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MONTANARO, FOGLIZZO, SAN BENIGNO, CHIVASSO E TORRAZZA IN PREDICATO
L’INCENERITORE, LA DISCARICA
IL BASSO CANAVESE POTREBBE OSPITARE UN IMPIANTO

Quello che non si può proprio dire è che si stia dormendo: l'iter per l'individuazione dei siti potenzialmente adatti alla localizzazione dell'inceneritore e della discarica per inerti dell'area torinese sembra avere subito nelle ultime settimane un'accelerazione davvero sensibile. Non è trascorso molto tempo, infatti, da quando sono trapelate notizie di stampa in merito alle località che potrebbero essere coinvolte nell'operazione; e lo scorso venerdì la Provincia è uscita allo scoperto, in occasione della Conferenza per l'accordo di programma dell'area Torino Sud Est, ufficializzando l'indicazione delle diverse aree non inidonee, tra le quali andranno definite quelle sulle quali realizzare gli impianti. 

Il "Programma provinciale di gestione dei rifiuti" individua, sulla base di criteri esclusivamente tecnici, nell'area Sud Est Torino - quella all'interno della quale operano i consorzi Amiat di Torino, Aisa di Chivasso, Torino Nord di Settimo e Ccs di Chieri -, 17 siti che potrebbero essere adatti ad ospitare un impianto di termodistruzione, siti dislocati sul territorio di 14 comuni; per quanto riguarda invece la discarica controllata dove raccogliere i residui dell'incenerimento, 21 sono i siti individuati, con 7 comuni coinvolti. I due futuri impianti serviranno un territorio che comprende 51 comuni (Torino incluso) e 1 milione 300 mila abitanti circa. 

Vediamo, allora, dove potrebbe essere costruito l'inceneritore: a Torino - al Gerbido, nell'area della Fiat Mirafiori, oppure all'Abbadia di Stura -; a nord di Chivasso, in un'area a monte oppure una a valle dell'autostrada Torino-Milano; a est di Carmagnola, a sudovest di Chieri, alla fornace San Grato di Pralormo, a nordest di Riva presso Chieri, in località Cappelletto di Santena. E poi, oltre alla citata Chivasso, ci sono tutte le altre opzioni basso canavesane: a nord di Foglizzo, in località Barello a sud di Montanaro, a nord di Torrazza, a sudest di Caselle, a sud di Leinì, a sudest di San Benigno e a sud di Volpiano. 

Per quanto riguarda la discarica, è fortemente indiziato il comune di Poirino, che avrebbe ben 10 siti adatti, uno dei quali in comune con Pralormo, che a sua volta ne potrebbe ospitare uno ai confini con Cellarengo, in provincia di Asti. Un sito è a Santena e uno a Verrua Savoia. E ritorniamo a noi, con un'area a nord di Torrazza, due, una a nord e una a est, a Montanaro, e due, una a est e una a sud, a Foglizzo. 

Da qui in avanti, la Provincia è attesa da un lungo lavoro di valutazione e convincimento degli amministratori locali e delle popolazioni. E, per quanto lungo, tale lavoro dovrà essere affrontato a spron battuto, dal momento che l'attività della discarica torinese delle Basse di Stura dovrà cessare - ma in questo caso, lo sappiamo bene, proroghe e deroghe sono sempre state all'ordine del giorno - entro il 2003. 

Quali obiettivi ci si è posti, a Palazzo Cisterna? Quelli di arrivare, attraverso "un processo trasparente e consensuale" (parola dell'assessore Giuseppe Gamba), alla costruzione di una rosa di tre siti per l'inceneritore e tre per la discarica, e su questi produrre le verifiche di impatto ambientale. Il risultato finale: un termodistruttore in grado di trattare 215 mila tonnellate annue di rifiuti selezionati, e un impianto di stoccaggio per i residui in grado di accogliere dal milione 600 mila ai 3 milioni 500 mila metri cubi di materiale. 

Tutti a testa bassa, adesso: consorzi e comuni hanno 8 mesi di tempo per "scannarsi" ben bene, superando tutti i dubbi, gli ostacoli e le paure che si creeranno. Come primo atto si segnalano di già le espressioni di totale dissenso dei circoli di Legambiente delle zone coinvolte, che contestano i costi del maxi inceneritore e l'inquinamento che questo produrrebbe, e denunciano le basse percentuali raggiunte nella raccolta differenziata, che non supererebbe il 10% del totale.  

Il presidente della Provincia Mercedes Bresso e l'assessore Gamba, pur riconoscendo le difficoltà del percorso, hanno detto chiaro e tondo che su queste scelte non si può tornare indietro. E hanno ribadito, sostenuti in ciò dalla consulenza di Luigi Bobbio, esperto nelle politiche dei rifiuti, che ci si impegnerà a seguire un iter "fortemente partecipato e del tutto trasparente", anche se esso dovrà rivelarsi necessariamente rapido - e quindi si tendono ad escludere estenuanti assemblee e consultazioni paese per paese, di fatto lasciando agli amministratori del posto l'ingrato compito di gestire gli scontri e le tensioni dovuti a motivi prettamente locali -; ma si è comunque pronti a offrire ogni garanzia sulla sicurezza degli impianti e compensazioni per quelle popolazioni che dovranno sobbarcarsi gli inevitabili inconvenienti - anche solo l'aumento del traffico dei mezzi pesanti, tanto per fare un esempio - connessi alla presenza degli stessi. 

Il basso Canavese, come abbiamo visto e come già si sapeva, è ben rappresentato nell'elenco dei siti idonei, sia che si parli di inceneritore, sia che si guardi alla discarica. Non è detto, però, che gli impianti finiscano con l'essere localizzati proprio qui, al momento ci sono due considerazioni che fanno indicare altre ipotesi come più facilmente percorribili: una certa logica vorrebbe l'inceneritore in prossimità della città, per consentire di sfruttare al meglio il recupero di calore proveniente dal processo di termodistruzione, dando vita a forme di teleriscaldamento; per l'impianto di stoccaggio, i dieci siti individuati a Poirino porrebbero questa località del chierese ai "vertici" della classifica delle papabili. Certo, si tratta di motivazioni piuttosto fragili, ma al momento sul piatto non ci sono molti altri argomenti che consentano di sviluppare riflessioni e ipotesi più articolate. 

Quello che è dato sapere è che i gruppi ambientalisti presenti sul territorio sono già ampiamente svegli e allertati, pronti eventualmente a difendere il sacro suolo - in alcuni casi gli argomenti portati a sostegno della possibile lotta appaiono convincenti, in altri meno: c'è puzza di "fatelo dove volete, purchè non a casa nostra" -; e così pure diversi amministratori locali, angustiati dai dubbi: se sia il caso di prestare orecchio alle pressochè inevitabili proteste dei propri concittadini o piuttosto accogliere la tesi delle esigenze di una collettività più ampia e, anche e forse soprattutto, i quattrini che entreranno nelle casse comunali di chi si porterà in casa un impianto per smaltire i rifiuti. 
m.s.

 
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