I RAPPORTI NON SEMPRE IDILLIACI CON LA CHIESA: UNA
LETTERA AL PARROCO DI PALAZZO Pampaloni, fiorentino d’Eporedia La scomparsa dell’intellettuale, braccio destro di Adriano Olivetti
IVREA - Con Geno Pampaloni,
morto all'età di 82 anni a Firenze il 17 gennaio, se ne va un altro
pezzo di storia culturale eporediese. Nato a Roma il 25 novembre 1918,
critico e scrittore letterario per tutta la vita, Pampaloni sarà
ricordato dagli eporediesi soprattutto per essere stato braccio destro
di Adriano Olivetti e segretario generale del Movimento Comunità.
Siamo negli anni Cinquanta, quando la Olivetti assume intellettuali provenienti
da tutta Italia, dando loro incarichi di grande responsabilità,
ma anche concedendo loro ampi margini di libertà. Pampaloni conosce
Adriano Olivetti grazie ad un altro scrittore a lungo legato alla fabbrica,
Franco Fortini, e arriva a Ivrea nel 1947, con l'incarico di occuparsi
della biblioteca aziendale. A Ivrea Pampaloni troverà Giorgio Soavi,
Renzo Zorzi, Libero Bigiaretti, Paolo Volponi, Ottiero Ottieri, Egidio
Bonfante e, appunto, Franco Fortini, che gli dedica un poemetto di questa
fatta: "Poeti e romanzieri / piccoli, ma sinceri / voi sa stimare almeno
/ il Pampaloni Geno. / Trattieni i tuoi sospiri / o giovine che scrivi!
/ Ama i morti un po' vivi / ed i vivi un po' morti / Meno il più,
il più meno / il manzoniano Geno." Curiosi aneddoti circolano su
Pampaloni, "Eminenza ligia" di Adriano Olivetti (secondo il modo di dire
coniato da Egidio Bonfante): la sua figura a capo dell'Ufficio di Presidenza
era così carismatica che "Olivetti S.p.a." diventa "Se Pampaloni
Acconsente".
Al di là di queste
curiosità, resta il solido e profondo legame tra il critico e Adriano
Olivetti, fatto di una intima consonanza di idee. Il ricordo dell'amicizia
con il grande industriale è affidata al più famoso dei -non
molti- libri di Geno Pampaloni, Fedele alle amicizie (Camunia, 1984). Nel
capitolo dedicato agli anni passati a Ivrea, Pampaloni ricorda il modo
in cui Camillo e Adriano concepivano l'industria, come luogo di cultura
e di giustizia sociale, e come fattore di modernizzazione della società.
All'utopia politica dell'industriale eporediese Pampaloni dedica un libro,
Adriano Olivetti, un'idea di democrazia (1980).
Dopo la morte di Adriano,
nel 1960, Pampaloni abbandona l'industria: diventa direttore editoriale
alla casa editrice Vallecchi di Firenze e si dedica alla critica, occupandosi
di letteratura su La fiera letteraria, Epoca, Corriere della sera, Stampa,
Il Tempo, La Nazione, Il Mondo, L'Espresso. Nel 1962 fonda, insieme a Vittorio
Sereni, la rivista di letteratura
Questo e altro. Nel 1974
viene chiamato da Montanelli e Piovene per fondare il Giornale, su cui
collabora fino al 1993. Pampaloni non ha mai voluto raccogliere in volume
i suoi articoli, fatta eccezione per gli interventi su Cesare Pavese, pubblicati
in Trent'anni con Cesare Pavese (1981). Tra le sue opere ricordiamo anche
Buono come il pane (1983), un commento ai Promessi sposi (De Agostini,
1988), Bonus malus (1993), I giorni in fuga (1994).