RODOLFO VENDITTI RICORDA IL CARO
AMICO
IL “TESTAMENTO”
DI TAVAZZA:
“OLTRE I DIRITTI,
IL DONO”
Conobbi Luciano Tavazza ai tempi della
giovinezza, quando frequentavamo il Liceo Carlo Botta di Ivrea e l’Oratorio
San Giuseppe diretto da Don Mario Vesco. Entrammo poi, insieme, nel Centro
diocesano della GIAC ai tempi della Presidenza Getto. Luciano era delegato
diocesano Aspiranti, io ero delegato diocesano Juniores: due campi di lavoro
diversi ma confinanti, che comportavano un intenso interscambio sia sul
piano delle idee sia sul piano dell’impegno apostolico in Diocesi.
Si era in tempo di guerra
e di fascismo. Il lavoro in Azione Cattolica era delicato e difficile.
Tuttavia l’équipe del Centro diocesano (di cui era assistente Don
Mario e segretario Gino Pistoni) era molto affiatata. Fin dall’inizio Luciano
mi impressionò per la sua intelligenza, la sua fede, la sua generosità
senza limiti. Aveva idee lucidissime ed era un organizzatore concreto ed
efficace. Mi rivedo con lui in bicicletta il 25 luglio 1943: era una domenica
pomeriggio ed andavamo a visitare insieme l’associazione parrocchiale di
Alice Castello.
Luciano avrebbe parlato
agli Aspiranti, io agli Juniores. Pedalando ci scambiavamo idee su ciò
che avremmo detto e sul nostro lavoro in Diocesi, che svolgevamo con grande
entusiasmo. Non immaginavamo che quel giorno sarebbe stato storico: infatti
il mattino dopo si diffuse la notizia che il fascismo era caduto. L’Italia
esultava non solo per la fine della dittatura, ma anche per la speranza
della fine della guerra: ma quest’ultima speranza venne amaramente delusa
dall’8 settembre e dalle tragiche vicende successive.
Durante la Resistenza contro
l’occupazione nazifascista Gino Pistoni divenne partigiano e morì
nel modo sublime a tutti noto. Luciano Tavazza, con altri amici, si impegnò
nelle SAP e ciò accrebbe la mia stima nei suoi confronti. Dopo la
fine della guerra Luciano venne chiamato a Roma da Carlo Carretto, che
era divenuto Presidente Centrale della GIAC e s’impegnò nell’Ufficio
Centrale Aspiranti, facendovi uno splendido lavoro.
In seguito entrò
nella Rai, dove lavorò per parecchi anni. Poi si dedicò ai
movimenti di volontariato, dapprima attraverso il “Movi’’ e successivamente
attraverso la “Fondazione Italiana per il Volontariato’’, di cui fu nominato
Presidente. Divenne uno dei maggiori esperti italiani in materia di volontariato.
Lo reincontrai in quella veste alcune volte in questi ultimi anni: sempre
cordialissimo, sempre attento alle più delicate sfumature dell’amicizia,
sempre lucidissimo ed esigente (con sé e con gli altri) nel programmare
e condurre il lavoro, sempre disponibile ed aperto nel promuovere (e nel
vivere) i valori della gratuità, della solidarietà e della
condivisione, sempre misurato e dignitoso nei rapporti (inevitabili al
suo livello) con i potenti di turno.
E ciò anche quando
era già colpito dalla malattia, che fronteggiava con enorme coraggio.
Sul numero di aprile 2000 della Rivista del Volontariato è comparso
il suo ultimo editoriale, che si può considerare il suo testamento
spirituale: esso ha per titolo “Oltre i diritti, il dono’’. Un titolo che
è un programma di vita: un programma che Luciano Tavazza ha vissuto
con pienezza non solo come cittadino, ma anche come credente, poiché
egli ha infuso nella sua azione civile il lievito cristiano di cui era
ampiamente provveduto.
La sua vita l’ha “giocata’’
su Cristo, facendo di essa una testimonianza eloquente della verità
del messaggio cristiano. E mi piace pensare Luciano nella gioia pasquale
del suo arrivo alla Casa del Padre: quando Cristo Signore gli dice: “Venite,
benedetti dal Padre mio’’ e lo introduce nella compagnia di Ernesto Talentino,
di Gino Pistoni, di Don Tapparo, di Carlo Carretto, di Edoardo Morello,
di Sergio Mo, di Cornelio Fornasari, di Gep Pesando, di Don Gigi Rey, di
Dudi Tavazza e dei genitori Tavazza (quegli indimenticabili genitori, che
sono sepolti ad Ivrea e davanti ai cui ritratti mi fermo sempre, tutte
le volte che visito il Cimitero eporediese).
Sì, perché
“tuis enim fidelibus, Domine, vita mutatur, non tollitur’’ (“ai tuoi fedeli,
Signore, la vita viene mutata, non tolta’’). La consapevolezza di questa
realtà sia oggi, pur nell’atroce dolore della perdita, motivo di
conforto per la moglie, i figli, il fratello Franco, che più di
tutti avvertono il vuoto incolmabile lasciato dalla scomparsa di Luciano.
rodolfo venditti
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