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IL LIBERO ARBITRIO DEL PAZIENTE

Non è etico guarire una persona che non desidera essere guarita.

Ma esistono veramente persone che non desiderano essere guarite?! A tutta prima, questa affermazione suona assai strana... Altro che se esistono!

La malattia, per alcune persone, è un mezzo per attirare l'attenzione, se non proprio l'affetto, dei propri familiari e amici ed è anche un modo per non assumersi responsabilità. La malattia diventa necessaria per vivere. Sembra un controsenso!
Tuttavia capita che la malattia raggiunga soglie di sofferenza non più tollerabili. A questo punto queste persone cercano aiuto. Ma, non appena il livello di sofferenza rientra entro limiti di sopportabilità, "chiudono la porta" in faccia alle energie di guarigione e si accontentano di un accettabile status quo, proprio per non rischiare di perdere i benefici derivanti dall'infermità.

Quando il terapeuta percepisce questo rifiuto, deve accettare la situazione e ritirarsi in buon ordine. La scelta del paziente è inviolabile.

E se, in un tempo successivo, questo stesso paziente richiedesse ancora i nostri servigi?

A mio parere, non c'è alternativa. Dovremmo metterci a disposizione (magari mettendo in chiaro che gli state dando ulteriore fiducia)... Chissà se, lavorando su se stesso, non abbia alla fine deciso che è giunto il tempo di riprendere, guarendo, la responsabilità del proprio cammino...

 

Non è eticamente corretto guarire "a fin di bene".
Spesso e volentieri lo facciamo - più o meno consapevolmente - per sentirci buoni, per pagare una specie di pedaggio e metterci la coscienza a posto...

Di tanto in tanto aspetti scomodi della nostra personalità affiorano alla coscienza, ma non ci sentiamo ancora pronti ad affrontarli seriamente.
Allora, per dilazionare cerchiamo in vari modi di zittire la coscienza. Uno di questi è pagare questi pedaggi "altruistici", nell'illusione di poter barattare una cosa con l'altra e continuare con cuore più leggero a rinviare a tempi migliori le nostre scelte: nascondiamo sotto il tappeto del salotto buono i nostri piccoli compromessi. A chi non è capitato? Ci sono dei meccanismi ben strani dentro di noi!

 

Certo non sempre è così. Sono sicuro che spesso lo facciamo solo perché pensiamo sinceramente di fare una cosa buona, senza sottintendere, in contropartita, la remissione dei nostri peccatucci.

In ogni caso, non sono ammesse eccezioni: il consenso preventivo è sempre obbligatorio.... Altrimenti ci carichiamo di karma negativo, per aver interferito con il libero arbitrio di un altro essere.
Forse una piccola eccezione c'è: quella di una madre o di un padre che decidano di guarire il proprio figlio, anche senza il suo consenso preventivo - e questo grazie alla natura privilegiata del legame karmico che unisce genitori e figli.

Ci possono essere casi - per così dire - "di emergenza".
Veniamo a conoscenza che una persona lontana ha subito un trauma, oppure siamo presenti ad un incidente e la persona che l'ha subito ha perso conoscienza. In entrambi i casi siamo impossibilitati a "chiedere il permesso" prima di intervenire.
In questi casi si deve intervenire senza indugio e fare del nostro meglio... È solo buon senso.
Al massimo, se vogliamo essere... più realisti del re, possiamo rivolgerci al Sè Superiore della persona, pregandoLo di accogliere la nostra guarigione e di farne l'uso migliore nell'interessa dell'Anima.

NOTE

1. There is the so-called "Rule of the 7 years", which says that in the first seven years since birth, a baby takes possession of one's physical body; from seven to fourteen, of one's emotional (astral) body and from fourteen to twenty-one of one's mental body. Esoterically we come to age at twenty-one.

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