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Il MAESTRO

« Molte persone cercano un maestro perché non vogliono prendersi la responsabilità della propria esistenza. Pensano: “Vado da un maestro, così mi dice che cosa devo fare per evolvere; lui sa, quindi non posso sbagliare”. In questo modo delegano ad un maestro le responsabilità delle scelte che fanno.
Questo atteggiamento non è evolutivo. Chi sente l’esigenza di avere una guida può rivolgersi ad un cosiddetto maestro, ma deve comunque sempre mantenere la propria autonomia interiore, usare il discernimento e assumersi in prima persona la responsabilità delle proprie scelte e della propria vita.
Per questo motivo spesso i saggi danno a certi discepoli dei compiti assurdi, proprio per stimolare in loro l’uso del discernimento.
Sulla via della liberazione e della purificazione della coscienza, tutti i legami devono essere tagliati, tutte le dipendenze devono essere eliminate. Non si può raggiungere l’illuminazione se si è dipendenti da qualcuno o da qualcosa, nemmeno se quel qualcuno fosse Dio in persona.»

Baba Bedi XVI

 

Quelle che esprimerò sono naturalmente convinzioni e punti di vista personali: fanno parte di ciò che mi piace definire “le mie piccole verità”, o anche “le mie verità progressive”. Ma potrebbero non essere le “vostre” verità.

L’importante è che la “nostra” verità sia autenticamente nostra, che scaturisca dal cuore e che non sia indotta da un’autorità esterna.
L’aspetto importante è “non seguire le istruzioni”. Accertiamoci che il principio-guida, che ispira l’evoluzione della nostra consapevolezza, sia quello di agire secondo la nostra autorità.

Se decideremo di ascoltare con una sorta di trepida fiducia la verità che, talvolta con difficoltà, si fa strada dal cuore alla mente, scopriremo che abbiamo già tutto ciò che ci serve, che qualcosa dentro di noi sa con certezza ciò che è giusto per noi.

Lo so che ci vuole coraggio per accettare fino in fondo le proprie verità interiori e affidarsi ad esse.
Lo so che ci vuole forza per non “seguire le istruzioni” di persone carismatiche che si sono fatte ca-rico di scegliere e decidere per noi - e spesso lo stanno facendo con le migliori intenzioni.
Queste persone non si rendono conto che stanno esercitando potere, che stanno paralizzando il nostro libero arbitrio e che, così facendo, ci stanno attribuendo una posizione subalterna, dando per scontato che le loro verità debbano inevitabilmente essere anche le nostre. Il paradosso è che questi “guru”, a parole - e con eloquio compiaciuto e paterno, o materno - vi esortano ad ascoltare la vostra voce interiore, ma guai a voi se poi questa vostra voce interiore non si conforma esattamente alle loro verità! Vi è già successo?
Se proprio vi vogliono bene, questi “guru” vi faranno sentire degli scolaretti zucconi!! Se vi vogliono un po’ meno bene, piano piano vi sentirete emarginare dal gruppo…

Lo so che, all’inizio, può creare sgomento decidere di camminare da soli, come l’Eremita dei Ta-rocchi. Rammentiamo che simbolicamente l’Eremita, con l’appoggio del bastone e la luce della lanterna, rappresenta la sapienza e l’ascesi, il cammino della ricerca interiore. Accadrà che, di tanto in tanto, sulla nostra via troveremo altri eremiti e sarà arricchente camminare insieme... per un certo tratto.

 

Queste considerazioni inevitabilmente mi richiamano alla mente il capitolo finale de Il Destino come Scelta (1), intitolato "La vita quotidiana come rituale", che esprime osservazioni sui gruppi esoterici.
Sono osservazioni che sottoscrivo senza riserve, e riflettono anche un mio vissuto. Cito:
Sono osservazioni che sottoscrivo senza riserve. Vi invito a verificare se e come risuonino anche nel vostro cuore. Cito:

“ Ogni gruppo ha la sua giustificazione e in certi momenti può fornire a chi cerca determinati stimoli e impulsi. .... (...) .... Il valore di un sistema o di una comunità è difficile da definire in termini assoluti, e dipende in primo luogo dal livello di coscienza di chi cerca. Se uno avverte un’affinità in una determinata associazione, significa che può ancora profittare dei suoi insegnamenti, e allora questa associazione gli sarà utile. Raramente però la situazione rimarrà tale per sempre... (...) ... Verrà così il momento in cui questa comunità ha assolto il suo compito nei riguardi del singolo; e questi troverà altre affinità, che gli consentiranno di compiere altri passi avanti.
Questo appunto è anche il pericolo di tutte le associazioni: ritenere che il proprio insegnamento, che per lo più abbraccia solo un aspetto della realtà, sia la verità unica e sola, e distogliere quindi le energie dalla tensione all’evoluzione personale, per dedicarle invece all’attività missionaria, all’attività associativa e alla rivalità nei confronti di chi pensa in modo diverso. Il sistema diviene così rigido e fine a se stesso, invece di liberare dalle fissazioni. Il gruppo diviene il rifugio di chi cerca l’affermazione di se stesso. Si forma così una schiera di discepoli, la cui ricerca esoterica si esaurisce nell’analisi delle parole del maestro. La via diventa un vicolo cieco. “

Parole da meditare, poiché, se non vi è già successo, presto o tardi potrebbe capitare anche a voi di avvertire una sollecitazione interiore che vi spinge a domandarvi se ancora sussistano quei presup-posti che, all’origine, vi avevano indotto ad unirvi ad un certo gruppo... Sono ancora vivi e attuali? Qualcosa è mutato? Siete mutati voi, o è mutato il gruppo... oppure entrambi?

Se le risposte che vi darete sanzioneranno che è giunto il momento del distacco, sappiate che sarà un momento doloroso, talvolta lacerante. Scegliere la solitudine richiede forza. Se avete frequentato attivamente il vostro gruppo per un lungo periodo - diciamo per qualche anno - certamente vi sentirete legati da un senso di amore autentico, da stima e dall’emozionante esperienza di una crescita comune.

Lasciando il gruppo, vi potrà sembrare di tradire... Se vi succede chiedetevi se, rimanendo, non tra-direste voi stessi. C’è una frase molto illuminante nella citazione riportata sopra – ed è “Se uno avverte un’affinità in una determinata associazione, significa che può ancora profittare dei suoi insegnamenti, e allora questa associazione gli sarà utile”. Secondo Dethlefsen, è il singolo che “profitta” del gruppo… non viceversa: le rispettive funzioni sono chiare, non vi pare? Le parole di Dethlefsen mi capitarono sotto gli occhi una settimana dopo che, con grande pena, mi ero staccato dal gruppo entro il quale - con entusiasmo e dedizione - avevo operato per cinque anni. Fu come se da Lassù qualcuno mi battesse sulla spalla per rassicurarmi che avevo fatto la cosa giusta.

Fra i membri di un gruppo esoterico vi è sempre abbondanza di abbracci e di baci... Può succedere che, quando il gruppo si identifica fortemente con il carisma del leader, si instauri un clima di vera e propria sudditanza psicologica. Le tecniche della dominazione hanno tanto più successo, quanto più il singolo adepto, più o meno inconsciamente, accetti di identificarsi con il gregario, che, in quanto tale, è veramente felice e appagato solo quando conquista l’ambita... posizione ascellare sotto l’ala del leader.
Se ci guardiamo attorno, ci accorgiamo che parecchi gruppi sono ingabbiati da forme pensiero di vera e propria dominazione.
Se, quando deciderai di lasciare un gruppo di questo tipo, ritieniti fortunato se una proporzione di – diciamo - 2 su 10 ex-confratelli ti saluteranno come prima; e non stupirti se la maggioranza riincontrandoti, farà finta di non vederti – altro che abbracci e baci! E sai perché? Perché, assumendo una posizione “autonoma”, non omologata, temono di dispiacere al leader! Rinunciano al privilegio di un giudizio indipendente e scelgono di non essere liberi... Eh sì, l’agognata posizione… “ascellare” richiede pure qualche sacrificio! Vedendo che hai scelto liberamente la tua strada, la tua presenza provoca un certo disagio, semplicemente perché turba l’assonnata tranquillità della loro coscienza. È una scelta spesso obbligata e quindi il loro voltafaccia rispecchia un reale cambiamen-to nei tuoi confronti.

Metti anche in conto che molto probabilmente sarai tacciato - in modo più o meno palese - di ingra-titudine e di egoismo. Non stupirti se diranno di te: “Fin che gli ha fatto comodo, ha attinto alle energie del gruppo o del maestro Tal del Tali, ed ora lo abbandona” (“Chi non è con me, è contro di me”... purtroppo questo è uno schema di chiusura mentale abbastanza frequente). È verissimo, hai certamente attinto energie; ma solo nella misura in cui ne hai profuse. Non crearti questi problemi: la partita energetica, in questi casi, è pari e patta.

Se i legami di amore, di stima sono veri da entrambi le parti, cioè se eri amato e stimato per te stesso/a, non in quanto membro omologato del gruppo, "non lasciarti sgomentare dagli addii. Un addio è necessario prima che ci si possa ritrovare. E il ritrovarsi dopo momenti o esistenze è certo, per coloro che sono amici" (2). Ma se non c’è vera amicizia, un’amicizia senza sottintesi, un’amicizia che sgorga dal cuore e che si fonda anche sulla stima - non perdi niente... o meglio, perdi solo un’illusione.

Che significa "essere in cammino"? o anche "essere sul Sentiero"? Vogliono dire camminare, andare avanti, procedere, muoversi... Insomma, un concetto antitetico a quello di staticità. “Essere in cammino” non vuol dire andarsi a trovare una tana calda e protetta ove fermarsi, e dove qualcun altro pensi per noi, ci dica che cosa sia bene per noi, o ci tiri più o meno dolcemente le briglie per mantenerci inquadrati verso un dato obiettivo.

Queste mie considerazioni riflettono semplicemente una mia personale visione di possibili problematiche nell’ambito di un certo tipo di gruppi esoterici. Come abbiamo già messo in evidenza, Dethlefsen afferma che un gruppo con il quale ci si senta affini può essere estremamente utile. E niente è più vero. Userò ora una metafora per esprimere con più chiarezza il mio pensiero in questo ambito.
Siamo in cammino nella direzione indicata dalla nostra bussola interiore. A un certo punto passa un tram che procede nella nostra stessa direzione. Ci saliamo, così il nostro cammino si accelera.
Ma se, a un certo punto del percorso, la nostra direzione e quella del tram divergono, c’è una sola cosa «giusta» da fare: scendere…. E proseguire da soli, magari sperando di incontrare un altro tram lungo il cammino.

E ora meditiamo sulle parole di un autentico Maestro.

Guarigione Esoterica, il quarto volume della ponderosa bibbia teosofica Trattato dei Sette Raggi, si apre con “un estratto da una dichiarazione fatta dal Tibetano”, il Maestro Djwal Khul, Colui che dettò ad Alice A. Bailey l’intera opera. Ecco le sue parole:


“... Sono un vostro fratello che ha viaggiato un po’ più a lungo sul Sentiero e ha perciò contratto maggiori responsabilità. Sono uno che ha lottato e si è aperta la via fino a trovare una luce maggiore di quella che possono avere gli aspiranti (3) che leggono queste pagine, e devo perciò agire quale trasmettitore di Luce, a qualunque costo. Non sono vecchio secondo il modo consueto di considerare l’età dei maestri; pure non sono giovane, né privo di esperienza.
L’opera mia consiste nell’insegnare e nel diffondere, e sto facendolo da molti anni. Cerco di aiutare il Maestro M. (N.d.R.: il Maestro Morya) e il Maestro K.H. (N.d.R.: il Maestro Koot Humi) ogni volta che se ne offre l’opportunità, poiché sono stato per lungo tempo in rapporto con Loro e con il Loro lavoro.
In tutto quanto precede vi ho detto molto, ma nulla che possa indurvi ad offrirmi quella cieca obbedienza e quella vana devozione che gli aspiranti offrono al Guru, o al Maestro, con il quale sono ancora incapaci di entrare in rapporto. Essi non potranno stabilire quell'auspicato contatto fino a quando non abbiano trasmutato la devozione emotiva in servizio non egoistico all'Umanità, non al Maestro.
Le opere che ho scritto sono offerte al pubblico senza alcuna pretesa che vengano accettate. Esse potranno essere, o non essere, corrette, vere e utili. Sta a voi accertarne la verità con la retta pratica e l'esercizio dell'intuizione. Né a me, né ad A.A.B. (N.d.R.: Alice A. Bailey), interessa minimamente che vengano accolte come ispirate, né che tutti ne parlino concitatamente come gli scritti di uno dei Maestri. Se esse presentano la Verità in modo tale da costituire una continuazione degli insegnamenti già dati al mondo, se le informazioni impartite elevano l'aspirazione e la volontà di servire dal piano delle emozioni a quello della mente (il piano dove i Maestri possono essere trovati), allora avranno servito al loro scopo.
Se un insegnamento suscita una risposta della mente illuminata e fa brillare un lampo di intuizione, può essere accettato - ma non altrimenti. Se quanto vi si afferma finirà per essere corroborato e apparire vero, alla luce della Legge di Corrispondenza, sarà bene. Ma se ciò non avverrà, lo studioso non accetti quanto vi si dice "".

Più chiaro di così….

Vorrei aggiungere una riflessione. La nostra anima, quando decise che era tempo di incarnarsi nella realtà tridimensionale, si scelse un percorso di apprendimento. In quanto esseri incarnati, l’adempimento di questa missione è l’unico, vero, profondo dovere che abbiamo verso la vita. La nostra unica responsabilità è quella di procedere al meglio delle nostre capacità lungo il Sentiero che ci siamo tracciati, ascoltando e cercando di ubbidire alla voce del Maestro interiore che sale dal cuore. E quindi, non vi può mai essere obbligo di obbedienza verso autorità spirituali esterne a noi.

Ai Maestri veri sia tributato tutto il rispetto e la gratitudine di cui siamo capaci - magari anche amore, purché sgorghi spontaneo dal cuore... e - perché no? - devozione, se questo sentimento fa parte della cultura che abbiamo abbracciato.

"Ai piedi del Maestro" è il titolo dell'opera prima, che un giovanissimo Krishnamurti (4) pubblicò sotto lo pseudonimo di "Alcione", e che esprime un concetto orientale di obbedienza estatica nei confronti del proprio Maestro. Lo scrisse quando era ancora sotto la tutela - probabilmente illuminata, ma certamente ferrea - esercitata nei suoi confronti sin da quando egli era tredicenne, dai teosofi Annie Besant (5) e Charles W. Leadbeater (6). Ma nel 1929, dopo essersi "affrancato" dalla loro tutela, Krishnamurti sciolse l'organizzazione di cui era stato proclamato leader, annunciando al mondo che non desiderava avere discepoli.

Se avremo la grande fortuna di incontrare un Maestro vero nel corso della nostra vita (7), la Sua luce illuminerà un tratto del nostro Sentiero, per mostrarci il terreno più solido ove posare il piede ad una svolta importante del percorso; ma il Maestro vero non ci abbaglierà, non agirà in nostra vece, non ci toglierà le castagne dal fuoco, non ci toglierà potere. Il libero arbitrio è sacrosantamente nostro.

Ripeto che è una benedizione e una grande fortuna incontrare un Maestro vero, perché la Sua fun-zione è quella di ispirarci e di illuminare le risposte che il nostro cuore già custodisce nel profondo, ma delle quali non è ancora consapevole. Così facendo, il Maestro accelera il nostro procedere sul Sentiero, imprimendo una calibrata spinta energetica verso la meta che noi stessi abbiamo scelto prima di incarnarci nella tridimensionalità.

E ancora…
Dice Baird T. Spalding: “Un aspetto più recente dell’idolatria consiste nel fare un idolo della per-sona che esprime il nostro ideale. Invece bisogna adorare solamente l’ideale espresso, non la personalità che lo esprime" (8).

Chi usa la propria energia e il proprio carisma per influenzarci sta abusando di noi ed è in caccia di adepti, sui quali esercitare il proprio potere. Forse questa persona nel passato è stata un Maestro; ma le lusinghe della materia hanno avuto la meglio (magari temporaneamente). Anche il Maestro Gesù fu tentato nel deserto… Certo le sue energie sono sempre molto potenti, perché questa è la sua struttura... ma le sta usando per fini che non sono esattamente quelli che hanno motivato la Sua incarnazione.

Vi esorto, o meglio, vi consiglio ad essere discriminanti. È spiritualmente corretto essere discriminanti ed esercitare prudenza nei confronti di chi si annuncia come Maestro, perché non è poi così infrequente incontrare persone che abbiano acquisito molte conoscenze e sviluppato notevoli facoltà mentali e potere carismatico, tanto da influenzare facilmente l’altrui volontà. È inevitabile che anche i Maestri veri che si incarnano - cioè che hanno espresso il voto d’amore di tornare tra noi per aiutarci, accettando così le insidie della vita fisica - non siano per nulla esenti da prove e tentazioni. Come ho appena accennato, perfino Gesù fu tentato nel deserto. “La Divinità stessa procede verso la perfezione” - scrive la Bailey (V. pag. 27 di “Guarigione Esoterica”). L’insidia della prova è sempre proporzionata al livello evolutivo e all’energia della persona che deve superarla. Ciò che per l’uomo comune non è che una piccola défaillance, per il Maestro può rap-presentare un importante scivolone karmico. Sia il compiacimento per il potere generato dal proprio carisma, che i piaceri terreni, possono tradi-re il Maestro e legarlo al piano fisico. Non credo che sia un evento così infrequente. Dunque anche il sentiero terreno di un Maestro incarnato è cosparso qua e là di insidiose bucce di banana. Questa è una riflessione in più che, a mio avviso, consiglia di mantenere sempre la propria autono-mia di giudizio e il proprio potere.

Citando ancora Dethlefsen (9),

“ la via esoterica non promette gloria terrena, onori e splendori; ma piuttosto lavoro, solitudine (v, l’Eremita) e lotta incessante per conquistare la verità. Questa via è stretta e sassosa, ma è purtroppo l’unica che conduce alla porta stretta della liberazione... (...) ... La polarità esige che, con l’utilità, cresca proporzionalmente anche la pericolosità. Con un coltello si può tagliare il pane e anche uccidere un uomo. Se si trasforma il coltello in modo che non possa più uccidere, esso non sarà neppure più adatto a tagliare il pane “.

Ascoltate la vibrazione di queste parole:

IO... Io, Essere incarnato, unico e irripetibile... Io!
IO SONO... Io esprimo la mia verità... Io sono... io sono!
IO SONO LIBERO... è il vostro meraviglioso canto cosmico... Io... Sono... Li-be-ro!

Siate liberi e coraggiosi... e il cuore sia la vostra bussola.
Buon cammino.

 

NOTE

1. Thorwald Dethlefsen - "Il Destino come Scelta - Psicologia Esoterica" - Edizioni Mediterranee - da pagina 193

2. Richard Bach: "Illusioni" - Ed. SuperPocket Rizzoli

3. La Teosofia prevede la seguente gerarchia, che corrisponde ai vari livelli raggiunti nell'evoluzione spirituale consape- vole: Maestro, discepolo, aspirante. Djwal Khul è uno dei Maestri di Shamballa.

4. J. Krishnamurti nacque nel 1895 nel sud dell'India da una famiglia di brahmani, fu educato in Inghilterra e morì in California nel 1986. È universalmente considerato un grande maestro spirituale. Ha lasciato molti scritti, tra i quali cito il suo "Diario", il suo "Taccuino" e "Dove il tempo finisce", un affascinante confronto con uno dei sommi fisici quantistici occidentali, David Bohm.

5. Annie Besant accompagnò Krishnamurti in Inghilterra, nel 1910, quando questi era appena quindicenne. La Besant, che molto si adoprò per la liberazione della donna, era affiliata anche a "Le Droit Humain", un'obbedienza massonica francese, ove vigeva la parità tra i sessi .

6. Charles Webster Leadbeater (1947-1934), esponente della chiesa inglese (era monsignore) e della società teosofica, fu uno dei più grandi chiaroveggenti occidentali. Ha lasciato testi fondamentali , quali "L'uomo visibile e l'uomo invisibile", "I Chakra", "Forme Pensiero", scritto con Annie Besant.

7. Anche il Dalai Lama, all'inizio, ha bisogno di insegnanti...

8. "Vita e insegnamenti dei Maestri del lontano oriente" - Ed. Il Punto d'incontro.

9. Ibidem - pagina 190

 

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