In Lui era la vita... Io sono la via, la verità e la vita... sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza... Chi crede in me anche se muore vivrà... Queste cose sono state scritte perché credendo in Lui abbiate la vita...
Le citazioni potrebbero
continuare ed è impressionante, rileggendo il vangelo secondo Giovanni,
nostro testo guida per quest’anno, notare quante volte ritorni la parola
vita, riferita a Gesù ed al dono che Lui è venuto a portarci.
Gesù, la vita che era fin da principio e che si è fatta visibile,
viene incontro alla nostra sete di vita ed al tempo stesso relativizza
la nostra esperienza di vita, pur sempre un breve tratto anche a cento
anni, che però scaturisce dalla vita che era fin da principio ed
è destinata nella sua conclusione terrena a ricevere la vita che
non ha fine. Alla luce del vangelo la nostra esperienza di vita si presenta
come una vita nella Vita, ciò che la rende al tempo stesso preziosa
ma non assoluta: possiamo essere chiamati a perderla per amor Suo e dei
fratelli, e comunque un giorno saremo chiamati a restituirla. Siamo amministratori
e non padroni della vita: è questo il principio di fondo che ci
permette di cogliere nella giusta luce i principi etici che la Chiesa non
si stanca di annunciare a difesa della vita, non per motivi confessionali
ma per la convinzione profonda che solo per questa via si può salvare
l’uomo, cioè l’umanità intera di oggi e di domani. Questo
principio smaschera ad es. il nome suadente di “dolce morte”, l’eutanasia,
che cercata per motivi diversi illude l’uomo di essere lui il signore della
vita.
Nell’ambito politico il
problema dev’essere affrontato a livello di legislazione, tenendo presente
che ogni legge comporta sempre anche una pesante valenza culturale e pedagogica,
per cui può e deve essere “laica” nei confronti della società
pluralistica odierna ma non può esserlo quando si trova di fronte
a scelte che vanno chiaramente verso la distruzione dei valori che sorreggono
la centralità della persona umana nel creato. Non si può
essere indifferenti o neutrali di fronte alla distruzione di una cultura
e di una società fondate sulla centralità dell’uomo.
Ma il compito della Chiesa
va oltre: è chiamata ad annunciare in tutta la sua ampiezza l’orizzonte
della vita. In questa prospettiva il problema dell’eutanasia è emblematico.
Da una parte si decide di uccidere (eutanasia attiva) o di omettere cure
dovute che potevano salvare (eutanasia passiva) per liberare qualcuno dalla
sofferenza o eliminare una vita ritenuta inutile o gravosa; dall’altra
vediamo talvolta un accanimento terapeutico, con uso di mezzi sproporzionati,
al fine di non accettare l’esito naturale della vita umana, la morte, o
spesso per motivi decisamente meno nobili. Due modi diversi di considerarsi
padroni della vita, propria o altrui.
Difendere la vita vuol
dire anche coglierne i limiti, non considerarla il valore assoluto (l’esempio
dei martiri o di chi compie atti eroici per salvare un’altra vita; il rifiuto
di terapie eccezionali non solo quando si prevedono inefficaci ma anche
semplicemente perché giudicate sproporzionate), saperla relazionare
alla Vita che era prima di noi e ci accoglie in sé dopo il nostro
cammino terreno.
+ arrigo miglio