Rubo il titolo del 'fondo' a quello
della "Tregiorni" diocesana recentemente conclusa. E, fra i cambiamenti
in atto nel mondo economico e del lavoro del nostro territorio, ci troviamo
ancora una volta a registrare timori, crisi aziendali e preoccupanti assenze
di prospettive e di futuro. "Il mondo cambia e, di conseguenza, cambiano
anche le aziende - ha dichiarato ad un quotidiano il sindaco di Ivrea Fiorenzo
Grijuela -, è provinciale pensare che il mito di quell'industria
(l'Olivetti, n.d.r.) possa essere sempre sulla cresta dell'onda".
Sarà pure 'provinciale' rimpiangere
nostalgicamente un mito aziendale andato in frantumi. Ma non ci si può
esimere dal valutare - con il necessario spirito critico - gli esiti di
quelle trasformazioni: depauperamento e dispersione di una grande patrimonio
di cultura tecnologica avanzata, con pesanti e continuate ripercussioni
sulle prospettive occupazionali. Che lo stabilimento di Scarmagno
sia 'convertito' a laboratorio di riparazione dei telefoni… non mi sembra
una grande conquista, con buona pace delle sinergie fra Tecnost e Telecom.
"In un mondo che cambia", appunto,
occorre saper discernere non solo i segnali di crisi, ma anche quelli di
speranza, le potenzialità piuttosto che gli elementi di crisi.
E' quanto si è tentato di fare nella "Tregiorni" diocesana. La multiculturità,
dimensione socio-religiosa che sta acquistando anche la società
canavesana, impegna la Chiesa locale ad affrontare i fenomeni e le problematiche
dell'immigrazione, a cercare nuove forme di relazioni e di dialogo, così
come le difficoltà relative al ‘personale' (carenza di preti e di
religiosi) la 'obbliga' ad una presenza sul territorio non solo più
razionalizzata, ma innovatrice nello scovare risorse e collaborazioni,
soprattutto in campo laicale.
piero agrano