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     IVREA - POCO O NULLA SI SA DELLA SCOMPARSA DEL MERCATINO 
    DOV’E’ FINITO LE SIASS?
     
    Sarà capitato anche a voi, a giugno, di passare in piazza Ottinetti ed avvertire come una mancanza. Lì per lì non ci avrete fatto caso, indaffarati nelle compere del sabato, fra le chiacchiere con gli amici ed una meritata “vasca’’ di fine settimana. Eppure quel “qualcosa’’ che dovrebbe esserci e non c’è turba un angolo della mente, come quando hai un nome sulla punta della lingua e passi tutta la notte a cercare di ricordartelo. Pazienza. 
       L’estate bene o male è passata ed a settembre ritorniamo per compere, chiacchiere e vasche in via Palestro e piazza Ottinetti. E di nuovo. Quella sensazione ci colpisce ancora, più forte, più precisa... Niente. Ma l’inquietudine aumenta: era qualcosa di importante, qualcosa collegato ad un bel ricordo, gente, festa. Va be’, mi verrà in mente. Ad ottobre, di sabato, siamo ancora lì e... ZAC! Un fulmine ci colpisce: Lë Siass, ecco cos’era! Da giugno ‘99 l’appuntamento ormai tradizionale con il mercatino del biologico è saltato, per non ritornare. 
       Sono abbastanza oscuri i motivi, non se n’è fatto un gran parlare (anzi ci sembra che non se ne sia parlato affatto), forse qualcuno non se n’è neanche accorto, ma da qualche mese Ivrea ha perso qualcosa. Certo ci rendiamo conto che da mesi Ivrea sta perdendo tanto, ma nel suo piccolo Lë Siass era una ricchezza di cui sentiamo la mancanza. Intanto era un’occasione per vedersi con gli amici, passare una giornata in piazza, qualche volta sentire musica e ballare. 
       Poi si poteva, una volta tanto, comperare qualcosa di commestibile senza temere, mentre lo addenti, che qualche gene modificato ti salti al naso, che l’allergia ai vari pesticidi, additivi, coloranti, conservanti, sbiancanti, aromi di varia origine e specie, ti copra di repellenti macchioline rosse, e così via. I beni principali e più preziosi per la vita, il cibo, l’aria, l’acqua, ci sono sottratti o sono distrutti, mentre tentano di farci credere ad un futuro di “magnifiche sorti e progressive’’, come se potessimo mangiare computers, bere automobili o respirare Internet. 
       Ma esistono delle oasi in questo sfacelo. Persone, famiglie, gruppi che rinunciano all’accumulo ed al sintetico, che scelgono uno stile di vita più sobrio e semplice in accordo con i tempi ed i ritmi della natura (o di quel che ne rimane), che pensano che cibo sano ed aria pulita valgono più dell’auto super-accessoriata ed il futuro del pianeta e dei suoi figli qualche rinuncia materiale. In compenso hanno ritmi di vita più umani, il piacere di veder crescere le cose, di produrre con le proprie mani oggetti nuovi e diversi, riscoprono lavori ed abilità sconosciute ai più. 
       Un piccolo assaggio di questo mondo, ricco anche, com’è ovvio, di problemi e contraddizioni, lo avevamo con Lë Siass qualche sabato durante l’anno. Ed, oltre al sollievo di un cibo che non ti guarda male, c’era il piacere di perdere tempo girovagando fra i banchetti, o di esprimere solidarietà per qualche buona causa tramite i gruppi di sostegno a vari progetti ed iniziative. E che bello vedere i bambini giocare in piazza o preparare (è successo nelle ultime edizioni) mostre estemporanee di pittura! 
       Ci sembrava che questa piccola iniziativa, molto piccola e locale rispetto ai grandi piani di uniformante globalizzazione, rendesse visibile che è possibile vivere diversamente, riappropriarsi di spazi e tempo, che la città può tornare ad essere punto di incontro e di festa per chi l’abita e la vive. Conoscere le strade ed i modi attraverso cui persone e famiglie riescono a vivere senza per forza adorare il mercato o cedere al ricatto del profitto e della ricchezza a tutti i costi, dimostra alcune cose: che non necessariamente ci vogliono i miliardi per mantenere in piedi le imprese, che l’agricoltura non deve essere per forza sfruttamento, meccanizzazione, chimica e sopravvivenza solo delle aziende “al passo con i tempi’’, che gli oggetti non devono necessariamente essere di serie e che si può riparare ciò che si rompe, perché il piccolo ha un suo valore e produce capacità. 
       Sarà forze per questo che le piccole imprese artigiane e l’agricoltura biologica non sono per nulla tutelate, anzi subiscono continui attacchi e tentativi di chiusura anche tramite le leggi dello Stato: mettono in crisi il modello dominante, fanno venire dei dubbi a chi ha cervello per pensare, rendono le persone autonome, meno succubi ed in balia delle scelte del mercato. Per questo forse, anche ad Ivrea, nessuno ha mosso un dito per salvare una manifestazione che contava già 13 anni di vita e movimentava il panorama piuttosto stagnante di questa città. 
       Ma questa, come si dice, è un’altra storia. A noi comunque qualcosa rimane: ci rimangono l’assenza e quello strano senso di vuoto, ma incontrandoci il sabato in piazza Ottinetti possiamo pur sempre dirci: “cosa non c’è di nuovo?’’. 
      
    gruppo “bilanci di giustizia’’ di ivrea 
     
     
    
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