Cresce in tutto il mondo l’indignazione
per la violenta repressione scatenata dal governo israeliano contro i palestinesi.
Di fronte alle lentezze di chi già da molto tempo avrebbe potuto
e dovuto spingere verso una soluzione diplomatica dei problemi, spiccano
gli accorati appelli del Papa, rivolti non solo per salvare uno dei monumenti
più antichi e più cari alla cristianità come la basilica
della Natività a Betlemme, ma anzitutto per salvare vite umane,
dei Palestinesi e degli stessi Israeliani, e i diritti fondamentali del
popolo palestinese a vivere in pace sulla propria terra.
Subito dopo i fatti dell’11 settembre
scorso istintivamente il pensiero correva a quel crocevia della pace mondiale
che è la Terrasanta: ora i pensieri si fanno ancora più cupi,
col dubbio che l’11 settembre abbia non solo scatenato una spirale di violenza,
ma offerto il pretesto per altre pesanti manovre internazionali la cui
portata è difficile immaginare. Oppure si tratta solo dell’estremizzazione
di un conflitto già molto acuto tra i due popoli, le cui radici
a questo punto non basta più cercare nella storia degli ultimi 50
anni, poiché sembrano risalire molto indietro, nei misteri di una
storia che fa della Terrasanta un unicum in assoluto? Anche in questa seconda
ipotesi il conflitto appare gravissimo e richiede una mobilitazione piena
delle nostre coscienze.
Sono indispensabili alcune condizioni
perché il nostro impegno sia veramente a servizio della pace.
Anzitutto una condanna senza equivoci
di ogni azione violenta, dalle due parti: è impossibile oggi puntare
il dito contro chi ha cominciato per primo! Secondo: per non strumentalizzare
il discorso della pace è necessario tenere ben presente la storia
di quella Terra e dei due popoli oggi in guerra, almeno la storia dell’ultimo
secolo. Alla luce di questa storia si comprendono i diritti di Israele
a vivere nella sicurezza e dei Palestinesi ad avere uno stato vero e difendibile.
Se da una parte sono vergognosi i rigurgiti di antisemitismo ricomparsi
nei giorni scorsi, dall’altra l’occupazione sempre più spudorata
dei territori palestinesi da parte di Israele schiaccia il popolo palestinese
in una situazione oggettiva di violenza continuata e disperazione.
Non possiamo lasciare solo questo
popolo, non possiamo abbandonare i fratelli cristiani che vivono nella
Terrasanta.
Vogliamo potenziare anche l’aiuto
concreto per venire incontro alle situazioni di estrema povertà
che si sono create in Palestina. La Caritas diocesana, in collaborazione
con il Comitato che raccoglie le diverse istituzioni eporediesi, compresa
la nostra diocesi, è già in contatto con la Caritas di Gerusalemme,
dove qualche settimana fa si è recato anche un nostro rappresentante.
Nello scorso Venerdì Santo in tutte le parrocchie si è effettuata
la tradizionale colletta per la Terrasanta: sono le offerte che verranno
inviate a quelle chiese, di fatto tutte palestinesi. Intensifichiamo ancora
la nostra generosità, non solo per le chiese, ma per tutto il popolo
palestinese, al di là di ogni differenza e divisione.
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