Le cronache di questa settimana riferiscono
della canonizzazione di Padre Pio da Pietrelcina e del pellegrinaggio diocesano
a Lourdes. I due eventi presentano un evidente punto di contatto: l’interesse
al mistero della sofferenza. In vita ed anche dopo la morte, il cappuccino
del Gargano è cercato ed invocato da schiere di sofferenti. E schiere
non meno numerose di ammalati e di sofferenti affollano ogni anno la località
dei Pirenei francesi, dove la Vergine immacolata è apparsa
ad una pastorella, Bernadette Soubirous.
Già, la sofferenza. Inquieta,
abbatte, toglie speranza. Ci fa sentire fragili, spesso impotenti. Fa scaturire
una domanda di aiuto, talvolta confusa, arrabbiata, disperata. Solo di
rado si torna a casa, dopo un pellegrinaggio, portandosi la grazia che
si cercava, e per la quale si è pregato con tutto lo slancio possibile.
Ma il segreto di Lourdes, come di
San Giovanni Rotondo, è che la sofferenza è, almeno per qualche
ora, per qualche giorno, condivisa, portata insieme. Davanti alla Vergine
di Massabielle, così come davanti al “guaritore ferito” (nella bella
definizione di H. Nouwen), quale fu San Pio da Pietrelcina, non ci si sente
più soli. Il mistero della sofferenza diventa mistero di Grazia,
almeno come mistero di compassione. Nel significato originario di sofferenza
condivisa.
piero agrano