IVREA - È un quadro sconfortante
quello descritto da una recente ricerca dell'Università di Tel Aviv
sugli effetti della violenza. Condotta su un campione di quindicenni, l'indagine
ha rilevato che il 70% degli adolescenti palestinesi ed il 30% dei giovani
israeliani soffrono di sindromi post-traumatiche dovute alla prolungata
esposizione a fatti di violenza, con forti emicranie, angoscia, depressione
e comportamenti anormali, a casa e a scuola, che possono portare fino al
suicidio. Ma il dato forse più preoccupante emerso dalla ricerca
è che il 40% circa dei ragazzi di ambo le parti pensano che non
si debba più riprendere il processo di pace. Cosa possiamo fare
noi, di qui, per aiutare questi giovani a contenere almeno in parte la
devastante deriva in cui si trovano e recuperare un po' di speranza?
Una risposta la suggerisce il progetto
"Un varco di pace in Palestina" [di cui abbiamo scritto negli scorsi numeri]
con l'iniziativa su cui sta avviando un gemellaggio tra la comunità
canavesana e il villaggio palestinese di Beit Ummar.
Beit Ummar si trova a nord
di Hebron , ha 12000 abitanti dei quali circa 4000 sono studenti delle
elementari e medie. A nord è circondato da un gruppo di insediamenti
ebraici, Gush Ezzion. La sua economia si basa esclusivamente sull'agricoltura,
ma le terre palestinesi vengono continuamente requisite per allargare i
confini degli insediamenti. La sua gestione amministrativa è palestinese,
ma il villaggio è di fatto occupato dall'esercito israeliano che
ha il compito di "controllarne la sicurezza".
A Beit Ummar esiste un Circolo Giovanile
che ora conta circa 600 membri e promuove tra i giovani soprattutto la
pratica sportiva (calcio), utilizzando i terreni da gioco delle scuole.
I giovani del Circolo di Beit Ummar hanno realizzato scambi sportivi con
un club giordano e sono in rapporto con il Comitato di Resistenza degli
Arabi Israeliani (palestinesi residenti in Israele) con cui hanno
organizzato manifestazioni per la pace. Collaborano anche con il Comitato
delle Donne di Beit Ummar, che rappresenta l'altra realtà associativa
del villaggio.
Per Nasri Sabarna, presidente del
Circolo giovanile, il problema prioritario è quello relativo alla
condizione psicologica dei bambini. I giovani del Circolo di Beit Ummar
ritengono che all'origine della scelta di violenza e autodistruzione operata
oggi da molti loro coetanei ci sia la scarsa attenzione prestata dalla
società palestinese ai bambini della prima Intifada (1987-92). Quelli
che allora avevano 4-5 anni e che giocavano con le armi di plastica e con
le pietre imitando i fratelli maggiori sono i ventenni che oggi, dopo il
fallimento del processo di pace, non hanno più sogni né speranze
e credono solo alla lotta armata, fino a proporsi come bombe umane contro
ogni soluzione politica del conflitto.
Come prima azione di solidarietà
concreta chiedono perciò di essere aiutati ad organizzare un campo
estivo di due settimane per una cinquantina di bambini, da selezionare
tra quanti hanno subito traumi più gravi (uccisione del padre o
dei fratelli, distruzione della propria casa o perdita del terreno, ecc.).
Alla gestione del campo collaboreranno giovani formati con i metodi della
comunicazione non-violenta ed è prevista la partecipazione delle
madri o di altri familiari per assicurare, a conclusione del campo, il
sostegno continuativo ai bambini. Vorrebbero realizzare l'iniziativa in
agosto ed il costo previsto è di circa 5000 euro. Sulla valutazione
di questa prima attività intendono basare poi un programma più
ampio e strutturato, aperto al maggior numero di bambini del villaggio.
Condividendone pienamente le finalità,
il gruppo di lavoro di “Un varco di pace” ha deciso di sostenere la richiesta
dei giovani di Beit Ummar. Questa iniziativa, proposta e gestita "dal basso",
da esponenti della società civile palestinese, potrà essere
un buon avvio del gemellaggio tra la nostra comunità canavesana
e quella di Beit Ummar.
Se la situazione politico-militare
lo consentirà, ai primi di agosto una delegazione di “Un varco di
pace”, composta dal nostro vescovo mons. Arrigo Miglio, la dottoressa Maria
Teresa Perenchio (primario neuropsichiatria infantile), il dott. Enrico
Levati (Comitato cittadino di solidarietà) e Salvatore Rao (assessore
al Comune di Ivrea), andrà a Beit Ummar per portare il contributo
della nostra comunità, definire con i diretti interessati i dettagli
del progetto e partecipare al suo varo.
Per contribuire al progetto, versamenti
su:
- Ccp n° 17825100, intestato
a Caritas Diocesana Eporediese-Curia Vescovile. Causale: "per la Palestina";
- Ccp n° 30505101, intestato
a Comune di Ivrea. Causale: "per la Palestina".
il gruppo
di lavoro di un varco di pace