“Fotografata” la
Terza Età
IVREA - Sono stati presentati martedì
scorso i primi risultati di una significativa ricerca sulla condizione
della popolazione anziana ad Ivrea. Promossa dal Comune di Ivrea e realizzata
con la collaborazione delle organizzazioni sindacali, l’indagine è
stata condotta dal sociologo Bruno Guglielminotti, già autore di
simili ricerche in altre realtà. Si tratta per ora, come hanno ricordato
l’assessore alle politiche sociali Salvatore Rao e lo stesso Guglielminotti,
di una esposizione di carattere preliminare; infatti, l’analisi completa
sarà contenuta in una pubblicazione di prossima diffusione.
Nella premessa alla ricerca
vengono segnalati i nuovi bisogni di una popolazione in forte crescita
e la necessità, quindi, di valorizzare la figura di questo soggetto
come “risorsa personale e collettiva nei vari ambiti del sociale’’. Tre
sono state fondamentalmente le fasi dell’operazione. Una tendente a rilevare
le informazioni di carattere generale, l’altra incentrata su una ricerca
di carattere sociologico rivolta agli ultrasessantacinquenni della città
e la terza basata su una serie di interviste a cura di testimoni privilegiati
sul territorio (operatori sociali, rappresentanti sindacali e del movimento
del volontariato).
Il campione rappresentativo
per le interviste è stato di 388 casi; il questionario comprendeva
ben 255 variabili e l’operazione è durata dall’ottobre 1999 alla
metà di febbraio 2000. Innanzitutto qual è la realtà
del mondo degli anziani? Al 31-12-1999 su 24.399 abitanti Ivrea aveva 1798
donne dai 65 ai 74 anni, 1065 dai 75 agli 84 e 476 oltre gli 85. Gli uomini
erano: 1347 (65-74), 665 (75-84) e 181 (oltre gli 85). Dal 1989 al 1999
il tasso di invecchiamento è passato dal 16,5% al 22,7%. Bellavista
è il quartiere più “vecchio’’, San Giovanni quello più
“giovane’’. L’età media degli intervistati è risultata di
74 anni con una scolarità piuttosto bassa (la metà non va
oltre la licenza elementare), anche se il 23% ha un titolo di scuola superiore.
Discreto il tasso di chi
vive da solo, il 29,4 del campione con un “rischio di isolamento’’ pari
al 16%. Mediamente questi anziani hanno incominciato a lavorare a 20,6
anni e sono andati in pensione a 57 gli uomini ed a 56 le donne. Interessanti
i fattori di positività all’ingresso in pensione; il parametro “effetti
positivi’’ è del 73%, quello negativo del 49%. Rispetto alla casa
il 27% ha riscontrato problemi mentre il bisogno economico in generale
interessa il 17,3% dei casi.
Altro tema di rilievo riguarda
la salute: il 36% ha gravi problemi sanitari con una punta del 43% tra
le donne. Questo dato si collega all’elenco delle preoccupazioni dove la
salute è al primo posto per il 60,5% degli intervistati; segue il
timore di aggressioni in casa (56,8%). Molto complessa risulta la collocazione
a livello sociale; ad esempio solo il 10% frequenta le strutture di incontro.
Da una scala “di mobilità socializzativa’’ emerge che il livello
è nullo per il 28%, alto per il 22%, basso per il 29% e medio per
il 21%.
Coltivare un terreno proprio
è l’obiettivo più ambìto (37,90%); buono il desiderio
di cultura generale (24,6%). I dati proposti sono privi ad ora di approfondimenti
che certamente faremo a fronte di un quadro più completo. Non mancano,
però, notevoli elementi di riflessione.
gianpiero perlasco
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