IVREA - L’interessante conversazione
del prof. Negri, nella sala S. Marta di Ivrea, lo scorso venerdì
10 novembre, suggerisce alcune considerazioni. Si tratta, soprattutto,
di questioni poste dalla stessa relazione, anche se vanno, forse, al di
là di quanto la relazione ha proposto. Il progetto di una
“contro-storia” nasce, evidentemente, dalla convinzione che la ricerca
storica più diffusa e confluita nei manuali sia pesantemente condizionata
da presupposti ideologici (si tratti della ideologia liberale ottocentesca,
o di quella marxista). Questo stato di cose non risparmia la stessa storia
della Chiesa. Si pensi, tanto per fare un esempio, alla storia del Risorgimento,
e a come la si è sempre insegnata a scuola.
Ma sviluppare un’istanza
critica del genere non significa mettersi al riparo “automaticamente” da
ogni orientamento “ideologico”. Mi spiego. Può accadere che la Chiesa
rifletta sulla propria storia per rintracciarvi i valori fondanti e le
ragioni della sua presenza che, come ricorda giustamente Negri, si identificano
con la sua missione evangelizzatrice. La cosa è del tutto legittima
e plausibile. Il legame tra fede e storia va sempre di più tematizzato
ed approfondito. L’annuncio della fede non può fare a meno di indicare
le sue “incarnazioni” nella storia. Ma quale storia? Si tratta semplicemente
di andare alla ricerca di quanto “dà ragione” alla Chiesa? Un’impronta
nettamente apologetica rischia di diventare a sua volta “ideologica”. Si
tratterebbe, se così fosse, di un “uso” della storia per vedervi
riflesse le proprie tesi. Esiste, invece, la possibilità di una
ricerca storica che si muova in totale neutralità, o “laicità”,
al di là degli interessi dei committenti e di chi la scrive? Evidentemente
no... o, comunque, ho dei gravi dubbi che vi sia qualcuno disposto a scriverla...
Certo, non esiste la storia “vera”, fuori da ogni interesse ed influenza.
La possibilità di superare un uso disinvolto delle argomentazioni
storiche a proprio favore (da qualunque parte...) sta, a mio avviso, non
nella contrapposizione, ma in una capacità sincera di dialogo a
tutto campo, con istanze e linee di ricerca differenti.
Ciò rende possibile,
fra l’altro, quella “purificazione della memoria” che il Papa ha posto
fra gli obiettivi del Giubileo: un identificare con umiltà, al di
là degli steccati difensivi e delle ragioni dell’apologetica, le
responsabilità e i “peccati” della Chiesa in determinati frangenti
storici. Peccati non riducibili a colpe individuali di qualche suo componente.
Nella discussione successiva,
l’attenzione è “scivolata” sull’attualità. Negri ha ampiamente
difeso, fra l’altro, le posizioni espresse dal Card. Biffi, in materia
di immigrazione islamica. Ma, al di là del problema “serio” sollevato
dall’Arcivescovo di Bologna, le soluzioni indicate sembrano far nascere
il sospetto che gli islamici vadano “selezionati”, proprio perché
“refrattari” alla nostra cultura cristiana, che si vorrebbe ancora dominante,
in un mondo sempre più segnato dalla multietnicità e dalla
multiculturalità. Ma qui, se è consentito ancora esprimere
un’opinione, sono in gioco (o dovrebbero essere...) non tanto gli interessi
di una comunità religiosa, sia pure a larga maggioranza, ma quell’ispirazione
evangelica che invoca e testimonia una fraternità universale (ogni
uomo è mio fratello: l’immigrato, l’islamico...), prima di ogni
interesse di bottega. Una fraternità prima testimoniata e poi predicata.
Una fraternità che deve fare i conti anche con le risorse a disposizione
e i problemi ancora irrisolti. Ma questo è un problema di politica
“spicciola”.
d.p.a.