La vita si è fatta
visibile. L’evangelista Giovanni presenta con queste parole, nell’introduzione
della sua prima lettera, l’evento del Natale.
In quest’anno giubilare,
a venti secoli dalla nascita di Gesù, mi pare quanto mai attuale
accogliere questo annuncio di vita, vita per il mondo, e farlo diventare
l’augurio che ci rivolgiamo per la festa di Natale e per l’inizio dell’anno
nuovo.
E’ l’augurio di una vita
piena, che soddisfi i desideri più profondi del nostro cuore. Augurio
di vita per la massa di nostri fratelli e sorelle, uguali a noi per quella
natura umana che il Verbo di Dio ha fatto sua, che non riescono a vivere
e spesso neppure a sopravvivere, a causa della colossale ingiustizia che
pesa sul mondo.
Augurio di vita per il
nostro Paese e per l’Europa, il vecchio continente sempre più vecchio,
che sembra ormai in preda ad una vera e propria paura della vita. Paura
della vita che nasce, se non è super programmata e garantita; paura
della vita che sta per essere restituita a Chi ne è la sorgente,
se deve attraversare la stagione della sofferenza; paura della vita per
tanti giovani che vi rinunciano anzi tempo (chi non ha dato loro la fiducia
nella vita?); paura della vita forse anche quando la si vuole piegare e
padroneggiare con ogni tipo di sperimentazione, pur di non accettarla così
com’è.
La vita si è fatta
visibile ed è venuta nel mondo. Si è “mondanizzata”, secolarizzata.
Dio è uscito dal suo tempio misterioso, ha posto la tenda in mezzo
a noi, ed oggi il vero tempio è il mondo e specialmente l’uomo.
In Gesù Dio si è fatto “laico”, la sua presenza non è
più riservata ad alcuni ambiti sacri, ha preso in sé tutta
la natura umana, senza cessare di essere Dio, e l’ha fatto per divinizzare
l’uomo. A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di
Dio.
Oggi la parola laicità,
laico, è diventata una parola d’ordine, senza limiti. Lo Stato,
la scuola, la carta dell’Europa, le leggi, tutto dev’essere rigorosamente
laico. Ce ne rallegriamo, perché la laicità è certamente
un frutto anche del cristianesimo, benché non sempre compreso nel
corso dei secoli. Ma è ancora una laicità costruttiva quella
che tende ad eliminare ogni riferimento alla dimensione religiosa dell’uomo
e della vita? Possiamo accettare che la religiosità venga relegata
nell’intimismo delle singole coscienze? Laici per cancellare i segni della
presenza di Dio o per offrire proposte che possano essere serenamente valutate
e liberamente accolte? Possiamo salutare come leggi positivamente laiche
quelle che di fatto incentivano un laicismo che non farà mai crescere
né la persona né la società civile? Quando non pongono
le premesse per una vera e propria autodistruzione.
Il dono che ci porta Gesù
a Natale è anzitutto la sua presenza di uomo nuovo, liberato da
ogni seme di morte, ed offre a coloro che lo accolgono sinceramente e semplicemente
la possibilità di sperimentare una vita nuova, da figli di Dio.
Quale laicità c’insegna
il Natale? Su questo tema potremmo utilmente riprendere una delle pagine
più belle del Concilio, al n. 36 della Gaudium et Spes, per ricordare
che “la creatura senza il Creatore svanisce”.
In questo Natale dell’anno
duemila Gesù viene per offrirci ancora una volta la possibilità
di vivere in pienezza. L’augurio più sentito è che tutti
sappiamo accogliere questo dono, e che noi credenti sappiamo testimoniarlo
con chiarezza e dolcezza, così come fu luminoso e dolce l’annuncio
dell’angelo che diceva ai pastori “non temete”!
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