeva con forza) non hanno condiviso le risorse, ma ci hanno consegnato un mondo ancora più diviso e minacciato, un divario crescente fra ricchi e poveri, Nord e Sud del mondo.
Una faticosa ricerca
di progettualità
Genova 2001 ha significato, dunque, un grosso fenomeno di rottura, dopo alcuni decenni (dal ‘68). Un processo non ideologicamente omogeneo, ma che si esprimeva in organizzazioni ed esperienze le più disparate. Variegato era, anche dal punto di vista generazionale, il panorama offerto da quella moltitudine. Da Genova a Porto Alegre (dal momento che il G8 successivo è stato “blindato” in alta montagna!). Lì si costruisce una mappa dei bisogni e dei diritti a scala mondiale, e si fa un grosso sforzo per rappresentarne, anche simbolicamente, i progetti e le proposte di soluzione: “Un mondo diverso è possibile!”, e non solo sognato. La dimensione progettuale, ricorda Pierangelo Monti, era ben presente anche a Genova con interventi di grosso spessore, ignorati dai media.
Genova e la violenza
A Genova, ricorda Nevio Perna, lo scontro è stato durissimo: la presenza di una componente violenta, alcune innegabili ambiguità sugli atteggiamenti da tenere nei confronti della violenza (una problematica che il movimento si è trascinato anche dopo Genova), la reazione non meno dura e tragicamente scomposta delle forze dell’ordine, culminata con l’incursione nella scuola “Diaz”... E l’affiorare, da parte di alcuni settori governativi e politici, della convinzione di non ritenere compatibile con l’esercizio della democrazia la presenza di un forte movimento di opposizione. Insomma, il rifiuto di fronte ad una nuova fase di conflitto sociale, con la conseguente volontà di criminalizzare il movimento, identificandolo con le frange più violente.
Dopo Genova
Il movimento, manifestatosi con una visibilità così grande nei fatti di Genova, ha prodotto la singolare esperienza italiana della creazione dei social forum locali, una quindicina nel solo Piemonte, alcune centinaia in Italia. Se il riferimento alle idealità e alle analisi di Genova era fuori discussione, così come la messa in atto di iniziative di cooperazione internazionale, si poneva la domanda di come strutturare localmente un movimento così eterogeneo, dando visibilità e pari dignità a tutte le componenti. Intorno ad alcuni nodi insoluti ed incomprensioni, si sono avute prese di distanza e distacchi, particolarmente di associazioni dell’area cattolica. Eppure il radicamento territoriale è, secondo Perna, uno degli aspetti più fecondi e promettenti del movimento: è il territorio, infatti, l’anello di congiunzione fra le grandi tensioni mondiali e gli effetti locali. Si tratta dell’originale incontro fra “globale” e “locale”. Qui da noi, fa notare ancora Nevio, rimane debole la capacità di lettura di un territorio, nella sua fase “post-olivettiana”, con il risultato di accettare, senza andare troppo per il sottile, piani ed ipotesi di sviluppo, che andrebbero diversamente discusse (il Millennium Canavese, il piano regolatore di Ivrea, il piano per l’area Montefibre..., tanto per citare alcuni esempi).
L’11 settembre
I fatti dell’11 settembre hanno scompaginato il panorama mondiale, ed obbligato anche i social forum a “spostare il tiro”, a modificare analisi e programmi. L’emergenza terrorismo, e per giunta di radice islamica, ha “schiacciato” la dialettica sul mondo globalizzato, innescata dal movimento, sul conflitto semplificato fra Usa e terrorismo internazionale, con ampi sconti a favore di soluzioni belliche e violente. Come rifiutare di opporsi al terrorismo?, ci si domandava. Si tende allora a rappresentare il conflitto - che ha nel medio Oriente il suo punto di maggiore criticità - come conflitto di civiltà e di religione (Occidente - Oriente; Cristianesimo - Islam...), con la richiesta di rapide e semplificate scelte di campo: “o con noi, o contro di noi!”.
Cattolicesimo e sinistra,
di nuovo divise?
C’è in atto, secondo Perna, anche a livello italiano, un disegno mirante a porre fine a quella “pericolosa congiunzione” che, a Genova e dintorni, si è verificata fra le componenti cattoliche più attente a queste contraddizioni sociali (si pensi ai missionari) e le dinamiche critiche e contestatrici del movimento. C’è davvero in atto, anche qui da noi - si domandano i nostri interlocutori con una punta di provocazione nei riguardi della Chiesa Locale eporediese - una tendenza a rientrare nei propri recinti sicuri, evitando punti di incontro e “contaminazioni” pericolose? In tale ottica andrebbe considerata la ventilata interruzione del rapporto fra Curia e Cooperativa “Rosse Torri” per la gestione dell’Abcinema, che porrebbe fine ad un originale luogo di incontro e di elaborazione culturale...
I “paletti”
del social forum
Dinanzi ad una evoluzione ancora
imprevedibile dei social forum, come soggetti autonomi rispetto ai partiti
e alle organizzazioni tradizionali (ma tutto fa pensare, osserva Perna,
che essi non siano un fenomeno effimero), è importante, per Monti,
ribadire alcuni valori che diventano linee discriminanti per l’azione del
movimento: la democrazia partecipativa, il rispetto dell’ambiente, la sobrietà
e la limitazione dei consumi e l’attenzione agli ultimi e ai poveri. Quale
migliore terreno di raccordo fra “globale” e “locale”, che la messa in
discussione e a critica ai consumi?
d.p.a.