3 - Considerazioni sulla domanda di trasporto delle merci


1. Premessa: l'AV risponde ad una strategia per il traffico merci?

La realizzazione del sistema AV è ed è stata in passato frequentemente citata quale occasione prioritaria - se non obbligata - per la riqualificazione ed il rilancio del vettore ferroviario nel nostro paese, con riferimento non soltanto ai servizi passeggeri, ma anche al trasporto delle merci. Per fare soltanto un esempio, ancora pochi mesi fa l'ex amministratore delegato Lorenzo Necci affermava che sulle nuove linee «... potremo trasportare più del doppio delle merci e dei passeggeri che transitano oggi ...» [nota 45]. Secondo le numerose asserzioni di questo tenore, la costruzione di tali linee risponde ad una logica di sistema, volta a favorire il traffico merci ferroviario se non direttamente (attraverso un incremento delle prestazioni cinematiche), almeno in modo indiretto (mediante un sostanziale aumento della capacità sulle tratte attualmente sature o vicine alla saturazione).

Il rilancio del vettore ferroviario nel trasporto delle merci costituisce un obiettivo del tutto condivisibile, forse in misura anche maggiore di quanto non avvenga con riferimento al traffico passeggeri; tuttavia la relativa genericità che caratterizza la maggior parte delle asserzioni relative al rapporto fra alta velocità e tale segmento di mobilità - in ordine non soltanto agli obiettivi, ma anche alle strategie di sviluppo ed ai programmi di esercizio - non può in questa sede essere completamente sottaciuta.

Per quanto concerne gli obiettivi, non esiste a nostra conoscenza uno studio che individui con precisione i risultati attesi del progetto in ordine ai volumi di traffico. Il richiamo ad un loro possibile raddoppio appare con frequenza, a volte riferito all'intera rete, a volte alle sole tratte oggetto di "quadruplicamento veloce", a volte al traffico espresso in valori assoluti, a volte alla quota parte della ferrovia nella ripartizione modale dei traffici nazionali. Un'articolazione del dato con riferimento alle componenti fondamentali del traffico (nazionale ed internazionale, tradizionale ed intermodale, ecc...) appare assente. E' dunque difficile sviluppare ragionamenti volti a valutare - in termini per esempio di costi-opportunità - gli interventi proposti.

Per quanto concerne le strategie complessive, queste sembrano poter essere ricondotte a due risultati fondamentali:

  1. la liberazione sulle linee storiche di capacità precedentemente destinata ai servizi viaggiatori;
  2. la messa a disposizione di tracce orarie sulle linee di nuova concezione.

I due risultati presentano problematiche per molti aspetti differenti, e la loro ricaduta sulle diverse parti del sistema si caratterizza in realtà per una notevole articolazione: su alcune tratte (come la dorsale Milano-Napoli) l'impiego della linea veloce per il trasporto delle merci è considerato come elemento eventuale (confinato per lo più alle ore notturne) o comunque inessenziale ai fini dell'analisi di fattibilità; su altre (come la Milano-Torino o la Milano-Genova) quello stesso impiego è giudicato invece parte integrante del futuro esercizio, tanto da far giudicare accettabili adattamenti non marginali (ad esempio la rinuncia al cadenzamento) nei servizi passeggeri previsti. E' forse appena il caso di osservare, comunque, che questa articolazione sembra rispondere soprattutto ad una necessità di giustificazione «a posteriori» degli interventi tarati sui servizi passeggeri: il richiamo al traffico merci appare laddove l'esiguità del numero atteso di viaggiatori rende impossibile giustificare la realizzazione della linea su questa sola base. Non risulta, in altri termini, essere stata condotta un'analisi delle criticità dei servizi merci stessi (in ordine, per esempio, ai vincoli di capacità esistenti sulla rete attuale, che investono piuttosto la direttrice Milano-Bologna-Firenze [nota 46]). Si pongono a questo proposito diversi elementi di perplessità, circa la reale rispondenza del progetto alle evoluzioni correnti ed attese del segmento di domanda di trasporto che qui ci interessa. Se affiancate ad alcune note ma irrisolte questioni, inerenti all'effettiva praticabilità della coesistenza dei servizi merci e di quelli passeggeri ad alta velocità sulle nuove linee, queste perplessità tendono a delineare un quadro di complessiva disattenzione nei confronti delle esigenze del trasporto merci, la cui articolazione non è certo riconducibile a ricadute indirette di progetti caratterizzati da una genesi e da uno sviluppo affatto separati.

Sembra necessario, allora, sia pure in una sede non convenzionale come la presente, tentare di sviluppare i ragionamenti relativi al rapporto fra sistema AV e traffico merci secondo un ordine opposto a quello finora adottato da TAV: e cioè prendendo in considerazione innanzitutto la domanda di trasporto e le sue trasformazioni recenti. Soltanto in questo modo è possibile evitare il rischio di trascurare - nell'ideazione di un'infrastruttura tanto importante - fattori che rivestono invece un ruolo fondamentale ai fini del rilancio dei traffici complessivamente considerati.


2. La domanda di trasporto merci fra integrazione e flessibilità


2.1. Un quadro in forte trasformazione

I più recenti sviluppi della domanda di trasporto merci possono essere letti (ovviamente all'interno dei vincoli di sinteticità qui operanti) secondo due chiavi di lettura complementari, ed entrambe connesse ai processi di apertura dei mercati e di deverticalizzazione produttiva che caratterizzano le dinamiche economiche degli ultimi decenni [nota 47]. Senza voler entrare nei dettagli, si può osservare come i processi in corso si accompagnino, in numerosi segmenti industriali, ad un tendenziale incremento dei valori per unità di peso delle merci e dei costi di possesso degli stocks, ed insieme all'adozione di nuove logiche miranti all'ottimizzazione dei cicli logistici. Ne deriva una vera e propria rivoluzione nelle logiche di circolazione dei prodotti e di trattamento dell'informazione nelle diverse fasi della catena produttiva e distributiva [nota 48], che comportano, in estrema sintesi:

  • un'accelerazione ed un incremento di flessibilità dei cicli produttivi;
  • una riduzione degli stocks di materie prime, semilavorati e prodotti finiti.
  • Uno dei principali effetti della ristrutturazione consiste nello spostamento del controllo del ciclo dalle fasi poste a monte verso quelle poste a valle, secondo la logica del just-in-time (o del flux tendu).

    Queste trasformazioni implicano di norma la necessità di una crescente integrazione tra le fasi della produzione e quelle della distribuzione commerciale, che si esplica sovente attraverso una tendenza alla centralizzazione ed alla degerarchizzazione delle reti di stoccaggio [nota 49]. Il trasporto merci si configura in misura sempre maggiore come una semplice fase di una catena logistica complessa, alla quale deve integrarsi secondo forme spesso non corrispondenti alle tradizionali logiche del settore.


    2.2. L'impatto delle trasformazioni della domanda sui sistemi di trasporto

    I mutamenti in corso comportano rilevanti trasformazioni della domanda di trasporto delle merci. Essi implicano, tipicamente, la tendenza verso invii più ridotti e frequenti, e nel contempo una maggiore dispersione territoriale delle linee di desiderio (espresse in termini door-to-door). In sintesi, la domanda si orienta verso una minore massificazione, in termini sia spaziali che temporali.

    In una situazione di questo genere, i parametri critici del trasporto tendono a focalizzarsi sempre più su alcuni aspetti qualitativi, come ad esempio l'affidabilità, la puntualità e la flessibilità dei servizi offerti. Secondo una recente ricerca condotta sulla situazione britannica [nota 50], i fattori che influenzano maggiormente la scelta dei servizi di trasporto da parte delle imprese industriali risultano essere, nell'ordine:

  • l'affidabilità dell'operatore (in termini di rispetto dei tempi di consegna, ma anche di capacità di dare risposte rapide ad esigenze di ordine particolare);
  • la frequenza del servizio (ritiri e consegne on time, tempi di attesa);
  • il costo di trasporto;
  • le preferenze dei partner commerciali;
  • l'offerta di servizi ausiliari;
  • gli itinerari prescelti.
  • Come si osserva, la velocità del servizio non appare ai primi posti della classifica (e si tratterebbe in ogni caso della velocità commerciale, espressa in termini di tempi di consegna della merce, piuttosto che della velocità di punta raggiungibile nel corso del trasporto in linea).

    Va da sé che trasformazioni della domanda di questa portata tendono ad avere un impatto assai selettivo sui servizi di trasporto. In linea di principio, si può affermare che tendono ad essere favoriti gli operatori (ed i modi) che garantiscono la maggiore flessibilità (come l'autotrasporto), mentre sono per converso penalizzati i servizi più rigidi, in termini per esempio di necessità di massificazione spaziale e temporale dei flussi serviti. Le difficoltà incontrate dal vettore ferroviario dipendono dunque, almeno in parte, da trasformazioni strutturali della domanda, che richiedono una ridefinizione globale dei servizi, piuttosto che un semplice potenziamento dell'offerta intesa in termini tradizionali.

    Al di là della selettività degli impatti sui vettori, le trasformazioni della domanda di trasporto tendono ad accompagnarsi ad una ristrutturazione complessiva del settore logistico, che si orienta verso una struttura duale. Si accresce la distinzione fra le funzioni di semplice trazione, affidata per esempio ai «padroncini», e l'organizzazione della catena logistica, controllata da imprese spesso «a-modali» (cioè non collegate strutturalmente ad alcun vettore). Per impiegare i termini adottati da uno studio relativo al caso italiano [nota 51], diventa sempre più rilevante il ruolo delle «reti a valore aggiunto», ovvero dei servizi che consentono di migliorare i collegamenti door-to-door tra il cliente ed i suoi partner commerciali.

    Le prospettive di rilancio del vettore ferroviario sono strettamente connesse alla sua capacità di proporsi come elemento competitivo all'interno di catene logistiche integrate.

    Tale prospettiva appare di norma - ma non sempre - associata ad un'offerta di tipo intermodale:

  • o con riferimento agli operatori dell'autotrasporto (come nel combinato accompagnato);
  • o con riferimento alle attività degli operatori logistici multimodali (come nel trasporto container).
  • In altri termini, le prospettive di sviluppo del trasporto merci su ferrovia non appaiono oggi necessariamente cattive (anche se il gap da recuperare nei confronti della strada permane molto elevato), ma sembrano generalmente subordinate alla capacità di integrare i servizi entro strutture più ampie, superando i tradizionali rischi di settorialismo o di corporativismo «vettoriale» [nota 52]. Ciò richiede il miglioramento di un insieme di fattori tecnologici e gestionali che investono, fra l'altro, i servizi di raccolta e di distribuzione delle unità di carico, il trasbordo delle merci, l'offerta di servizi ausiliari, le forme di commercializzazione dei servizi, l'adeguamento dei criteri gestionali e regolativi del settore, ecc...

    Il miglioramento delle prestazioni del trasporto ferroviario in linea non rappresenta dunque che un elemento di un più complesso insieme di azioni strategiche volte al rilancio dell'intermodalità.

    Nel breve e medio periodo, le prospettive dell'intermodalità strada-rotaia appaiono comunque interessanti (sebbene con tutta probabilità incapaci di produrre un'inversione di tendenza dell'andamento complessivo del settore del trasporto merci). In assenza delle citate ristrutturazioni, essa sembra presentare margini in quei settori che mettono meno a rischio le posizioni acquisite dei diversi operatori. L'esempio classico è costituito dalla «strada viaggiante», che richiede nondimento interventi coordinati con le politiche stradali ed autostradali, e soprattutto un adeguamento delle sagome limite al gabarit europeo C.

    Anche soluzioni complessivamente subordinate ad una logica di sviluppo del trasporto merci ancora forzatamente fondata sulla prevalenza del vettore stradale [nota 53], dunque, richiedono capacità di programmazione del settore, piuttosto che un semplice incremento dell'offerta ferroviaria (o della capacità delle linee). Mentre sul versante più prettamente infrastrutturale, le questioni tecnologiche più rilevanti - al di là delle ovvie esigenze di disporre di sufficiente capacità in linea - investono non tanto le prestazioni cinematiche, quanto l'ampiezza delle sagome ammesse al traffico.


    2.3. Alcuni elementi strutturali circa il caso Italia

    Le considerazioni finora sviluppate si adattano bene al caso italiano, con riferimento non soltanto alle problematiche dell'offerta, ma anche all'evoluzione della domanda: per molti versi, infatti, lo sviluppo della piccola e media impresa e la tendenza alla dispersione dell'industria in vasti ambiti extraurbani si associa a processi di deverticalizzazione ed a trasformazioni logistiche del genere sopra descritto. Tali trasformazioni rischiano di compromettere nel lungo periodo le prospettive di crescita del traffico merci ferroviario, già tradizionalmente penalizzato dalla relativamente scarsa incidenza delle produzioni pesanti nel nostro paese.

    Le evoluzioni sul fronte della domanda pongono dunque alcune questioni strategiche rilevanti circa la configurazione dell'offerta di trasporto. Si tratta di questioni forse a prima vista un po' astratte, ma certamente non oziose a fronte di decisioni relative alla realizzazione di infrastrutture che dovranno servire il paese per decine di anni.

    Ovviamente, affrontare questioni di tal genere significa in qualche misura operare nell'ambito di una politica dei trasporti non guidata dalle sole logiche d'offerta, ma capace di affrontare efficacemente almeno alcune note contraddizioni strutturali del trasporto merci, la cui permanenza rischia di invalidare i progressi fin qui compiuti in campo ferroviario. Si tratta, innanzi tutto, della polverizzazione del settore dell'autotrasporto artigianale, e del permanere nei suoi confronti di forme improprie di sostegno pubblico, che determinano un sostanziale squilibrio sul fronte dei costi esterni [nota 54], ma anche di una pianificazione regionale che appare spesso improntata alla logica della shopping list [nota 55], e di una pianificazione nazionale afflitta da una tradizionale tendenza alla distorsione infrastrutturale e dal più recente equivoco della "plurimodalità".

    I termini secondo i quali il progetto TAV si rapporto a queste ed altre problematiche di ordine generale non rappresentano un semplice elemento complementare, bensì una vera e propria chiave di volta della sua efficacia per il rilancio del vettore ferroviario.


    3. Analisi del traffico merci ferroviario e delle sue evoluzioni recenti


    3.1. Una domanda di trasporto dotata di una propria specificità

    Come si è potuto fin qui osservare, il quadro complessivo del trasporto merci appare attualmente in via di forte trasformazione. Vi è da chiedersi se l'elaborazione del progetto TAV abbia tenuto conto dell'evoluzione in atto, in tema per esempio di punti critici o di elementi strategici sui quali far leva nell'ambito di una politica nazionale integrata. Nella documentazione fornita, di considerazioni orientate in tal senso non si trova praticamente traccia.

    Uno dei più fondamentali elementi di insoddisfazione nei confronti del progetto investe proprio la sua tendenza a trattare le problematiche del trasporto merci - e le relative soluzioni - quasi esclusivamente in termini di ricadute indirette di scelte definite soltanto in rapporto ai servizi passeggeri su lunga distanza. Non è difficile riconoscere che tali problematiche presentano invece delle precise e concrete specificità, che dovrebbero essere considerate con maggiore attenzione da un progetto che pone fra i suoi obiettivi ufficiali un raddoppio della quota ferroviaria sul totale nazionale dei traffici merci, e che costituirà l'intervento infrastrutturale di maggior rilievo dei prossimi anni nel nostro paese. Le note che seguono si propongono di fornire alcune indicazioni, del tutto preliminari, in questo senso.

    3.2. L'andamento complessivo dei traffici ferroviari

    Il vettore ferroviario ha tradizionalmente svolto un ruolo secondario nel trasporto merci italiano. Fattori strutturali (come la relativamente scarsa incidenza sull'economia nazionale dell'industria pesante), ma anche scelte politiche e ritardi tecnici e gestionali delle FS, hanno contribuito a ridimensionare il ruolo del traffico merci su rotaia a livelli nettamente inferiori a quelli di altri paesi europei, confinando i servizi ad alcune nicchie spesso associate all'importazione di merci dall'estero (nel 1975 i servizi internazionali rappresentavano il 67% delle tonnellate trasportate ed il 63% dei traffici delle FS espressi in tkm).

    E' ben noto che da una quindicina d'anni questa tendenza ha subito, se non una vera e propria inversione, almeno un forte rallentamento. Tra il 1980 ed il 1994, il traffico merci delle FS (c/pubblico e c/servizio) è aumentato del 20% circa, passando da 19,0 a 22,9 miliardi di tkm. Se raffrontati con le tendenze dell'autotrasporto (+39% fra il 1980 ed il 1993), gli incrementi del traffico ferroviario appaiono ancora relativamente limitati; poiché tuttavia gli andamenti relativi al cabotaggio marittimo, al trasporto fluviale ed a quello per condotta sono risultati ancora più modesti, la quota parte del trasporto ferroviario sul totale dei traffici interni ha teso, come si osserva nella figura seguente, a stabilizzarsi intorno all'8-9%.


    Se rapportata ai soli traffici interni su lunga distanza (convenzionalmente posti oltre i 50 km), la quota parte delle ferrovie cresce leggermente, attestandosi intorno al 12-13% del totale.

    Anche a fronte di un'analisi sommaria come quella fin qui effettuata, si può dunque affermare che i recenti, positivi risultati ottenuti dalle Ferrovie dello Stato sul versante del trasporto merci sono stati in grado di arrestare la tendenza verso lo squilibrio modale dei traffici, ma non di invertirla.

    Ciò significa, in altri termini, che la ferrovia è stata in grado di acquisire nuovi traffici ad un tasso pressoché uguale a quello dell'autotrasporto, ma che non è riuscita ad operare un trasferimento netto di merce dalla strada alla rotaia. Quest'ultimo risultato richiede evidentemente uno sforzo ulteriore: e vi sono diverse ragioni per sostenere che tale sforzo non può consistere semplicemente in un pur necessario incremento quantitativo della capacità di trasporto, ma al contrario richiede di rafforzare ed ampliare una serie di importanti innovazioni sulla struttura stessa dell'offerta ferroviaria, nei suoi aspetti economici, tecnologici e gestionali, oltre che in quelli infrastrutturali. Come si potrà osservare nel seguito, tali innovazioni stanno già dando alcuni buoni risultati, a fronte di un progressivo decadimento dell'organizzazione tradizionale dei traffici.


    3.3. L'andamento complessivo dei traffici tra il 1980 ed oggi

    La tabella che segue indica la quantità di merce trasportata, i volumi di traffico e le distanze medie percorse dei servizi merci interni ed internazionali effettuati dalle Ferrovie dello Stato.

    TRASPORTO MERCI FS (c/pubblico)
    interno e
    cumulativo
    internazionale
    e di transito
    TOTALE
    Anno

    k t

    Mtkm

    km

    k t

    Mtkm

    km

    k t

    Mtkm

    km

    1980

    12.308 5.194 422 43.525 13.190 303 55.833 18.384 329

    1981

    11.746 38.742 50.488

    1982

    11.962 36.938 48.900 16.904 346

    1983

    13.238 5.499 415 35.767 11.247 314 49.005 16.746 342

    1984

    14.034 5.495 392 40.032 12.375 309 54.066 17.870 331

    1985

    14.008 5.955 425 38.589 12.013 311 52.597 17.968 342

    1986

    13.818 5.974 432 37.517 11.436 305 51.335 17.410 339

    1987

    14.836 6.837 461 39.435 11.788 299 54.271 18.625 343

    1988

    16.191 7.688 475 41.635 11.975 288 57.826 19.663 340

    1989

    17.107 8.162 477 44.695 12.425 278 61.802 20.587 333

    1990

    22.321 7.925 355 42.901 13.245 309 65.222 21.170 325

    1991

    22.145 7.943 359 44.717 13.737 307 66.862 21.680 324

    1992

    24.758 8.800 355 44.067 13.030 296 68.825 21.830 317

    1993

    24.919 8.570 344 40.679 11.656 287 65.598 20.226 308

    1994

    73.659 22.533 306

    Fonte: Conto Nazionale dei Trasporti

    Nel complesso, le FS hanno movimentato 73,7 milioni di t nel 1994, contro i 65,6 (di cui 40,7 in servizio internazionale) del 1993. Questi totali appaiono limitati in rapporto al totale nazionale per tutti i modi, stimabile in circa 1,4 miliardi di t, di cui oltre 1 riferito a spostamenti interni (prevalentemente su strada), il resto a spostamenti di interscambio con l'estero (prevalentemente via mare).

    Dalla lettura della tabella, si osserva in particolare che:

  • i traffici nel loro complesso - espressi sia in tonnellate che in tonnellate*km - conoscono, dopo il biennio iniziale, un andamento crescente; l'incremento delle quantità trasportate appare maggiore di quello fatto registrare dai volumi di traffico, e si assiste pertanto ad una tendenziale riduzione delle distanze medie percorse,
  • l'incremento registrato dev'essere imputato nella sua totalità ai servizi interni, mentre i traffici internazionali e di transito conoscono una stasi, se non una diminuzione;
  • le distanze medie relative ai traffici internazionali risultano inferiori a quelle che caratterizzano i traffici nazionali (ci si riferisce naturalmente alla sola quota di competenza FS);
  • la dinamica dei traffici interni si divide in due fasi abbastanza chiaramente distinte: nella prima (all'incirca 1980-1988) la crescita espressa in tkm appare più consistente di quella espressa in t, e le distanze medie tendono a crescere, superando la soglia dei 450 km; nella seconda accade esattamente l'opposto, e cioè si ha una forte crescita delle tonnellate trasportate, in corrispondenza di una relativa stasi in termini di tkm - conseguentemente si osserva una rapida discesa delle distanze medie percorse, che scendono al di sotto dei 350 km.
  • L'andamento dei traffici appare nel complesso diversificato a seconda della tecnica utilizzata. Come si osserva nella tabella che segue, gli sviluppi recenti si sono caratterizzati per una forte crescita delle tecniche intermodali (container o combinato strada-rotaia), a fronte di un decremento dei servizi tradizionali (a carro): questi ultimi trasportavano infatti l' 87,7 % della merce nel 1980, e solo il 67,5 % nel 1993.


    TRASPORTO MERCI FS (c/pubblico) migliaia di tonnellate

    interno e cumulativo

    internazionale e di transito

    TOTALE
    Anno cont comb carro TOT cont comb carro TOT cont comb carro TOT
    1980 1.097 53 11.158 12.308 3.519 2.188 37.818 43.525 4.616 2.241 48.976 55.833
    1981 1.363 149 10.234 11.746 3.197 2.295 33.250 38.742 4.560 2.444 43.484 50.488
    1982 1.651 292 10.019 11.962 2.610 2.493 31.825 36.928 4.261 2.785 41.844 48.890
    1983 1.743 338 11.157 13.238 2.856 2.912 29.999 35.767 4.599 3.250 41.156 49.005
    1984 1.847 452 11.735 14.034 2.970 3.568 33.494 40.032 4.817 4.020 45.229 54.066
    1985 1.582 405 12.021 14.008 3.106 3.912 31.571 38.589 4.688 4.317 43.592 52.597
    1986 1.987 516 11.315 13.818 2.869 4.196 30.452 37.517 4.856 4.712 41.767 51.335
    1987 2.051 998 11.787 14.836 3.083 5.446 30.906 39.435 5.134 6.444 42.693 54.271
    1988 2.369 998 12.824 16.191 3.210 5.855 32.570 41.635 5.579 6.853 45.394 57.826
    1989 2.960 1.101 13.046 17.107 3.816 6.820 34.059 44.695 6.776 7.921 47.105 61.802
    1990 3.569 1.588 17.164 22.321 3.730 8.549 30.622 42.901 7.299 10.137 47.786 65.222
    1991 3.797 1.983 16.365 22.145 3.816 9.372 31.529 44.717 7.613 11.355 47.894 66.862
    1992 4.140 2.289 18.329 24.758 3.839 9.743 30.485 44.067 7.979 12.032 48.814 68.825
    1993 4.897 2.453 17.569 24.919 3.993 9.950 26.736 40.679 8.890 12.403 44.305 65.598

    Fonte: Conto Nazionale dei Trasporti

    Come si osserva, il traffico ferroviario intermodale sta conoscendo - specie per quanto concerne i traffici nazionali - una stagione particolarmente positiva. Si consideri, per esempio, che uno studio risalente a qualche anno fa [nota 56] indicava il traffico potenzialmente acquisibile dalla ferrovia, all'orizzonte 1995, in 5,2-5,5 milioni di tonnellate: tali aspettative sono state sostanzialmente confermate, se non superate, con un incremento che tra il 1985 ed il 1993 è stato di oltre 3 milioni di t per il trasporto container e di circa 2 milioni di t per quello combinato. Ai valori del traffico nazionale vanno aggiunte le quote di traffico internazionale (4,0 milioni di t i container e 9,9 milioni di t il combinato). Come si osserva nella figura seguente, i servizi combinati rappresentano la componente più dinamica dei traffici - ma anche il traffico container è più che raddoppiato nel giro di poco più di un decennio.

    In sintesi, l'incremento dei traffici merci ferroviari può essere imputato principalmente al traffico interno e, in questo ambito, specialmente alle tecniche intermodali (sebbene in anni recenti anche quelle tradizionali abbiano evidenziato una dinamica positiva). Nei traffici internazionali, il progresso delle tecniche intermodali tende invece a compensare il decremento di quelle tradizionali. Ciò nonostante, la quota di traffico principale (40%) continua a riguardare il traffico internazionale a carro; ovvero la componente meno dinamica dell'insieme, mentre le tecniche intermodali costituiscono ancora una componente minoritaria del totale.

    Un ulteriore elemento di interesse concerne la ripartizione dei traffici per categoria merceologica NST/R [nota 57].

    TRASPORTO MERCI FS (c/pubblico) migliaia di tonnellate

    categorie merceologiche NST/R

    Anno

    0

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    altri *

    TOT

    1985 6.779 2.205 964 1.060 6.152 9.343 4.035 894 3.034 18.062 69 52.597
    1986 5.987 2.325 773 1.098 4.730 9.073 3.660 824 2.978 19.805 82 51.335
    1987 5.743 2.342 794 1.224 4.746 10.179 4.286 849 3.027 20.972 109 54.271
    1988 5.784 2.150 662 1.178 4.698 11.204 4.544 844 3.042 23.664 56 57.826
    1989 5.960 2.101 626 1.242 5.241 11.731 4.898 702 2.909 26.323 68 61.801
    1990 6.106 2.154 685 1.344 5.213 12.825 5.274 606 3.063 27.864 87 65.221
    1991 6.606 2.226 804 1.557 5.522 12.130 5.360 548 3.026 28.964 119 66.862
    1992 5.606 1.937 611 1.765 5.400 12.045 5.189 488 3.149 30.925 1.710 68.825
    1993 4.661 1.642 413 1.693 5.214 11.153 4.998 458 3.135 31.462 769 65.598

    Fonte: Conto Nazionale dei Trasporti

    Si osserva in particolare:

    Se ne può concludere che i progressi del vettore ferroviario sono collegati in modo cruciale alla capacità di rispondere alle esigenze di trasporto di merci finite, caratterizzate da un valore per unità di peso di norma superiore a quello delle materie prime e dei semilavorati, che costituivano il mercato tradizionale del trasporto ferroviario.


    3.4. L'articolazione territoriale del traffico al 1994

    Un ultimo elemento analitico, relativo all'andamento dei traffici FS, è costituito dall'articolazione territoriale dei traffici. Tale articolazione può essere dedotta da due fonti distinte:

    Non si ripeterà mai a sufficienza che l'analisi delle matrici OD si presta soltanto indirettamente all'analisi della domanda di trasporto, in quanto riporta soltanto le componenti soddisfatte, tralasciando invece quelle potenziali, ovvero qualunque considerazione in merito all'articolazione territoriale dell'elasticità diretta ed incrociata. Nondimeno, la semplice presa in considerazione dell'andamento dei traffici interni desunto dalle matrici citate offre un quadro già significativo dell'articolazione della domanda.

    Per quanto concerne i traffici internazionali, si evidenzia un dato assai peculiare, consistente nel fatto che l'80% circa degli scambi con l'estero ha origine o destinazione in una regione frontaliera (cfr. la tabella seguente).

    TRAFFICO FERROVIARIO
    INTERNAZIONALE (1992) (000 t)

    Regione

    in partenza

    in arrivo

    Liguria 1,5% 1,2%
    Piemonte e Valle d'Aosta 16,7% 17,0%
    Lombardia 33,7% 31,7%
    Veneto e Trentino - Alto Adige 20,2% 18,4%
    Friuli - Venezia Giulia 5,8% 9,0%
    Tot.regioni frontaliere 78,0% 77,2%
    Altre regioni 22,0% 22,8%
    Totale Italia 100,0% 100,0%

    Questa circostanza è dovuta in parte ad un'oggettiva difficoltà nella prosecuzione dei traffici oltre i primi attestamenti italiani (per le carenze strutturali od operative del servizio), in parte alla concentrazione delle attività produttive nelle regioni del Nord Italia.

    Sta di fatto in ogni caso che i traffici internazionali (che costituiscono la componente di gran lunga prevalente del traffico ferroviario) risultano sostanzialmente poco interessati alla configurazione prevista per la rete AV. Essi pongono dunque rilevanti problemi di integrazione (in rapporto per esempio alle funzioni di gateway), ma non di capacità delle tratte interessate dal progetto di alta velocità.

    Per quanto concerne invece i traffici nazionali, di seguito si propone una riaggregazione per grandi ambiti nazionali (Nord-ovest, Nord-est, Centro, Sud ed Isole) della matrice OD regionale relativa al 1994 [nota 58].

    Nord-ovest

    Nord-est

    Centro

    Sud

    Isole

    TOTALE
    Nord-ovest 27,4% 5,3% 4,8% 2,0% 2,6% 42,0%
    Nord-est 10,9% 6,0% 3,0% 1,4% 3,3% 24,6%
    Centro 7,1% 1,9% 8,6% 0,6% 1,5% 19,6%
    Sud 1,0% 0,8% 2,2% 1,8% 0,6% 6,3%
    Isole 1,4% 3,4% 1,0% 0,5% 1,1% 7,4%
    TOTALE 47,8% 17,4% 19,6% 6,2% 9,1% 100,0%

    Come si osserva, circa la metà (precisamente il 49,6%) dei volumi di merce movimentati per ferrovia ha origine e destinazione nel Nord-italia. Nel complesso, le regioni dell'Italia settentrionale sono interessate da più dell'80% dei traffici totali; soltanto il 16% circa dei volumi di merce movimentati è diretto dal Nord al Sud od alle Isole e viceversa.

    Dall'analisi della matrice OD regionale (riaggregata in 15 aree [nota 59]) si osserva inoltre che:


    3.5. La situazione della rete

    Secondo la documentazione fornita dalla TAV, l'attuale impegno delle linee interessate ai quadruplicamenti (tratte più cariche) è il seguente:

    linea lenta linea veloce

    merci

    TOTALE

    merci

    TOTALE

    Torino-Milano 62 225 = =
    Milano-Bologna 82 230 = =
    Bologna-Firenze 50 232 = =
    Firenze-Roma 45 171 0 138
    Roma-Napoli 53 198

    Come si osserva, l'offerta merci appare maggiore nelle tratte del Nord Italia, ed in particolare sulla Milano-Bologna, mentre decresce al di sotto degli Appennini. Sulla direttissima Roma-Firenze, nonostante il carattere universale della linea, non circola alcun treno merci.

    La crescita dei traffici ferroviari ha fatto sì che, negli ultimi anni, numerose tratte raggiungessero i limiti di saturazione (a condizioni tecnologiche attuali). In particolare, seguendo un recente studio curato dal Freight Leaders Club [nota 60], risultano sature o vicine alla saturazione le tratte seguenti:

    Occorre tuttavia notare che i limiti di capacità non sono di norma raggiunti lungo l'intera estensione della tratta, bensì in un numero relativamente limitato di punti critici, vuoi a causa della presenza di sezioni a binario singolo, vuoi a causa della sovrapposizione di più direttrici di traffico sulle medesime tratte, vuoi a causa dell'incremento dei traffici passeggeri nelle vicinanze dei principali nodi urbani.

    La rete esistente si caratterizza inoltre per diffuse limitazioni di sagoma, che interessano anche direttrici importanti.

    Si deve osservare che l'offerta merci Nord-Sud appare oggi distribuita più sulle direttrici laterali (adriatica e soprattutto tirrenica) che non sulla dorsale centrale, in parte a causa dell'integrazione con i traffici portuali, in parte per la condizione di saturazione della linea Milano-Bologna-Firenze.


    3.6. Le linee di sviluppo

    Al di là della configurazione attuale dei traffici e delle criticità di rete ad essa associati, interessa conoscere la loro evoluzione recente. Un confronto fra le matrici OD regionali riaggregate per le 15 aree sopra citate e riferite agli anni 1986 e 1994 consente di evidenziare alcune grandi tendenze manifestatesi nell'ultimo decennio.

    In particolare, tra il 1986 ed il 1994 si è avuto in incremento dei volumi di merce movimentati pari a 7,9 milioni di t (+47,2%). Tale incremento si è ripartito però piuttosto irregolarmente nelle diverse zone del paese, come si osserva nella tabella che segue:

    Zona

    Flussi O

    Flussi D

    Piemonte + Valle d'Aosta +1,6% +17,5%
    Liguria +31,8% +290,2%
    Lombardia +123,8% +71,3%
    Veneto+Trentino-AltoAdige +87,3% +54,5%
    Friuli-Venezia Giulia -35,0% -19,0%
    Emilia-Romagna +131,2% +151,8%
    Toscana + Umbria +48,3% +24,0%
    Marche +445,4% +22,0%
    Lazio +62,6% +49,1%
    Abruzzo + Molise +29,2% -3,1%
    Campania -29,3% +20,2%
    Puglia +160,0% +27,4%
    Calabria + Basilicata -36,4% -2,8%
    Sicilia +48,2% +27,5%
    Sardegna +188,9% +11,6%
    Media nazionale +47,2% +47,2%

    Per quanto attiene ai flussi in destinazione (D), si evidenzia una concentrazione della crescita nell'area padana (regioni Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto + Trentino-Alto Adige). Più articolata la situazione relativa ai flussi in origine (O), che vede emergere anche la Sardegna e due regioni della direttrice adriatica (Marche e Puglia). In entrambi i casi - con la possibile eccezione del Lazio - i flussi Nord-Sud potenzialmente interessanti per la direttrice centrale crescono meno della media nazionale.

    Analizzando singolarmente ciascuna delle 225 relazioni O/D che costituiscono la matrice dei traffici regionali riaggregata su 15 zone, si osserva che:

    La figura seguente individua le relazioni OD maggiormente dinamiche: come si osserva, tali relazioni interessano nella quasi totalità dei casi regioni del Nord Italia. In altri termini, in anni recenti la componente più dinamica del traffico merci ferroviario si è sviluppata sulle medie, piuttosto che sulle lunghe distanze. E se è difficile attribuire alla velocità di punta dei servizi un ruolo rilevante lungo le relazioni di lungo raggio, l'operazione appare fondamentalmente priva di senso per traffici che non superano la soglia dei 250-300 km.

    Un'ultima analisi, condotta con riferimento all'andamento dei traffici sulle relazioni OD potenzialmente interessanti le diverse tratte facenti parte del sistema AV ha fornito il risultato indicato in figura seguente. Come si osserva, sebbene i criteri di attribuzione siano stati tendenzialmente generosi (non si è cioè tenuto conto delle possibilità di redistribuzione dei traffici su tratte alternative) soltanto due delle sette tratte che compongono il sistema si caratterizzano per tassi di crescita superiori alla media nazionale. Si tratta, in particolare, della Milano-Genova e della Bologna-Milano, entrambe interessate agli sviluppi della portualità ligure.

    E' difficile dire fino a che punto il ristagno dei traffici ferroviari Nord-Sud sia collegato all'indisponibilità di capacità aggiuntiva sulla rete ferroviaria, e quanto non derivi invece da un trend economico complessivo. E' comunque evidente che la crescita dei traffici interessa se non altro anche direttrici diverse da quelle investite dal progetto AV.


    3.7. Le prospettive di sviluppo della domanda

    Vi sono molti elementi che contribuiscono a far credere che, allo stato attuale, il mercato del trasporto merci ferroviario possa risultare sostanzialmente trainato dall'offerta, purché questa sappia orientarsi secondo strategie commerciali compatibili con l'attuale struttura del settore dei trasporti.

    A questo proposito, i tre segmenti di domanda che appaiono più interessanti sembrano essere i seguenti:

    1. i servizi container e l'integrazione con i traffici portuali;
    2. i servizi combinati internazionali, con riferimento in particolare alla problematica dei valichi;
    3. i servizi combinati nazionali Nord-Sud.

    Di questi tre segmenti, soltanto l'ultimo interessa direttamente le direttrici investite dal progetto AV, mentre gli altri due sembrano rivestire a questo riguardo un ruolo marginale. La stessa linea AV Milano-Genova, nella sua impostazione progettuale attuale, non sembra rispondere con chiarezza all'evoluzione dei traffici portuali liguri, che evidenziano problematiche di capacità localizzate su alcuni punti (come la tratta Voghera-Tortona) e presentano margini di sviluppo su direttrici alternative.


    4. Il progetto TAV e le problematiche del trasporto merci ferroviario


    4.1. Alcune considerazioni di ordine generale

    Alla luce di quanto fin qui affermato, è quasi superfluo ricordare che gli eventuali elementi di interesse del progetto TAV per il traffico merci ferroviario non si riconducono tanto a questioni di incremento di velocità (sostanzialmente poco influenti ai fini del rilancio dei traffici) quanto a questioni di capacità. Poiché inoltre gran parte della rete storica presenta limitazioni di sagoma non facilmente superabili, mentre le caratteristiche di esercizio delle nuove linee richiedono comunque dimensioni trasversali generose, sembra ragionevole porsi l'obiettivo dell'utilizzazione delle nuove linee per tipi di traffico incompatibili con la rete esistente.

    Allo stato attuale, i vincoli di capacità e di sagoma tendono ad insistere su gran parte delle relazioni interessanti per il traffico combinato nazionale. La prospettiva del quadruplicamento di linee fondamentali della rete rappresenta indubbiamente un'occasione per ovviare a tali vincoli; tuttavia non è per nulla evidente che il progetto TAV, nella sua versione attuale (sviluppata come si è visto con prevalente, se non esclusivo, riferimento alle esigenze del traffico passeggeri su lunga percorrenza), costituisca una soluzione soddisfacente dal punto di vista dei costi/opportunità.

    Vi sono infatti numerose perplessità relative all'effettiva efficacia dell'intervento ai fini della liberazione di capacità disponibile per il trasporto merci su linee di sagoma adeguata. Tali perplessità riguardano, da un lato, la rispondenza del disegno complessivo del sistema alla configurazione territoriale della domanda soddisfatta e potenziale, dall'altro, le proprietà tecniche delle linee, che sembrano incoerenti con l'asserito carattere «universale» dell'alta velocità italiana.


    4.2. Le condizioni di esercizio attese e la loro rispondenza alle esigenze del trasporto merci

    Come si è visto, i recuperi di capacità previsti in rapporto al progetto AV risultano in parte dalla disponibilità di tracce sulle nuove linee, in parte dalla liberazione di tracce precedentemente occupate dai servizi passeggeri sulle linee storiche. La distinzione non è banale, specie con riferimento alle sagome limite ammissibili: è evidente, infatti, che mantenere il traffico merci sulle linee storiche costituirebbe una soluzione soltanto parziale alle problematiche poste dal trasporto combinato nazionale.

    La documentazione fornita durante le riunioni ha evidenziato una differenza di impostazione, su questo punto, tra la dorsale Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli e le altre direttrici inserite nel sistema.

    Per quanto concerne queste ultime, ovvero le linee Torino-Milano-Verona-Venezia e Milano-Genova, si dichiara che il trasporto delle merci assume un valore strategico, anche in rapporto alle attese di incremento dei traffici internazionali verso Ovest e verso Est (previsioni a loro volta sostenute dalle attese relative alla realizzazione delle linee AV nazionali), e che l'esercizio sarà effettuato prevedendo un traffico composto al 50% da passeggeri ed al 50% da merci. Le merci viaggerebbero sia di giorno che di notte, secondo un'organizzazione del traffico per fasce orarie, essendo l'alta velocità passeggeri (intesa come 300 km/h) concentrata in una (o due) fasce giornaliere, durante le quali non circolerebbero convogli merci. Non si è potuto capire quanti sarebbero effettivamente i treni/giorno impostati sui 300 km/h, ma pare chiaro che essi non potranno che costituire una parte modesta dei 44 (escludendo i notturni) che ad esempio vengono previsti fra Torino e Milano [nota 61].

    Al di fuori delle fasce dedicate ai treni impostati a 300 km/h, convivrebbero treni passeggeri a 200 km/h e merci a 120-140 km/h. A specifica richiesta è stato riconosciuto, per parte TAV, che l'elevata densità di convogli merci e le particolari esigenze di quel tipo di trasporto [nota 62] farebbero venir meno il cadenzamento dei treni passeggeri, contrariamente a quanto affermato nella documentazione precedentemente fornita; verrebbe così meno un degli elementi di qualità del trasporto passeggeri che le Ferrovie promettono invece di garantire. Nelle fasce a trasporto misto verrebbe meno anche l'omotachicità dei convogli.

    Per quanto concerne invece la dorsale Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli, il modello di esercizio prevede di concentrare tutto il traffico merci durante la notte. La potenzialità dichiarata è di 50-60 tracce per notte (con cadenzamenti sino a 5 minuti), ma l'offerta iniziale preventivata è di sole 10 tracce. Alla richiesta di chiarire le valutazioni economiche alla base di questa offerta si è ottenuta la risposta che si tratta di una mera ipotesi e che comunque non ha concorso alla determinazione del conto economico relativo alla direttrice, in quanto su di essa l'attivo sarebbe garantito dal solo traffico passeggeri. E' evidente tuttavia che tale valutazione - anch'essa in sé discutibile - non può essere estesa a tutte le tratte interessate (in particolare, è dubbio che la si possa applicare anche alla Roma-Napoli).

    Le previsioni di impiego delle nuove linee sono le seguenti:

    linea lenta linea veloce

    merci

    TOTALE

    merci

    TOTALE

    Torino-Milano 22 186 50 112
    Milano-Bologna 96 178 10 142
    Bologna-Firenze 58 124 10 176
    Firenze-Roma 58 186 10 202
    Roma-Napoli 64 200 10 138

    E' in qualche modo paradossale osservare che gli incrementi di offerta merci derivanti dall'applicazione di questo modello di esercizio tendono a concentrarsi su quelle parti della rete che meno ne sentono il bisogno (come la Milano-Torino), o per le quali sono comunque disponibili riserve di capacità su linee alternative; essi risultano invece relativamente ridotti proprio su alcune delle linee maggiormente critiche (per non parlare poi dei vincoli di capacità su linee escluse dal sistema): in particolare, l'offerta sulla Milano-Bologna passerà da 82 a 96 treni/g (con un incremento del 17% circa), mentre sulla Roma-Napoli - in presenza di due linee storiche - passerà da 53 a 74 treni/g (con un incremento del 40%).

    Vi sono, dunque, diversi elementi che fanno ritenere che l'attuale carattere «chiuso» del sistema - o quanto meno delle condizioni di esercizio prospettate - non garantiscano un adeguato impiego della capacità aggiuntiva da parte di tutti i servizi ferroviari.


    4.3. Alcune questioni di integrazione nei nodi

    Come si è già avuto modo di osservare, i vincoli di capacità che affliggono le condizioni d'esercizio sulla rete attuale non sono distribuiti uniformemente sulle linee indicate, bensì risultano concentrati in un insieme limitato di punti critici, di norma in corrispondenza dei principali nodi. Tali vincoli di capacità derivano soprattutto dalla difficile coesistenza dei servizi passeggeri locali con il traffico a lunga percorrenza (merci e passeggeri).

    I servizi locali - in assenza di cadenzamento - tendono ad interessare le linee maggiormente nelle ore di punta; ed anche in presenza di cadenzamento tendono a non impiegare tracce notturne. I servizi merci, invece, si sviluppano spesso in queste ore; essi presentano dunque elementi di complementarietà con i treni passeggeri a lunga percorrenza, che di notte non circolano o, se circolano, possono viaggiare a velocità ridotte. Giungendo nei nodi la mattina e ripartendo da essi nelle ultime ore del pomeriggio, essi tendono invece a confliggere con i servizi locali. Non è difficile prevedere il ripresentarsi in tempi relativamente brevi di problemi di capacità sulle linee storiche, nella vicinanza dei principali nodi urbani: proprio come accade oggi, con la differenza che esisterà una linea veloce di scarso e difficile impiego, a causa dell'eccessivo intervallo di velocità fra i servizi merci e quelli passeggeri a lunga percorrenza. Ma anche ipotizzando che i traffici merci possano impegnare, in questi frangenti ed almeno nelle immediate vicinanze del nodo, la linea veloce, questo farà sì comunque che essi vengano istradati su linee radiali: a Milano, per esempio, significherebbe mantenere il traffico merci sulla congestionata cintura ferroviaria, invece che dirottarlo su linee tangenziali. Nelle città emiliane succederà anche di peggio: i convogli merci interesseranno la linea che penetra nell'area urbana, mentre saranno i servizi passeggeri a by-passarla dall'esterno, senza fermarsi


    4.4. Questioni di pendenze e di sagome

    Si tratta, forse, dell'insieme di problematiche più noto e dibattuto, cruciale ai fini di un'universalità di funzioni ripetutamente enunciata, ma difficilmente rintracciabile nelle scelte progettuali. Come si sa, il carattere universale di una linea si gioca essenzialmente sui vincoli di pendenza (e di sagoma ferroviaria). La direttrice Roma-Firenze è stata realizzata con caratteristiche fondamentalmente «aperte» - anche se inadatte al combinato accompagnato (pendenza massima dell'8 per mille, sezione delle gallerie di 60 m², interasse tra i binari di 4 m; frequenti interconnessioni con la rete storica). Le nuove linee pongono, a questo proposito, alcuni problemi di coerenza: esse presentano infatti, accanto a caratteristiche progettuali di tipo «universale» (sezioni di 76 m²), caratteristiche di tipo dedicate - ed in particolare una pendenza massima pari al 18 per mille sulla Bologna-Firenze ed al 21 per mille sulla Roma-Napoli.

    In effetti, il limite di pendenza per le linee ferroviarie è stato fissato dall'accordo sulle grandi reti ferroviarie di Ginevra (ratificato con L.137/89) nel 35 per mille su linee dedicate al solo traffico passeggeri, e nel 12,5 per mille su linee dedicate anche al traffico merci; le Neuebauenstrecken tedesche, universali, hanno pendenze massime del 12 per mille. La scelta di adottare standard progettuali non conformi alle indicazioni internazionali appare rappresentativo dell'effettivo profilo dedicato della dorsale Milano-Roma-Napoli.


    4.5. Questioni di manutenzione delle linee e di materiale rotabile

    Un ulteriore problema deriva dal fatto che il modello d'esercizio prevede che i treni merci viaggino anche (o solo di notte), quando dovrebbe effettuarsi anche la manutenzione ordinaria delle linee. Al riguardo, è stato presentato un piano che prevede la presenza di stazioni manutentive ogni 48 km e l'intervento su di un binario alla volta, disattivandone le tratte per 4-5 ore consecutive. Questo schema, considerata anche l'ipotizzata presenza dei treni passeggeri notturni a lunga percorrenza, interferisce pesantemente con l'offerta di trasporto promessa.

    Ancor più rilevante è il fatto che l'utilizzo di una stessa linea tanto per treni passeggeri a 300 km/h che per treni merci a 120-140 km/h pone tutta una serie di problemi tecnici, che paiono essere stati ampiamente sottovalutati - se non ignorati - da parte della TAV e delle FS.

    Tali problemi riguardano per esempio l'usura della linea indotta dal traffico merci. L'affermazione secondo cui questa non sarebbe sostanzialmente diversa da quella provocata dal traffico passeggeri si basa sull'osservazione secondo cui il maggior peso delle merci risulterebbe compensato dalla loro minore velocità. Ciò tuttavia dà in qualche modo per scontato che i carri per il trasporto siano in un certo senso simili alle carrozze passeggeri, nel senso che il carico dev'essere sospeso, ovvero che il materiale rotabile impiegato dal traffico merci debba essere dotato di carrelli ed ammortizzatori, essi stessi assoggettati ad una assidua ed attenta manutenzione.

    Per accedere alle linee AV, dunque, le merci non potranno viaggiare su uno qualunque dei carri attualmente in esercizio [nota 63]. Dalla documentazione e da esplicite dichiarazioni, risulta che né la TAV, né le FS intendono fornire i carri necessari, in quanto ciò comporterebbe un investimento non quantificato, ma forse dell'ordine delle migliaia di miliardi di lire. Le FS metterebbero a disposizione, oltre alla linea, soltanto le motrici speciali necessarie. In sintesi, ciò significa che i potenziali utenti dovrebbero dotarsi in proprio dei carri necessari, accollandosi l'onere del relativo investimento.

    Si pongono a questo punto due problemi importanti. In primo luogo, chi verifica le condizioni di accesso dei carri alla linea (nel corso delle riunioni, nulla è stato detto sulle modalità di controllo dell'idoneità del materiale rotabile, controllo che presumibilmente dovrà avvenire periodicamente e prevedere un'apposita certificazione). In secondo luogo, chi paga il materiale rotabile stesso, o meglio, a quale voce dell'analisi finanziaria relativa agli investimenti nel sistema AV devono essere imputati i costi di acquisizione dei carri.

    Si può osservare, infine, che - anche in uno scenario di completa applicazione della direttiva 440/91 - ben difficilmente un operatore privato si accollerebbe i costi del materiale rotabile e le tariffe della linea AV, presumibilmente più elevate di quelle della linea storica. Gli scriventi non sono in grado di immaginare, né TAV né Italferr sis.TAV sono state in grado di indicare quali utenti sarebbero disposti a pagare tariffe più elevate ed a dotarsi dei carri speciali necessari per trasportare quali merci sulla linea AV piuttosto che sulle linee tradizionali oppure (qualora queste ultime risultassero sature od interdette) sulla strada.


    4.6. Osservazioni conclusive

    In conclusione, il progetto TAV e le sue incongruità sembrano profilare - con riferimento al trasporto merci - alcuni rischi non trascurabili, specie sul versante del rapporto costi/opportunità. In altri termini, la realizzazione del sistema di nuove linee, così come configurato dai progetti attuali, non sembra poter apportare un sostegno strutturale ai traffici merci, ma soltanto alcuni aggiustamenti parziali; in questo senso, esso rappresenterebbe un'occasione perduta sulla via dell'ammodernamento e del potenziamento del trasporto ferroviario delle merci nel nostro paese.

    In primo luogo, come si è visto, numerosi elementi tendono a far temere che nella maggior parte dei casi quasi tutto il traffico merci continuerà a viaggiare sulle linee storiche, confliggendo talvolta pesantemente con l'offerta passeggeri locale, mentre la capacità delle nuove, parallele infrastrutture tenderà ad essere inutilizzata. Come si è visto, sulla Milano-Roma-Napoli, ed in particolare sulla Milano-Bologna (una delle linee che evidenziano il maggiore fabbisogno in termini di capacità aggiuntiva e nel contempo di potenziamento dei servizi passeggeri a media e breve percorrenza) verrà a determinarsi una situazione paradossale per cui le merci continueranno a passare dentro alle città, mentre gli intercity passeranno all'esterno.

    Ma il fatto che le merci continueranno a viaggiare sulle linee storiche significa anche che esse continueranno ad essere soggette ai vincoli tecnologici - in particolare ai vincoli di sagoma - che caratterizzano l'attuale esercizio. Il rischio è, in questo caso, di continuare ad avere un paese «tagliato in due», non più tanto a causa della saturazione delle linee, quanto invece per il mancato ammodernamento della rete effettivamente impiegata. Poiché infatti gli ammodernamenti di sagoma sono in via di attuazione sulle principali linee internazionali di valico, le regioni della Pianura Padano-veneta avranno la possibilità di sfruttare appieno i vantaggi dell'intermodale, rafforzando i loro collegamenti con il resto d'Europa. Le regioni del Centro-sud, invece, tagliate fuori da queste potenzialità, dovranno accontentarsi di un mercato povero e di secondaria importanza. In uno scenario di questo genere, il trasporto merci resterebbe (in linea con il passato) una questione prevalentemente di traffici internazionali, ed i recuperi fino ad oggi ottenuti su quelli nazionali troverebbero comunque alcuni freni nel loro sviluppo.


    5. Una revisione possibile


    5.1. Riportare al centro gli obiettivi di sostegno al traffico merci

    Alla luce delle perplessità finora emerse, è a nostro parere possibile affermare che, per rappresentare appieno una reale occasione di rilancio del trasporto merci su ferro, il progetto TAV dovrebbe quanto meno essere sottoposto ad una profonda revisione, ovvero a modifiche ed integrazioni volte a garantire il suo corretto inserimento nella rete e nei traffici attuali.

    La definizione dei criteri di revisione richiederebbe di per sé un quadro di riferimento che consentisse di comparare i costi ed i benefici dell'investimento nel sistema AV con altre possibili strategie di offerta. In assenza di un quadro di obiettivi stabile e condiviso, è comunque possibile sviluppare alcune indicazioni di massima, volte se non altro ad orientare il dibattito.

    A questo proposito, osserviamo fin da subito che:

    E' importante, inoltre, che gli interventi in programma non siano generalizzati senza motivo apparente ad intere tratte, ma risultino invece mirati, a partire dai punti oggi maggiormente critici.


    5.2. Riequilibrio dei traffici

    Il traffico merci ferroviario italiano è tradizionalmente caratterizzato da coefficienti di carico non particolarmente elevati, a causa soprattutto dello squilibrio dei traffici, dovuto in parte a ragioni strutturali (squilibri economici nazionali; struttura delle importazioni e delle esportazioni), ma in parte a ragioni legate all'offerta. In una situazione di questo genere, non tutti gli incrementi di traffico si traducono in un aumento dell'offerta e, dunque, in un fabbisogno di capacità aggiuntiva. Sarà forse banale, ma è ciò che sta avvenendo su molte delle relazioni OD più dinamiche: i traffici con la Liguria, per esempio, stanno vivendo una fase di intensa crescita; ma tale crescita riguarda assai più gli invii ai porti (tradizionalmente marginali) che non il recapito delle merci sbarcate, e dunque implica soltanto in parte un incremento quantitativo dei servizi.

    Lo squilibrio dei traffici, naturalmente, è talvolta dovuto a ragioni strutturali. Il Sud del paese si caratterizza, ad esempio, per uno squilibrio tra consumi e produzione che grava sull'intero sistema nazionale dei trasporti. Tuttavia, se è vero che il mercato del trasporto merci ferroviario appare allo stato attuale sostanzialmente trainato dall'offerta, è forse possibile anche in questi casi pensare a forme di riequilibrio dei traffici.


    5.3. Interventi marginali sull'offerta

    Al di là delle questioni relative al riequilibrio dei traffici, ci sembra opportuno ricordare che allo stato attuale margini di incremento dell'offerta sono consentiti, anche sulle tratte sature, da interventi quali:

    I recuperi ottenibili sono, naturalmente marginali (ma non troppo: utilizzando le unità di trazione in modo più idoneo sembra si possa arrivare anche al 20% di capacità in più). I richiami fatti valgono ad evidenziare l'esistenza di opzioni presumibilmente vantaggiose sul versante dei costi-benefici, e soprattutto a ribadire l'importanza dei criteri gestionali ed operativi, al di là delle «distorsioni infrastrutturali» del dibattito.


    5.4. Interventi tecnologici sulle linee esistenti

    E' importante poi ricordare che esistono rilevanti opzioni tecnologiche, capaci di produrre forti aumenti di capacità delle linee attuali, senza bisogno di realizzarne di nuove. In generale, sembra assodato che l'impiego di innovazioni sul segnalamento, sulla composizione dei treni, sulle unità di trazione possano condurre ad incrementi di capacità che si avvicinano al 100%.

    Più in particolare, occorre considerare il fatto che il parco locomotori FS tradisce un'origine passeggeri che premia più la velocità che il peso trainato. Disporre di unità di trazione più idonee consentirebbe di trainare treni più pesanti, e dunque di far passare più merci sulla linea, specialmente nei casi caratterizzati da andamenti altimetrici impegnativi (ed è il caso di alcune linee importanti per il traffico merci, come la Verona-Brennero o la Parma-La Spezia).


    5.5. Interventi di diffusione del traffico

    Le linee di desiderio e gli standard di velocità richiesti dai servizi merci sono alquanto differenti da quelli che caratterizzano il trasporto passeggeri, specie nelle vicinanze dei grandi nodi urbani. La realizzazione delle linee AV, come si è visto, comporta forse il rischio di un'ulteriore, e per certi versi impropria, concentrazione del traffico merci sui principali nodi urbani del paese. Tale concentrazione finirebbe per sottrarre preziosa capacità ai servizi locali, senza risultare strettamente necessaria ad un'offerta collegata alle esigenze di un apparato industriale sempre più diffuso sul territorio.

    Dunque: «... l'offerta - sia nazionale che internazionale - appare fortemente concentrata su pochissime relazioni e su pochissimi nodi, spesso già critici. La "diffusione" dell'offerta su maggiori risorse fisse dovrebbe essere perseguita attivamente, cercando di usare istradamenti alternativi e di sviluppare nuove relazioni di traffico, nonché una maggior penetrazione sul territorio dei treni internazionali ...» [nota 64].

    Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso un diverso e più intenso impiego della rete complementare. Per fare soltanto un esempio, l'istradamento di tutti i traffici fra la Liguria e la Lombardia sulle linee Genova-Milano e La Spezia-Parma-Milano conduce ad un maggiore impegno della cintura ferroviaria milanese. Riserve di capacità sono attualmente presenti su numerose linee secondarie, ed in particolare sulla Alessandria-Novara, che presenta (fra l'altro) i vantaggi di una maggiore prossimità alle zone di destinazione dei traffici e di una migliore integrazione con il sistema dei valichi alpini. Non è detto dunque che le «vie delle merci» debbano sempre coincidere con le direttrici giudicate strategiche in rapporto ai traffici passeggeri su lunga distanza.

    Un migliore equilibrio dei traffici sulla rete potrebbe inoltre avere effetti benefici anche sul problema del mantenimento delle linee a scarso traffico passeggeri.

    Proseguendo su questa linea, ci si dovrebbe chiedere se l'attuale configurazione dei traffici Nord-Sud, ripartiti tra la dorsale centrale e le due direttrici adriatica e tirrenica, non presenti in fin dei conti qualche vantaggio sul versante, per esempio, dell'integrazione con i sistemi portuali. La direttrice tirrenica, ad esempio, permette di servire non soltanto l'area di Livrono e La Spezia, ma anche Roma, Napoli ed altre regioni meridionali, aggirando in pratica la sola area fiorentina. Certo, il rilancio dei traffici su tale itinerario richiede quanto meno la completa attuazione degli interventi programmati sulla linea Pontremolese. Ma non sarebbe fuori luogo tentare una valutazione comparata fra una configurazione di traffici concentrata sul valico Bologna-Firenze ed una configurazione fondata invece su una specializzazione, almeno tendenziale, dei diversi valichi appenninici (in modo non dissimile da quanto previsto dagli svizzeri per le direttrici del San Gottardo e del Sempione/Lötschberg).


    5.6. Interventi mirati sulla capacità delle linee

    Affrontare la questione dei traffici ferroviari in termini di punti critici e di configurazioni alternative dei traffici significa in genere porsi l'obiettivo della risoluzione di singoli problemi sulla rete. Si tratterà, per esempio, di adeguare l'armamento o forse di procedere al raddoppio di linee secondarie, e non solo (si ricorda che ancor oggi non tutta la rete fondamentale è a doppio binario). Si tratterà di procedere ad un riordino amministrativo nella gestione delle linee in concessione (come nel caso della «gronda nord» milanese, che unisce Novara a Seregno a Brescia impegnando in parte binari delle Ferrovie Nord Milano). Si tratterà anche di procedere a quadruplicamenti mirati sulle tratte maggiormente critiche, ovvero, di norma, presso i principali nodi urbani anche di medie dimensioni (esempio: la Brescia-Rovato) oltre ché su singole tratte dove si verifica una sovrapposizione di traffici (esempio: la Tortona-Voghera).

    A questo proposito, è opportuno osservare che:

    1. la configurazione spaziale, fondamentalmente discontinua, dei punti maggiormente critici, rende a prima vista preferibile l'intervento locale (magari con prospettive di proseguimento) al rinnovo generalizzato di intere tratte (magari non critiche, come sta avvenendo sulla Roma-Napoli). Un oculato intervento sui punti critici (naturalmente ispirato ad una chiara visione strategica) rende fin da subito pienamente utilizzabili gli incrementi di capacità, massimizzando per così dire la redditività «a breve» degli investimenti.
    2. le caratteristiche progettuali degli interventi di adeguamento dovrebbero in ogni caso essere tali da rendere possibile un pieno impiego dei guadagni di capacità e di sagoma, in un'ottica di integrazione con la rete ferroviaria esistente.

    Anche se molti apporti possono venire dalle misure descritte finora, è fuor di dubbio che alcune tratte della rete (ma non tutte quelle incluse nel sistema AV) richiedano interventi strutturali, che possono giungere forse fino al totale quadruplicamento. E' necessario tuttavia che i quadruplicamenti vengano effettuati con l'obiettivo di assicurare la massima integrazione alla rete esistente, ovvero la massima flessibilità di esercizio per le diverse componenti del traffico.