ISSIGLIO - Un legame storico accomuna
il S. Pietro d’Issiglio al S. Giorgio di Vidracco. Infatti, dall'inchiesta
del 1329 emerge una situazione caratterizzata da un’unione di fatto: un
solo sacerdote, nella persona del presbiter Giacomo, amministra le due
chiese per quanto, formalmente, esse siano distinte. Colpisce la denuncia
d'una povera economia montana, con una riscossione in natura delle decime,
a mezzo di castagne verdi ed avena, oltre al ristretto reddito che deriva
dalla coltura di alcuni novali, presi in affitto.
Inoltre, in un documento del 1255
compare come signore del luogo, investito dalla Chiesa di Ivrea, Pietro
di Arondello, che sarà seguito nel dominio su tali terre della bassa
Val Chiusella o di Chy dai suoi discendenti di Loranzé.
Dal lato dell’architettura romanica,
però, può essere qui preso in considerazione soltanto il
S. Pietro d’Issiglio che ne conserva ancora le tracce.
E’ una chiesa cimiteriale, in pietre
fluviali, prese dal greto del torrente Savenca, ad aula unica monoabsidata,
con tratti ad affresco in rosso vivo sull’ampio catino.
All’esterno, la curva dell’abside,
con gli archetti pensili molto spaziati, a ritmo ternario, entro specchiature
tra lesene , è oggi, purtroppo, spezzata in due dall’incastro di
tombe moderne.
Comunque, i segni concreti, per
quanto parzialmente cancellati, crescono nel tempo, finiscono per avere
una loro vita autonoma.
Per una prima catalogazione dei
reperti architettonici romanici in zona clivina inferiore possiamo contare
sui seguenti numeri: il tipo clamoroso del clocherporche, ossia del campanile
in facciata, della pieve di Lugnacco, ripetuto a Pecco; il campanile normale,
molto semplice di Alice, in località Mattareglio, che serviva le
popolazioni lacustri, il quale fa coppia, secondo la sua collocazione sul
fianco dell’edificio sacro, con quello altissimo di Vistrorio; e, come
termine, l’abside di Issiglio, che abbiamo appena descritto.
Nella torre del S. Bartolomeo Apostolo
di Vistrorio è ancora visibile,. in alto, nonostante la rimodellazione
ottocentesca, un doppio ordine di bifore, di capitelli a gruccia su rozzi
fusti lapidei, con una monofora ed una feritoia sottostanti. Anche nella
muratura la disposizione dei conci è avvenuta a caso, in modo irregolare,
con pochi inserti più accurati, a spina di pesce.
La crescita storico artistica, durante
la stagione del Romanico, nella valle è avvenuta, quindi, con adesione
massima al territorio, adoperando materiali poveri locali, in parallelo
con le fontane derivanti da quelle naturali, unicamente costituite da un
tronco scavato infisso nella roccia o nella terra.
Sulla piana insisteva, per contro,
la pieve di Vespiola, nelle vicinanze di Baldissero, con affreschi, all’interno,
già da me assegnati a Giacomo da Ivrea, al momento della mia indagine
aperta (Saluzzo, 1973); il cui restauro si sta proprio ora ultimando.
La decorazione pittorica vi prevede:
sull’arco trionfale, l’Annunciazione, difesa da un santo guerriero tedesco
(probabilmente, S. Bernardo di Baden); nel catino absidale, il Cristo in
mandorla, tra gli animali apocalittici; nel sottostante tamburo, la teoria
degli Apostoli.
A questo punto, accanto alle pietre
romaniche, non si devono passare sotto silenzio, dal lato della flora,
i narcisi spontanei, che vi sono protetti, limitandone la possibilità
di raccolta ai periodi di massima fioritura.
Il narciso d’Issiglio, in particolare,
presenta fiori bianchi che s’accendono in arancio, con un intensissimo
profumo: deriva, seguendo il mito, dal giovane che morì per il vano
amore della propria immagine riflessa in una fonte.
Secondo Kerényi, il narciso
nel suo nome conserva l’antica parola “narke” che esprime lo “stupore”.
Lo stesso sentimento che il tragico fanciullo provò quando, curvandosi
su di una delle tante sorgenti dell’Elicona, nella regione di Tespia, in
Beozia, dove Eros era particolarmente venerato, si era visto riflesso nell’acqua.
Da ultimo, Cesare Pavese era anche
lui convinto, nei “Dialoghi con Leucò”, che: “E se vai per le strade,
sai che la terra è tutta piena di divino e di terribile”.
Per cui, oltre alla bellezza, occorrerà
sentire ad Issiglio che, dietro al prato, dove spuntano spontaneamente
i narcisi, e alla nube, c’è qualcosa di remoto.
aldo moretto