Due pagine mi sono passate sotto
gli occhi, la domenica scorsa. Il racconto della tragica fine dei quattro
ragazzi di Rivarolo, e la pagina biblica proposta alla seconda lettura
della messa festiva. Come leggere l’una senza legarla all’altra?
“Le sofferenze del momento presente
non sono paragonabili alla gloria futura...”.
Le sofferenze sono, ora, quelle
di chi piange quattro giovani animatori, che andavano al mare, per una
vacanza premio. Una pausa meritata, dopo tanto arrabattarsi nell’oratorio
estivo della parrocchia. Non c’è misura proporzionata, scrive San
Paolo, fra le sofferenze del momento presente e la gloria futura.
Ma quale gloria quando un attimo
di disattenzione, una banalità è sufficiente a distruggere
quattro giovani vite, e a rivelare quanto caduca, fragile ed inconsistente
sia questa nostra creazione? L’approdo della fede e della speranza cristiane
indica un “oltre” quello schianto mortale, quella drammatica manifestazione
di “caducità”, di precarietà. Non cancella il dolore, lo
colloca dentro ad un orizzonte diverso.
“L’intera creazione soffre e geme”.
Si geme sotto il peso del dolore e della disperazione, delle domande senza
risposte e della separazione prodotta dalla morte. Si geme per un progetto
cancellato, una speranza infranta, una promessa di vita non mantenuta.
Ma si geme anche sperando, non arrendendosi alla ineluttabilità
del male, ricuperando i cocci delle proprie speranze infrante. Scommettendo
ancora su un Dio della vita, la cui gloria vera sarà quella di manifestare
il vero volto dei suoi figli. Non più quello deturpato e sfigurato
da un incidente, ma quello radioso che Lui vuole per i suoi figli.
Si geme come una donna che partorisce,
tenta ancora di spiegare San Paolo. Un gemito che prelude alla vita. Quell’ultimo
gemito dei ragazzi di Rivarolo è stato il portale di ingresso ad
un mistero di vita, il sentiero accidentato che vi conduce.
C’è stata tanta commozione
intorno a quei ragazzi. Una commozione sincera. E non solo perché
si trattava di giovani. Forse, anche per quel loro impegno di animazione
all’oratorio, che li ha uniti nell’ultimo tratto della loro vita, fino
a quel tratto dell’A14, di cui non hanno più visto il termine e
la meta.
Un impegno di servizio ai più
piccoli, prestato con gioia e dedizione. Un impegno vissuto in un oratorio
parrocchiale. Già, la Parrocchia: per qualcuno è ancora luogo
di crescita, di servizio, di amore alla vita. Fino agli ultimi appuntamenti,
allorché il momento presente sconfina nella gloria futura. Che è,
ancora, approdo alla Vita.
piero agrano