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IVREA - LA STRUTTURA SOTTOSTANTE LA CATTEDRALE VIENE APERTA ALLE VISITE
LA CRIPTA, UN GIOIELLO RITROVATO
SABATO L’INAUGURAZIONE AL TERMINE DEI METICOLOSI RESTAURI

Pubblichiamo alcuni stralci dello scritto di Luisella Pejrani Baricco relativo alla cripta del duomo di Ivrea. 

La cattedrale di Santa Maria con il battistero di San Giovanni, ora perduto ma attestato nei documenti e ancora visibile nell’incisione seicentesca del Theatrum Sabaudiae, sorge nella parte alta della città, che la tradizione erudita indica come area sacra della colonia romana di Eporedia, fondata nel 100 a.C.. 

Gli scavi, condotti dalla Soprintendenza Archeologica a partire dal 1994, hanno riportato in luce all’esterno dell’abside del Duomo l’angolo di una potente struttura di età romana attribuibile ad un edificio pubblico, verosimilmente a un tempio, orientato come il vicino teatro, che si sviluppa a sud, appoggiato al pendio della collina. 

Demolito il tempio in epoca tardoromana, sull’area fu costruita la prima cattedrale paleocristiana, che generalmente si ritiene fondata tra la fine del IV e il V secolo come gli altri gruppi episcopali del Piemonte distaccatisi dalla diocesi di Vercelli. 

Questa chiesa, che possiamo ipotizzare nelle forme di una basilica a tre navate con abside regolarmente posta a oriente (cioè girata di 180° rispetto al Duomo attuale) è stata individuata per ora attraverso due tratti di pavimento in cocciopesto visibili dalla cripta, nei vani laterali recentemente riaperti. 

Sopravvissuta durante l’altomedioevo, fu ristrutturata al tempo del vescovo Warmondo, nei decenni intorno al Mille, con l’aggiunta della parte occidentale, costituita dall’abside con i due deambulatori sovrapposti e i campanili gemelli (...). 

La cripta si compone di due parti: la più antica, semicircolare, apparteneva alla complessa struttura della controabside, direttamente innestata sulla linea di facciata della chiesa paleocristiana: l’emiciclo era avvolto dai due deambulatori sovrapposti, ma non era inizialmente coperto da volte. Sullo spazio absidale, infatti, l’ambulacro superiore si affacciava direttamente come una tribuna attraverso una serie di aperture scandite da colonne composte con materiali antichi, ora quasi occultate dalle chiusure più tarde. Al centro dell’abside era collocato il sarcofago di età romana, prodotto nel II sec. d.C. per C. Atecius Valerius, e riutilizzato, a distanza di secoli, come reliquiario per le spoglie venerate del martire locale San Besso, protettore della città insieme ai Santi Dalmazzo, Tegolo e Savino: le reliquie erano dunque il fulcro spirituale e il polo generatore dell’architettura. I percorsi devozionali si svolgevano su due livelli: a piano terra il deambulatorio inferiore comunicava con le navate laterali della chiesa attraverso due porte incorniciate in pietra, aperte nelle pareti orientali dei campanili, mentre il deambulatorio superiore era probabilmente accessibile solo dall’esterno, grazie alla pendenza naturale del terreno, non molto diversa dalla situazione attuale. 

Entrambi i deambulatori erano illuminati da monofore; alcune di esse sono visibili dalla cripta, altre traspaiono sotto l’intonaco del piano superiore. (...) 

Nel corso dell’XI secolo il piano inferiore dell’abside occidentale fu trasformato in vera e propria cripta ribassando il pavimento dell’emiciclo e creando la copertura a volte sostenuta da colonne e semipilastri accostati alle strutture già esistenti. (...) 

Verso oriente la cripta fu separata dalla navata centrale tramite una spessa muratura in cui furono ricavate due piccole absidi; l’attuale varco centrale è invece frutto di un intervento moderno, ma sembra riprendere una porta di comunicazione esistente almeno dal XII secolo. Ancora a questa fase è da attribuire la creazione di una scala che dalla navatella sud (a sinistra, entrando in cripta) saliva al deambulatorio superiore. 

L’indagine condotta sugli intonaci durante il restauro ci restituisce l’immagine originaria di questo settore della chiesa, caratterizzata dalla finitura delle superfici murarie con malta lisciata e scialbata a fresco con un colore crema chiaro, rinnovata con una reintonacatura analoga in occasione della costruzione delle volte della seconda fase. Colonne, pilastrini e capitelli furono lasciati in pietra a vista, mentre nessuna traccia è stata rilevata di eventuali decorazioni dipinte sulle pareti. 

In un periodo compreso tra la fine dell’XI e la prima metà del XII secolo, che gli studi storico-artistici dovranno precisare, l’intero corpo della chiesa venne ricostruito, con le tre navate separate da grandi pilastri rotondi, in laterizi antichi di reimpiego accuratamente tagliati a scalpello, che si susseguono a ritmo serrato. Sui pilastri e sulle pareti laterali longitudinali si innestano le semicolonne che reggono gli archi trasversali delle volte. Nell’ambito dello stesso cantiere, ma in tempi successivi all’elevazione dei pilastri, la cripta e il presbiterio soprastante furono ampliati verso est ribaltando probabilmente in forma definitiva il precedente orientamento della chiesa e trasferendo di conseguenza l’altare maggiore da est a ovest. 

Il nuovo settore della cripta, dotato di abside a oriente, si apriva sulle navate con grandi arcate dotate di scale, mentre a ovest si mantenne l’apertura centrale verso l’emiciclo. Una scalinata centrale doveva salire al presbiterio superiore, servito anche, a nord, da una scaletta secondaria. (...) 
luisella pejrani baricco

 
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